La Divina Commedia

Quivi morì; e come tu mi vedi, vid io cascar li tre ad uno ad uno 72 tra l quinto dì e l sesto; ond io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. 75 Poscia, più che l dolor, poté l digiuno . Quand ebbe detto ciò, con li occhi torti riprese l teschio misero co denti, 78 che furo a l osso, come d un can, forti. Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove l sì suona, 81 poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, 84 sì ch elli annieghi in te ogne persona! Che se l conte Ugolino aveva voce d aver tradita te de le castella, 87 non dovei tu i figliuoi porre a tal croce. Innocenti facea l età novella, novella Tebe, Uguiccione e l Brigata 90 e li altri due che l canto suso appella. Noi passammo oltre, là ve la gelata ruvidamente un altra gente fascia, 93 non volta in giù, ma tutta riversata. Lo pianto stesso lì pianger non lascia, e l duol che truova in su li occhi rintoppo, 96 si volge in entro a far crescer l ambascia; ché le lagrime prime fanno groppo, e sì come visiere di cristallo, 99 riempion sotto l ciglio tutto il coppo. 70-71. e come tu mi vedi: l accaduto, inau- dito e inumano è ancora lì dinanzi agli occhi in tutta la sua concretezza, mentre la morte torna con l immagine dei corpi che piombano giù ad uno ad uno. 75. Poscia ... digiuno: questo verso lapidario con cui si chiude il lungo monologo-confessione del conte Ugolino, nella sua reticenza è di difficile interpretazione: il digiuno, che durava ormai da otto giorni, fu più forte del dolore, per cui mi cibai delle carni dei miei figli; oppure: su un così grande dolore ebbe il sopravvento e mi uccise il digiuno. 79. vituperio: vergogna 80. dove l sì suona: le lingue francese e italiana vengono definite da Dante nel De vulgari eloquentia («L eloquenza in volgare I, VIII, 6) come lingua d oc (dalla locuzione affermativa latina hoc est), d o l (hoc est illud da cui deriva oui), e del sì (sic est) dalle particelle usate per affermare. 81-84 i vicini: specialmente Fiorentini e Lucchesi, il cui odio verso Pisa è ora, per 70-75 Lì morì; e come tu ora vedi me, io vidi cadere i tre uno dopo l altro, tra il quinto e il sesto giorno; quindi cominciai, ormai cieco, a brancolare sopra ognuno, e per due giorni continuai a chiamarli, dopo che erano morti. Poi, ebbe più potere il digiuno che il dolore . 76-78 Quando ebbe detto ciò, con gli occhi storti riprese a rodere il teschio già martoriato con i denti che furono per l osso forti come quelli di un cane. (vv. 79-90) Invettiva di Dante contro Pisa 79-84 Ahimè, Pisa, vergogna delle genti di quel bel paese dove risuona la lingua del sì (l Italia); dal momento che le città vicine (le guelfe Firenze e Lucca) indugiano a punirti, si muovano le isole di Capraia e Gorgona e facciano uno sbarramento alla foce dell Arno, così che il fiume sommerga sotto le sue acque ogni abitante! 85-90 Perché se il conte Ugolino aveva fama di averti tradito cedendo al nemico alcuni tuoi castelli, tu non dovevi sottoporre al supplizio anche i suoi figli. La giovane età rendeva innocenti Uguccione, il Brigata e gli altri due che sono stati nominati precedentemente, o nuova Tebe. (vv. 91-150) Colloquio con frate Alberigo 91-99 Noi passammo oltre, là dove l acqua gelata del Cocìto avvolge crudelmente altri dannati, non con la testa volta in basso, ma tutta rovesciata all indietro. In questa zona il pianto stesso, congelandosi, impedisce di piangere, e le lacrime, che trovano un ostacolo sugli occhi, si riversano verso l interno ad accrescere la sofferenza, perché le prime lacrime formano una barriera e, simili a visiere di cristallo, riempiono sotto le palpebre tutta la cavità dell occhio. Dante, un possibile strumento della divina punizione. la Capraia e la Gorgona sono due isolette del Tirreno non lontane dalla foce dell Arno. 85. voce: fama, con l anteporre il se Dante non si mostra convinto che Ugolino volesse davvero tradire. 88. Innocenti ... novella: l età dei figli e nipoti di Ugolino non era così novella, perché Anselmuccio aveva quindici anni, mentre gli altri erano adulti (il Brigata, soprannome attribuito a Nino, nipote del conte Ugolino, era stato designato dai ghibellini per essere associato al nonno al governo della città). Dante li rappresenta poeticamente, al di là del dato storico, nel fiore della giovinezza e dell innocenza ( Personaggi). 89. novella Tebe: secondo la leggenda, Pisa era stata fondata da Pelope, figlio di Tantalo, re di Tebe. Tebe tra le città antiche è quella che viene più spesso richiamata nella letteratura come esempio di corruzione, crudeltà e lotte fratricide. Per esempio, il tragediografo greco Sofocle (V sec. a.C.) in una famosa trilogia racconta la lotta fratricida che si svolse a Tebe per il potere: i due figli maschi di Edipo e Giocasta, Eteocle e Polinice, si uccidono reciprocamente. Il re di Tebe Creonte (cognato di Edipo e zio dei due giovani morti) decreta la sepoltura del solo Eteocle, difensore della città; Polinice, considerato traditore, dovrà giacere insepolto. Antigone si ribella all ordine del re e seppellisce anche l altro fratello. Creonte per punizione la fa seppellire viva a sua volta in una caverna. 91-99. Noi passammo coppo: il passaggio dalla seconda alla terza zona del nono cerchio è indicato dalla diversa posizione dei dannati nella distesa gelata del Cocìto, che si estende senza interruzione per tutto il fondo dell Inferno. La posizione supina dei dannati della Tolomea segnala un aggravamento della pena rispetto all Antenora: la nuca imprigionata nel gelo e le lacrime congelate sotto le sopracciglia creano come una visiera di cristallo, che accresce insopportabilmente il dolore. Inferno Ugolino 275

La Divina Commedia
La Divina Commedia
Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato