FINESTRE INTERDISCIPLINARI - I vantaggi della vecchiaia

FINESTRE INTERDISCIPLINARI – Psicologia & Filosofia

I VANTAGGI DELLA VECCHIAIA

Il brano che segue è tratto dalla Repubblica di Platone (428/427-348/347 a.C.), opera filosofica scritta sotto forma di dialogo. Socrate, maestro di Platone, è invitato a casa dell’anziano Cefalo: i due iniziano a discutere su quali siano i presunti svantaggi e benefici della vecchiaia.

Compare la figura dell’anziano Celso che, invece di lamentarsi per i limiti imposti dalla vecchiaia, ne sottolinea gli aspetti positivi. Tra questi il principale è che in questo periodo della vita si raggiunge una sorta di serenità, perché gli obiettivi sono ormai raggiunti o comunque abbastanza consolidati e le esigenze del corpo sono meno pressanti; certo, perché questa serenità si realizzi veramente occorre aver vissuto in modo degno e poter ripercorrere a ritroso la propria esperienza senza vergognarsene.

«Caro Cefalo, provo grande piacere a discorrere con le persone anziane. Mi sembra infatti che da loro, come da chi è già avanti in un cammino che forse anche noi dovremo percorrere, si debba apprendere quale sia questo cammino, se aspro o duro, oppure facile e agevole. In particolare, poi, dato che sei ormai giunto a quell’età che a detta dei poeti sta “sulla soglia della vecchiaia”, sarei lieto di sapere da te se ti pare un momento difficile della vita, o che notizie ne dai».

«Sì, per Zeus!», disse. «Ti dirò cosa ne penso, Socrate.

Spesso ci riuniamo io e altri che abbiamo all’incirca la stessa età, tenendo fede all’antico proverbio. Orbene, in queste riunioni la maggior parte di noi si lamenta, rimpiangendo i piaceri della giovinezza e ricordando le gioie dell’amore, le bevute, i banchetti e altre cose che si legano a queste; costoro si indignano perché pensano di essere stati privati di grandi beni e sono convinti che allora vivevano bene, mentre quella di adesso non è neanche vita.

Alcuni poi deplorano le umiliazioni che subiscono dai familiari perché sono vecchi, e a questo attaccano il solito ritornello della vecchiaia causa di tutti i loro mali. A me però, Socrate, sembra che costoro non adducano la vera ragione, poiché se fosse questa anch’io avrei sofferto di questi stessi mali per via della vecchiaia, così come tutti gli altri che sono giunti a questa età. Ora invece io ho incontrato altre persone che non si trovano in tale stato, e per di più una volta fui presente quando un tale chiese al poeta Sofocle: “Come ti va nelle faccende d’amore Sofocle? Sei ancora in grado di andare con una donna?”. E lui rispose: “Taci tu! Me ne sono liberato con la massima gioia, come se fossi fuggito a un padrone rabbioso e selvaggio”. Già allora mi era parso che avesse detto bene, e ora non ne sono meno convinto. Nella vecchiaia infatti, almeno in queste cose, c’è una pace e una libertà assoluta: quando le passioni cessano di tirare e allentano la briglia, si verifica in tutto e per tutto ciò che diceva Sofocle e si può essere liberi da un gran numero di padroni folli. Ma di questi affanni e dei rapporti coi familiari la causa, Socrate, non è la vecchiaia, bensì l’indole degli uomini.

Se fossero equilibrati e affabili, anche la vecchiaia sarebbe un peso moderato; altrimenti, Socrate, a una persona del genere riesce molesta tanto la vecchiaia quanto la gioventù».

Io avevo ammirato le sue parole, e volendo che continuasse lo incitavo dicendogli: «Cefalo, credo che i più non siano d’accordo con le tue affermazioni, ma pensino che sopporti facilmente la vecchiaia non per il tuo carattere, ma perché possiedi molte sostanze: i ricchi, a quanto dicono, hanno molte consolazioni».

«È la verità», disse. «Essi non sono d’accordo e hanno una qualche ragione, ma non nella misura in cui credono: calza bene invece il detto di Temistocle1, il quale, a uno di Serifo che lo ingiuriava dicendo che la sua fama era dovuta non ai suoi meriti, ma alla sua città, rispose che né egli stesso sarebbe divenuto famoso se fosse stato di Serifo né quell’altro se fosse stato ateniese. Lo stesso discorso va bene anche per chi non è ricco e sopporta di malanimo la vecchiaia: un uomo equilibrato non potrebbe certo sopportare facilmente una vecchiaia unita a povertà, ma neppure un uomo non equilibrato, per quanto ricco, sarebbe mai in pace con se stesso. […]

Perché devi sapere, Socrate, che quando si avvicina il momento in cui uno pensa di morire, gli sottentra una paura e un’ansietà per cose di cui prima non si preoccupava. Le storie che si raccontano sull’Ade e sulla pena che chi ha commesso ingiustizia su questa terra deve scontare laggiù, fino ad allora derise, a questo punto gli sconvolgono l’anima perché teme che siano vere; di conseguenza, o per la debolezza della vecchiaia o perché ormai si sente più vicino all’aldilà, pone maggiore attenzione a queste cose. Perciò diventa pieno di sospetto e di paura e si scruta dentro, considerando se ha fatto dei torti a qualcuno. Chi trova nella propria vita molte colpe si sveglia di frequente anche dai sogni come i fanciulli e vive nella paura, tra brutti presentimenti; a chi invece è conscio di non aver commesso alcuna ingiustizia sta sempre accanto una lieta speranza e una buona “nutrice di vecchiaia”, per citare Pindaro2. Con molta grazia, Socrate, egli ha detto che quando uno ha condotto una vita giusta e santa “scalda il suo cuore e l’accompagna dolce speranza, nutrice di vecchiaia, che la volubile mente dei mortali sovranamente regge”. Che bei versi, davvero ammirevoli!»

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane