La Divina Commedia

222 Canto XXV 46-48 Se tu ora, lettore, sei restio a credere ciò che ti dirò, non ci sarà motivo di meraviglia, giacché io stesso, che lo vidi, stento a crederlo. 49-57 Mentre tenevo ben aperti verso di loro gli occhi, ecco un serpente con sei piedi si lancia davanti a uno di loro gli si aggrappa tutto. Con i piedi di mezzo gli avvinse la pancia e con quelli anteriori afferrò le braccia; poi gli addentò l una e l altra guancia; allungò i piedi posteriori (deretani) sulle cosce, e gli mise la coda tra di esse e la distese dietro sulla schiena. 58-60 Mai ci fu edera (Ellera) abbarbicata così a un albero, come l orribile fiera avviticchiò le sue membra a quelle altrui. 61-66 Poi si incollarono l uno all altro (s appiccar), come fossero stati di cera, e mescolarono il loro colore, né l uno né l altro sembravano più quello che erano prima: come, quando si dà fuoco a una carta bianca (papiro), davanti alla fiamma (innanzi da l ardore) avanza verso l alto un colore bruno che non è ancora nero e non era più bianco. 67-69 Gli altri due lo osservavano, e ciascuno gridava: «Ahimè, Agnolo, come ti trasformi! Vedi che non sei ancora due né più uno . 70-72 Già le teste erano diventate una sola, quando apparvero due figure fuse in un solo volto, nel quale erano perduti due dannati. 73-78 Le braccia (liste) divennero due sole, da quattro che erano; le cosce con le gambe e il ventre e il tronco (casso) divennero membra che non furono mai viste prima. Ogni aspetto primitivo (primaio) era cancellato (casso): l immagine trasformata (perversa) pareva due e nessuno; e così se ne andò (sen gio) con passo lento. (vv. 79-151) Altre trasformazioni 79-87 Come il ramarro sotto la grande sferza dei giorni canicolari, cambiando siepe, sembra una folgore se attraversa la via, così pareva, venendo verso la pancia (l epe) degli altri due, un serpentello infiammato, scuro e nero come un grano di pepe; e quella parte attraverso la quale prendiamo il nostro primo nutrimento (l ombelico), trafisse a uno di loro; poi cadde giù davanti a lui disteso. 88-90 Il trafitto lo guardò, ma non disse nulla; anzi, coi piedi fermi, sbadigliava proprio come se l assalisse il sonno o la febbre. 91-93 Egli guardava il serpente e quello lui; emettevano molto fumo, uno dalla piaga, l altro dalla bocca, e il fumo si mescolava. 94-102 Taccia Lucano ormai dove tratta del misero Sabello e di Nasidio, e stia attento (attenda) ad ascoltare quanto ora scocca dal mio arco. Taccia Ovidio di Cadmo e di Aretusa, perché se quello in serpente e quella in fonte trasforma nella sua poesia, io non lo invidio; poiché egli non trasformò Se tu se or, lettore, a creder lento ciò ch io dirò, non sarà maraviglia, 48 ché io che l vidi, a pena il mi consento. Com io tenea levate in lor le ciglia, e un serpente con sei piè si lancia 51 dinanzi a l uno, e tutto a lui s appiglia. Co piè di mezzo li avvinse la pancia e con li anter or le braccia prese; 54 poi li addentò e l una e l altra guancia; li diretani a le cosce distese, e miseli la coda tra mbedue 57 e dietro per le ren sù la ritese. Ellera abbarbicata mai non fue ad alber sì, come l orribil fiera 60 per l altrui membra avviticchiò le sue. Poi s appiccar, come di calda cera fossero stati, e mischiar lor colore, 63 né l un né l altro già parea quel ch era: come procede innanzi da l ardore, per lo papiro suso, un color bruno 66 che non è nero ancora e l bianco more. Li altri due l riguardavano, e ciascuno gridava: «Omè, Agnel, come ti muti! 69 Vedi che già non se né due né uno . Già eran li due capi un divenuti, quando n apparver due figure miste 72 in una faccia, ov eran due perduti. Fersi le braccia due di quattro liste; le cosce con le gambe e l ventre e l casso 75 divenner membra che non fuor mai viste. Ogne primaio aspetto ivi era casso: due e nessun l imagine perversa 78 parea; e tal sen gio con lento passo. Come l ramarro sotto la gran fersa dei dì canicular, cangiando sepe, 81 folgore par se la via attraversa, sì pareva, venendo verso l epe de li altri due, un serpentello acceso, 84 livido e nero come gran di pepe; e quella parte onde prima è preso nostro alimento, a l un di lor trafisse; 87 poi cadde giuso innanzi lui disteso. Lo trafitto l mirò, ma nulla disse; anzi, co piè fermati, sbadigliava 90 pur come sonno o febbre l assalisse. Elli l serpente e quei lui riguardava; l un per la piaga e l altro per la bocca 93 fummavan forte, e l fummo si scontrava. Taccia Lucano ormai là dov e tocca del misero Sabello e di Nasidio, 96 e attenda a udir quel ch or si scocca. Taccia di Cadmo e d Aretusa Ovidio, ché se quello in serpente e quella in fonte

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato