5.3 LA TEORIA DELL’IDENTITÀ SOCIALE
Secondo Tajfel e Turner esistono tre processi mentali coinvolti nel valutare gli altri come “noi” o “loro”, nel definire cioè ingroup e outgroup, che si attivano nel seguente ordine: categorizzazione sociale, identificazione sociale e confronto sociale.
1. Categorizzazione sociale: tutti abbiamo l’esigenza di classificare gli oggetti per capirli e identificarli, per rendere l’ambiente in cui viviamo prevedibile e per programmare i nostri comportamenti. In un modo molto simile categorizziamo le persone (inclusi noi stessi) per comprendere l’ambiente sociale: usiamo categorie sociali come nero, bianco, cinese, russo, cristiano, musulmano, studente, insegnante e così via. In un certo senso non potremmo agire in modo normale senza usare queste categorie: il nostro cervello, infatti, necessita di accorpare le moltissime informazioni ambientali per ridurre le operazioni mentali; le risorse cognitive sono limitate e inserire qualcuno o qualcosa in classi, anche se ci fa perdere elementi di specificità, è molto utile a una valutazione grossolana della situazione o della persona. Si tratta di una necessità di economia cognitiva. Allo stesso modo, scopriamo aspetti di noi stessi a partire dalla consapevolezza delle categorie in cui siamo inseriti. Inoltre, definiamo un comportamento appropriato facendo riferimento alle norme del gruppo di appartenenza, quando ovviamente vi apparteniamo.
2. Identificazione sociale: in questa seconda fase assumiamo come nostra l’identità del gruppo a cui apparteniamo e nel quale ci riconosciamo (o meglio, ci siamo categorizzati) come appartenenti. Se, per esempio, ci si è classificati come sportivi, è probabile che adotteremo l’identità di uno sportivo e inizieremo ad agire nei modi in cui crediamo che gli sportivi agiscano, conformandoci alle regole del gruppo. Sarà attivo un particolare valore emotivo legato all’identificazione con un gruppo, e l’autostima sarà automaticamente connessa all’appartenenza al gruppo.
3. Confronto sociale: è l’ultimo stadio. Una volta che ci siamo categorizzati come parte di un gruppo e ci siamo identificati con quel gruppo, tendiamo a confrontarlo con altri. Se vogliamo mantenere un buon livello della nostra autostima, il nostro gruppo dovrà confrontarsi favorevolmente con gli altri. Una volta che due gruppi si identificano come rivali, si ritrovano automaticamente a competere perché i rispettivi membri possano conservare o accrescere la loro autostima.
Competizione e ostilità tra gruppi non sono, quindi, legate ad antipatie e discriminazioni fini a loro stesse, poiché si basano spesso su aspetti identitari e di autostima. L’appartenenza al gruppo non è qualcosa di estraneo al singolo individuo, ma una sua parte reale, autentica e profonda, rappresentandone un aspetto fortemente identitario e vitale.