Dante maestro di retorica – Le profezie dell’esilio

218 Canto XXIV Dante maestro di retorica Le profezie dell esilio ascoltate nell Inferno In letteratura la profezia è una preveggenza di cui si fa portavoce il personaggio di un opera. Profezie sono presenti già nell antichità (Somnium Scipionis di Cicerone) e nel Medioevo (Commedia). Nel caso dell opera ciceroniana e del poema dantesco si tratta di profezie post eventum: l anticipazione della morte di Scipione l Emiliano e dell esilio di Dante, presentati come futuri rispetto all ambientazione delle opere, sono, di fatto, già avvenute all epoca in cui l autore scrive il testo. Secondo il critico letterario Natalino Sapegno, i primi sette canti sarebbero stati scritti a Firenze, quando Dante era già stato colpito dal bando, per cui se la profezia di Ciacco non turba particolarmente il nostro autore, diversamente fa quella di Farinata. Di per sé, come vedremo, le due profezie non sono troppo diverse tra loro, ma la seconda viene vissuta con maggior ansietà dal Dante-viator perché il Dante-auctor, quando scrive il canto X, riconosce la sempre minore probabilità di tornare a Firenze. Negli incontri con Ciacco, Farinata e Brunetto Latini, Dante parla della città toscana: il tono di questi dialoghi è molto duro, evidenziato anche dall uso delle invettive contro Firenze. Ciacco (Inf. VI) Il fiorentino Ciacco ha parlato dei mali che affliggono la città, ne ha individuato le cause nella superbia, nell invidia e nell avidità, e ha profetizzato uno scontro politico tra le fazioni dei Bianchi e dei Neri che si concluderà con la sconfitta dei Bianchi e con l attuazione di pesanti sanzioni nei loro confronti. L allusione al destino di Dante non è esplicita: nella realtà storica, nel maggio del 1300 (un mese dopo l incontro con Ciacco) esploderà il contrasto con i Neri; tra giugno e agosto il poeta sarà Priore di Giustizia; nell ottobre del 1301 si recherà a Roma per cercare una mediazione con Bonifacio VIII ed evitare l intervento di Carlo di Valois (che avverrà nel novembre dello stesso anno). Farinata (Inf. X) La seconda profezia dell esilio viene rivelata nel canto X, il canto degli eretici e degli epicurei. A pronunciarla un concittadino di Dante, Farinata degli Uberti, grande capo ghibellino e perciò schierato nella fazione nemica a quella di Dante. Tra i due nasce un confronto sulla storia di Firenze; dopo la vittoria di Montaperti Farinata fu l unico a opporsi alla distruzione di Firenze decretata dai ghibellini. La profezia di Farinata degli Uberti va oltre il 1301, accenna ai tentativi di rientro dei Bianchi a Firenze, alla battaglia della Lastra del 20 luglio 1304 e, implicitamente, al destino di Dante. Il poeta, dopo quell episodio che prevedeva nuovo spargimento di sangue, si separerà definitivamente dai Bianchi, deciderà di lasciare la Toscana per recarsi in esilio presso gli Scaligeri di Verona. Brunetto (Inf. XV) Brunetto Latini, maestro di retorica di Dante, annunzia al discepolo un futuro di ostilità, lo esorta a reagire con forza alla cattiva sorte e alle ingiustizie che subirà per l invidia dei suoi concittadini. Lo sollecita anche a guardarsi dai loro costumi corrotti; a preservare la sua dirittura morale e civile: egli è l unico frutto commestibile e dolce tra tanti frutti amari. L allontanamento dalla propria città permetterà infatti al poeta di ricevere la gloria letteraria, dimostrando il primato della letteratura sulla politica: l opera letteraria può affidare una positiva eredità perpetua al poeta, portandolo alla gloria e alla fama che prolunga la vita dell uomo sulla Terra, rendendolo immortale. Vanni Fucci (Inf. XXIV) Le predizioni nell Inferno terminano con le parole di Vanni che profetizza il cambio di classe politica a Firenze (tra la fine del 1301 e l inizio del 1302, la città da bianca diventa nera per l appoggio di Bonifacio VIII e Carlo di Valois; Fiorenza rinova gente e modi, v. 144) e la sconfitta di Pistoia con il definitivo esilio dei Bianchi fiorentini (avevano appoggiato i rivolgimenti politici nella città). Il «fulmine di guerra cui il dannato allude (ei repente spezzerà la nebbia, v. 149) è Moroello Malaspina, marchese della Lunigiana: capitano dei Lucchesi alleati con i Neri di Firenze, contro Pistoia, sconfisse i Bianchi prima nel 1302 (prese il castello di Serravalle, baluardo dei Bianchi fuoriusciti) e nel 1306 conquistò la stessa Pistoia; (vv. 147-151). probabile che Dante si riferisca solo al primo di questi eventi nel quale fu direttamente coinvolto (la vittoria dei Neri sul finire del 1301, già profetizzata da Ciacco).

La Divina Commedia
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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato