La Divina Commedia

106 Canto IX Ancora mostri nella città di Dite: ora sono mostri mitologi ci della tradizione greco-latina, come le Erinni e Medusa, che tentano invano di impedire il cammino al pellegrino anche se inizialmente sembra che abbiano la meglio. Troviamo in questo canto un appello al lettore, con il quale Dante-autore lo invita a non fermarsi al significato letterale delle sue parole, ma a intenderne l insegnamento allegorico-morale sottostante. In questa prospettiva le Erinni e Medu- (vv. 1-33) Virgilio rassicura Dante 1-9 Quel pallore (color) che la viltà mi aveva spinto fuori sul volto vedendo tornare indietro la mia guida subito fece sparire il suo, appena comparso (novo). Si fermò attento come uno che ascolti; poiché l occhio non lo poteva portare lontano (a lunga) nell aria nera e nella nebbia fitta. «Eppure a noi converrà vincere la battaglia (punga) , cominciò egli, «se non... Un essere così potente ci si presentò (ne s offerse) in aiuto. Oh, quanto è lunga per me l attesa che qui arrivi un altro! . 10-15 Io mi accorsi di come dissimulò la frase appena cominciata con quella che seguì, che furono parole diverse dalle precedenti; ma ciò nonostante il suo dire ci diede (dienne) paura, perché credevo che la frase interrotta avesse un significato (sentenzia) peggiore di quel che di fatto conteneva. 16-21 «Nel profondo di questa cavità dannata (l Inferno) non scende mai nessuno dal primo cerchio che ha come pena la speranza monca (cionca) di Dio? . Questa domanda feci io; ed egli mi rispose: «Succede di rado che qualcuno di noi faccia il cammino che sto percorrendo. 22-27 Vero è che un altra volta giunsi fin qui, evocato dagli scongiuri (congiurato) di quella crudele (cruda) Eritone che richiamava in vita le anime dei morti (ombre) ai loro corpi. Il mio corpo era da poco tempo privo di me, che ella mi fece entrare dentro quelle mura per farne uscire uno spirito del cerchio di Giuda. 28-33 Quello è il luogo più basso e più oscuro dell Inferno, e il più lontano dal cielo (l Empireo) che avvolge (gira) tutto l universo: conosco il cammino; perciò stai tranquillo. Questa palude che esala tanto puzzo circonda (cigne) tutto intorno la città dolente, dove non potremo entrare ormai senza violenza (sanz ira) . (vv. 34-63) Le Furie sulle mura di Dite 34-42 E disse anche altro, che non ricordo; poiché l occhio mi aveva tratto tutto verso l alta torre dalla cima infuocata, dove in un attimo si drizzarono all improvviso (ratto) tre Furie infernali macchiate di sangue, che avevano membra e atteggiamento (atto) femminili ed erano cinte alla vita da idre verdissime; avevano serpenti e ceraste per capelli, di cui avevano le fiere tempie avvinte. sa simboleggiano i peccati e i dubbi che Dante personaggio deve allontanare dalla propria coscienza; l apparizione del messaggero del cielo simboleggia l intervento della Grazia divina che supera finanche le difficoltà della ragione (allegoricamente Virgilio) a opporsi alle tentazioni e alle difficoltà. La desolata pianura delle tombe degli eresiarchi è lo sfondo nel quale Dante ambienta il grave problema delle eresie, vero e proprio flagello della Chiesa dei suoi tempi. Quel color che viltà di fuor mi pinse veggendo il duca mio tornare in volta, 3 più tosto dentro il suo novo ristrinse. Attento si fermò com uom ch ascolta; ché l occhio nol potea menare a lunga 6 per l aere nero e per la nebbia folta. «Pur a noi converrà vincer la punga , cominciò el, «se non... Tal ne s offerse. 9 Oh quanto tarda a me ch altri qui giunga! . I vidi ben sì com ei ricoperse lo cominciar con l altro che poi venne, 12 che fur parole a le prime diverse; ma nondimen paura il suo dir dienne, perch io traeva la parola tronca 15 forse a peggior sentenzia che non tenne. «In questo fondo de la trista conca discende mai alcun del primo grado, 18 che sol per pena ha la speranza cionca? . Questa question fec io; e quei «Di rado incontra , mi rispuose, «che di noi 21 faccia il cammino alcun per qual io vado. Ver è ch altra f ata qua giù fui, congiurato da quella Erit n cruda 24 che richiamava l ombre a corpi sui. Di poco era di me la carne nuda, ch ella mi fece intrar dentr a quel muro, 27 per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Quell è l più basso loco e l più oscuro, e l più lontan dal ciel che tutto gira: 30 ben so l cammin; però ti fa sicuro. Questa palude che l gran puzzo spira cigne dintorno la città dolente, 33 u non potemo intrare omai sanz ira . E altro disse, ma non l ho a mente; però che l occhio m avea tutto tratto 36 ver l alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre fur e infernal di sangue tinte, 39 che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, 42 onde le fiere tempie erano avvinte.

La Divina Commedia
La Divina Commedia
Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato