Altre pagine altri percorsi – La selva degli uomini-pianta.

142 Canto XIII Altre pagine altri percorsi La selva degli uomini-pianta Il tema della selva dall antichità al contemporaneo Dante e Virgilio giunti, nel secondo girone del settimo cerchio, si trovano nel luogo dove sono punite le anime dei suicidi e degli scialacquatori. Dà avvio al canto la descrizione di un bosco silvaticus che si contrappone ai boschi domestici (i luoghi còlti), per la presenza di folti sterpi e di sterpaglie a terra che impediscono il passaggio. Ciò che rende unica la selva del settimo cerchio dell Inferno è proprio la vegetazione: le piante descritte, infatti, sono i suicidi stessi, tragico esempio della prigionia di un anima in una forma inferiore, un ibrido che mescola l umano e il non umano. L uomo-pianta è ideato con caratteristiche delineate sia da Ovidio nelle sue Metamorfosi che da Virgilio nell Eneide: dal primo deriva il concetto di una persona trasformata in una pianta (il mito di Dafne); dal secondo deriva l episodio della privazione di un ramo e la successiva fuoriuscita della voce. Questi elementi sono stati ripresi da Dante e uniti per tramandare qualcosa di assolutamente nuovo: una pianta che sanguina e parla. La selva che imprigiona le voci umane ha affascinato i letterati e ha suggerito numerose riprese letterarie. Vedremo qui come il tema è stato proposto da Virgilio e poi, attraverso Dante, richiamato da due grandi poeti, Torquato Tasso nel Cinquecento ed Eugenio Montale nel Novecento. Gustave Dorè, Inferno canto XIII L episodio di Polidoro nell Eneide Nel libro III del capolavoro virgiliano, dopo essere fuggiti dalla madrepatria in fiamme, Enea e i Troiani approdano sulle coste della Tracia. Qui, desiderando sacrificare un toro a Venere, innalzano un altare e cercano del fogliame per ricoprirlo. Dal cespuglio strappato da Enea esce per tre volte del sangue. Il cespuglio chiede quindi a Enea: Quid me miserum Aenea laceras? che, tradotto in italiano, significa: «Perché laceri, o Enea, me misero? . Il cespuglio racconta di essere il figlio minore di Priamo, re di Troia, inviato dal padre con il tesoro della città presso lo zio Polimestore in Tracia, ma appena sbarcato sulle coste lo stesso zio per impossessarsi del tesoro lo fa uccidere: Polidoro muore trafitto da una pioggia di dardi che si mutano in rami sopra il suo cadavere insepolto. La ripresa di Dante Come riprende Dante l episodio di Polidoro? Dopo che Virgilio invita Dante a strappare un ramo in modo tale che i suoi dubbi siano tutti troncati, il Fiorentino coglie un ramo da un gran pruno, vede uscire del sangue e, nel contempo, sente una voce che domanda: Perché mi schiante? (v. 33). E poco dopo: Perché mi scerpi?/ non hai tu spirto di pietade alcuno? (vv. 35-36). La evidente allusione di Dante (vv. 33, 35) al testo virgiliano non solo è un omaggio al maestro, ma ci vuole introdurre in un atmosfera di misfatto, di oltraggio nei confronti dell ordine naturale e divino. Il lettore del canto dantesco, infatti, richiamando alla memoria l azione scellerata compiuta dallo zio Polimestore nei confronti di Polidoro, delitto che viola la pietas e i naturali rapporti di parentela, viene introdotto in un aura surreale, abitata in apparenza da fantasmi. Il bosco è un locus horridus, caratterizzato da una natura cupa, metamorfosi di chi ha compiuto un gesto contro natura e perciò è degradato a una forma di vita inferiore, quale quella arborea. Torquato Tasso e la Gerusalemme liberata Nella Gerusalemme liberata, Torquato Tasso (1544-1595) racconta la riconquista del Santo Sepolcro e della Città santa ad opera dei cristiani. Una sera il paladino cristiano Tancredi sorprende due saraceni mentre incendiano le torri di legno costruite per l assedio, li insegue e, alla fine, ne raggiunge uno. Inizia un strenuo combattimento che dura l intera notte. Quasi all alba Tancredi riesce a trafiggere l avversario e, prima che muoia, gli toglie l elmo scoprendo di aver ferito mortalmente l amata Clorinda, appartenente all esercito musulmano. Battezzata da Tancredi in punto di morte, la donna muore. Nei mesi successivi i soldati cristiani cercano invano di entrare nella selva stregata di Saron per tagliare il legno che serve a costruire di nuovo le torri per l assedio. Dopo mesi in cui è rimasto recluso nella propria tenda, abbattuto nell animo, Tancredi parte per affrontare la selva in cui diventano visibili ai soldati le paure più profonde. Arrivato a una radura, a forma di anfiteatro e al cui interno s innalza un cipresso (pianta simbolo della morte) il paladino estrae la spada, colpisce la corteccia dell albero e «allor, quasi di tomba, uscir ne sente/ un indistinto gemito dolente .

La Divina Commedia
La Divina Commedia
Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato