La Divina Commedia

100 Canto VII 94-96 ma essa sta beata e non sente: felice con gli altri angeli (l altre prime creature) fa girare (volve) la sua ruota (sua spera) e se ne compiace beata. (vv. 97-130) Il cerchio degli iracondi e accidiosi 97-105 Ora scendiamo verso un dolore maggiore; già tramontano tutte le stelle che stavano sorgendo quando io mi misi in cammino, e non possiamo indugiare troppo . Noi tagliammo (ricidemmo) il cerchio verso l altra sponda, all altezza di una sorgente che ribolle e si versa in un fossato che parte da essa. L acqua era scura e nera (assai più che persa); e noi, insieme alle onde grigie (bige), scendemmo attraverso una via disagevole. 106-114 Questo oscuro (cupo) ruscello sfocia nella palude che si chiama Stige, dopo aver disceso il tetro pendio infernale. E io, che ero intento (inteso) a osservare, vidi in quel pantano gente coperta di fango, tutta nuda, dall aspetto adirato (offeso). Costoro si percuotevano non solo con le mani, ma anche con la testa, con il petto e con i piedi, strappandosi la carne con i denti a brano a brano. 115-120 Il buon maestro disse: «Figlio, ora vedi le anime di coloro che furono vinti dall ira; e voglio che tu sappia che sott acqua vi sono anime che sospirano, e fanno gorgogliare (pullular) l acqua sulla superficie (al summo), come ti conferma il tuo sguardo, dovunque lo volgi. 121-126 Piantati nel fango, dicono: Fummo tristi nell aria dolce rallegrata dal sole, portando dentro di noi un ira inespressa (accid oso fummo): ora ci rattristiamo nella nera fanghiglia (belletta) . Quest inno si fanno gorgogliare in gola (strozza), perché non possono parlare con voce chiara (integra) . 127-130 Così percorremmo un grande arco della lurida palude (pozza), tra la sponda asciutta e il bagnato ( l mézzo), con gli occhi rivolti alle anime che ingoiano fango. Alla fine (al da sezzo) arrivammo ai piedi di una torre. ma ella s è beata e ciò non ode: con l altre prime creature lieta 96 volve sua spera e beata si gode. Or discendiamo omai a maggior pieta; già ogne stella cade che saliva 99 quand io mi mossi, e l troppo star si vieta . Noi ricidemmo il cerchio a l altra riva sovr una fonte che bolle e riversa 102 per un fossato che da lei deriva. L acqua era buia assai più che persa; e noi, in compagnia de l onde bige, 105 intrammo giù per una via diversa. In la palude va c ha nome Stige questo tristo ruscel, quand è disceso 108 al piè de le maligne piagge grige E io, che di mirare stava inteso, vidi genti fangose in quel pantano, 111 ignude tutte, con sembiante offeso. Queste si percotean non pur con mano, ma con la testa e col petto e coi piedi, 114 troncandosi co denti a brano a brano. Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi l anime di color cui vinse l ira; 117 e anche vo che tu per certo credi che sotto l acqua è gente che sospira, e fanno pullular quest acqua al summo, 120 come l occhio ti dice, u che s aggira. Fitti nel limo, dicon: Tristi fummo ne l aere dolce che dal sol s allegra, 123 portando dentro accid oso fummo: or ci attristiam ne la belletta negra . Quest inno si gorgoglian ne la strozza, 126 ché dir nol posson con parola integra . Così girammo de la lorda pozza grand arco, tra la ripa secca e l mézzo, con li occhi vòlti a chi del fango ingozza. 130 Venimmo al piè d una torre al da sezzo. Miniatura della Divina Commedia, Inferno VII, Ms. Holkham misc. 48, XIV secolo, Oxford, Bodleian Library.

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Edizione integrale aggiornata al nuovo Esame di Stato