T4 – Massimo Raveri, Il corpo perfetto dei monaci miira

PAROLA D AUTORE | T4 Massimo Raveri Il corpo e il paradiso. Le tentazioni estreme dell ascesi, Marsilio, Padova 1992, pp. 3, 6, 7, 44, 55, 93 Il corpo perfetto dei monaci miira Nel libro Il corpo e il paradiso l antropologo Massimo Raveri analizza il fenomeno del ny j presso i monaci miira giapponesi, mostrando come nell interpretazione di questa estrema esperienza di ascesi il punto cruciale per l antropologia non sia spiegare, in un ottica oggettivista, in che cosa consiste l automummificazione realizzata da questi asceti, bensì rintracciarne il senso nei significati che essa riveste per la collettività. In alcuni templi solitari sulle pendici della montagna sacra di Yudono, nel nord del Giappone, si venerano ancora oggi i corpi di alcuni asceti che si sono automummificati in vita. Tra le esperienze dei mistici in Giappone, questa lunga e sofferta pratica forse è il caso limite, dove l azzardo della mente è stato più spericolato e le tecniche del corpo sembrano essere andate oltre i confini del credibile. Non si tratta di casi sporadici, occasionali, dell azione di un povero folle di dio . Se così fosse sarebbe un gesto sostanzialmente immotivato, che non ha significato [ ]. Invece è un fenomeno che assume le proporzioni di un esperienza collettiva, che è stato codificato e che si è rinnovato nel tempo. Il problema che inevitabilmente si pone è di capirne il senso. Quale ragione guida una così terribile scelta, quale visione illumina quel triste corpo rattrappito sull altare perché la gente veda in lui la perfezione di un Salvatore? Il significato di un atto come questo comincia ad apparire chiaro se con pazienza si prende a scomporre la trama delle esperienze di vita di questi asceti cogliendo, nel gioco di variabili e di costanti di comportamento, certi tratti più significativi. un intrecciarsi di motivi simbolici che toccano molto in profondo l immaginario collettivo. [ ] La tradizione imponeva all asceta di vivere almeno cinque anni in completa solitudi94 | unità 2 | ne nelle grotte di una montagna sacra. Le sue giornate erano scandite dalle veglie in meditazione e in preghiera e dalle purificazioni sotto l acqua di una cascata. Ma ciò che caratterizzava quest esperienza era la crescente concentrazione nel controllare e ridurre il respiro e il rifiuto sempre più rigido e intransigente del cibo, [ ] per cui aghi e resine di pino, radici di erbe, pinoli era tutto ciò di cui l asceta si poteva nutrire. Alla fine era imposto il digiuno completo (danjiki). E per spegnere la sete dovevano essere sufficienti pochi sorsi di acqua al giorno. Erano queste delle tecniche ascetiche sperimentate e diffuse sia in Cina che in Giappone, considerate adatte per acquisire uno stato di purezza, di chiarezza e concentrazione mentale, di penetrazione nella visione mistica interiore. [ ] I mistici buddhisti lo hanno definito ny j . [ ] [Dopo la sua morte] per tre anni su quell asceta cala il più completo silenzio. Non viene compiuto nessun rito, non accade nulla, sembra che il suo gesto, il suo destino, il suo sogno, tutto sia stato dimenticato. [ ] Ma allo scadere del periodo prescritto, proprio quei discepoli che avevano aiutato il santo e che avevano raccolto le sue ultime volontà, tornano sul luogo accompagnati dai monaci in solenne processione. Circondati dalla folla dissotterra-

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 3
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 3
Antropologia e Sociologia - Quinto anno del liceo delle Scienze umane