La Divina Commedia

L empio gesto di Vanni Fucci collega i due canti dedicati ai ladri, il XXIV e il XXV. In primo piano in questo canto è il tema delle trasformazioni continue che subiscono i ladri, e nell affrontarlo Dante si pone consapevolmente nel solco della tradizione classica di Ovidio e Lucano, da lui espressamente citati e ai quali rivolge un tributo, pur sottolineando compiaciuto la propria maestria. Al fine de le sue parole il ladro le mani alzò con amendue le fiche, 3 gridando: «Togli, Dio, ch a te le squadro! . Da indi in qua mi fuor le serpi amiche, perch una li s avvolse allora al collo, 6 come dicesse Non vo che più diche ; e un altra a le braccia, e rilegollo, ribadendo sé stessa sì dinanzi, 9 che non potea con esse dare un crollo. Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d incenerarti sì che più non duri, 12 poi che n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt i cerchi de lo nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, 15 non quel che cadde a Tebe giù da muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia 18 venir chiamando: «Ov è, ov è l acerbo? . Maremma non cred io che tante n abbia, quante bisce elli avea su per la groppa 21 infin ove comincia nostra labbia. Sovra le spalle, dietro da la coppa, con l ali aperte li giacea un draco; 24 e quello affuoca qualunque s intoppa. Lo mio maestro disse: «Questi è Caco, che, sotto l sasso di monte Aventino, 27 di sangue fece spesse volte laco. Non va co suoi fratei per un cammino, per lo furto che frodolente fece 30 del grande armento ch elli ebbe a vicino; onde cessar le sue opere biece sotto la mazza d Ercule, che forse 33 gliene diè cento, e non sentì le diece . Mentre che sì parlava, ed el trascorse, e tre spiriti venner sotto noi, 36 de quai né io né l duca mio s accorse, se non quando gridar: «Chi siete voi? ; per che nostra novella si ristette, 39 e intendemmo pur ad essi poi. Io non li conoscea; ma ei seguette, come suol seguitar per alcun caso, 42 che l un nomar un altro convenette, dicendo: «Cianfa dove fia rimaso? ; per ch io, acciò che l duca stesse attento, 45 mi puosi l dito su dal mento al naso. Alla base dell invenzione poetica di Dante sta la concezione della bestialità come degradazione della dignità umana a causa del peccato. I dannati che si tramutarono in serpenti in questo canto sono citati quasi di sfuggita, con il solo nome: Cianfa, Agnel, Buoso, e risultano privati della loro fisionomia storica, in quanto ormai ridotti alla natura bestiale e spogliati della dignità umana. (vv. 1-33) L invettiva contro Pistoia e il centauro Caco 1-3 Alla fine del suo discorso il ladro alzò entrambe le mani nel gesto osceno delle doppie fiche, gridando: «Prendi, Dio, che a te le rivolgo (squadro)! . 4-9 Da quel momento in poi le serpi mi divennero amiche, perché una gli si avvolse allora al collo, come se dicesse Non voglio che tu dica di più ; e un altra alle braccia, e lo legò con più giri (rilegollo), annodandosi poi così strettamente davanti, che non poteva più fare il minimo movimento (dare un crollo). 10-18 Ahi Pistoia, Pistoia, perché non decidi (stanzi) di incenerirti in modo da non durare più oltre, poiché superi (avanzi) nel mal fare i tuoi fondatori (il seme tuo)? Per tutti i bui cerchi dell Inferno non vidi anima altrettanto superba contro Dio, neppure quello che precipitò giù dalle mura di Tebe (Capaneo). Egli fuggì in modo che non disse più nulla; e io vidi un centauro furente che arrivava gridando: «Dov è, dov è il ribelle (acerbo)? . 19-24 Non credo che Maremma abbia tante bisce quante ne aveva costui sulla groppa fin dove s innesta l aspetto (labbia) umano. Sopra le spalle, dietro la nuca, con le ali aperte, stava un drago; e quello lancia fuoco (affuoca) contro chiunque si imbatta (s intoppa) in esso. 25-27 Il mio maestro disse: «Costui è Caco, che, sotto la roccia dell Aventino, spesse volte fece un lago di sangue. 28-33 Non va per la stessa strada dei suoi fratelli, a causa del furto che con l inganno (frodolente) compì del grande armento che ebbe come vicino nella sua grotta; quindi le sue azioni perverse (biece) cessarono sotto la clava di Ercole, che forse gli inferse cento mazzate, ma lui non arrivò a sentirne dieci . (vv. 34-78) Agnolo Brunelleschi e Cianfa Donati 34-39 Mentre così parlava, era già passato oltre, ed ecco che tre spiriti vennero sotto di noi, dei quali non si accorse la mia guida, né io, se non quando gridarono: «Chi siete voi? ; per cui la nostra conversazione (novella) si interruppe, e da quel momento rivolgemmo la nostra attenzione solo (pur) a loro. 40-45 Io non li conoscevo; ma successe (ei seguette), come suole succedere per qualche caso, che l uno dovette nominare un altro, dicendo: «Cianfa dove sarà rimasto? ; per cui io, affinché la mia guida stesse attenta, mi posi il dito dal mento al naso (facendogli segno di tacere). Inferno I ladri e le mostruose metamorfosi 221

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato