T1 - Luigi Zoja, La figura paterna di Ettore

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1 Luigi Zoja

La figura paterna di Ettore

Nel brano che segue Zoja ripercorre la scena omerica nella quale Ettore si congeda dal piccolo Astianatte prima di affrontare Achille in un duello che segnerà la sua morte.

[…] [Ettore] incontra la famiglia. Guarda il figlio e, in silenzio, sorride.

Ma Andromaca lo accosta piangendo e, prendendogli la mano, dice: “Infelice, proprio il tuo valore ti ucciderà. Non hai pietà del piccolo ancora in fasce, né di me, che sarò vedova tra poco, quando gli Achei, tutti insieme, ti assaliranno. Ma senza di te, meglio che anche io muoia. Niente più di dolce, se tu muori, io avrò, soltanto dolore. Io non ho più padre, non ho madre. Il padre […] e tutti i fratelli, uccisi da Achille […]. La madre da Artemide […]. Ettore, tu sei per me sposo e insieme padre, madre, fratello. Non fare il figlio orfano, me vedova.” Poi l’ultimo argomento, che cerca di adattare a un linguaggio maschile: la prudenza non è vigliaccheria, è anzi la scelta strategica opportuna. “Resta con noi sulla torre, raduna l’esercito presso il fico selvatico: lì le mura sono più deboli, lì bisogna schierarsi a difendere, senza scendere avventatamente in campo.”

L’eroe, però, non segue il codice della strategia ma quello dell’onore, che dice proprio di esporsi al nemico. E non c’è voce al mondo che possa spiegare questo bisogno di destino tragico a una moglie e a un figlio che vogliono vivere. Ora, nel confronto con la voce femminile, non si può più evitare il dolore. Scomparso il sospetto di un sottile bisogno di potere, che stava acquattato dietro le parole della madre o di Elena, scomparsa l’intenzione segretamente avversaria nella voce di donna, rimangono sincerità e malinconia, che Ettore riconosce perché sono anche le sue. Scomparsa la contrapposizione rimane l’identità.

Con l’Iliade l’epica e la letteratura stessa dell’Occidente stanno cominciando. Ma l’amore sembra quasi terminare proprio con quest’opera. Perché il dialogo fra Ettore e Andromaca annuncia malinconia e fine? Perché la sua delicatezza non sarà più superata? Ci saranno ancora grandi passioni, ma mai più un’armonia di sentimenti come questa. Omero non ci lascia solo il canone di epica, ma anche quello dell’amore che non si piega e non si discute. Lo canta per la prima volta, ma per tutti i tempi.

“Lo so. So tutto questo. Ma avrei troppa vergogna dei Troiani e delle Troiane se non fossi in battaglia. Da sempre ho imparato a esser forte […] In fondo al cuore, so anche che Troia scomparirà, e con lei Priamo e tutto il suo popolo. Ma non penso al loro dolore, e a quello del padre, della madre o dei fratelli: penso a te […] alle tue grida quando gli Achei ti strapperanno via. Quel giorno sarò già stretto dalla terra.”

Dette queste parole, Ettore tende le braccia al figlio. Ma il bambino si rifugia contro il petto della balia con un grido, spaventato dall’armatura e dall’elmo sovrastato da un’impressionante chioma. A questo punto, padre e madre sorridono. Ettore si sfila l’elmo e lo pone a terra e può abbracciare il figlio. Risvegliato dal piccolo incidente, Ettore avverte ora il pericolo di chiudersi in una malinconia dove tutto è già accaduto. Formulando un augurio per il futuro, leva il figlio in alto con le braccia e con il pensiero. Questo gesto sarà per tutti i tempi il marchio del padre. […]

Giungendo dalla battaglia, Ettore dà prova di devozione verso Zeus, padre degli uomini e degli dei. Rifiuta l’invito della madre a libare in onore del dio, perché porta su di sé la polvere e il sangue della battaglia. Ma a questa consapevolezza del rapporto con il padre celeste, non corrisponde una consapevolezza del rapporto con il figlio terrestre: un’immagine chiara di sé come padre, quindi. È cosciente delle incrostazioni di polvere e sangue, ma dimentica di portare su di sé anche l’intera crosta difensiva, l’armatura. Ora, la corazza non lo difende dal nemico, ma dal figlio.

Come in ogni esistenza complementare, per essere padre non basta sapere cos’è il padre: bisogna conoscere il figlio e il rapporto con lui. Inaspettatamente, quest’uomo senza arroganza non riesce a chinarsi verso un bambino. Ciò significa che non sente più l’infanzia dentro di sé. La troppa consuetudine con adulti guerrieri lo rende straniero a essa.

Ettore prega per il bambino, sfidando le leggi dell’epica in suo favore:

“Zeus e voi altri dei, rendete forte questo mio figlio. E che un giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, qualcuno dica: ‘È molto più forte del padre’.”

Parole rivoluzionarie. La preghiera di Ettore ha travolto l’onnipotenza immobile del mito, rendendo il bambino figlio, e il figlio speranza in qualcosa di migliore dei tempi mitici. Per dare forza a un passato che doveva essere modello irraggiungibile, l’epica ricordava sempre che gli uomini diventano più deboli con il passare delle generazioni: proprio Ettore scaglia un sasso “quale a malapena due uomini robusti dei nostri giorni saprebbero sollevare”. Ma Ettore prega gli dei perché accordino proprio il contrario: che suo figlio diventi più forte di lui. Oggi non è facile immaginare un padre altrettanto generoso. Le interpretazioni oggi prevalenti vedono nei rapporti padre-figlio una costante presenza di invidia e di gelosia omicida. Ma la mentalità moderna, nell’atto stesso in cui ha inventato un simile sospetto, ha anche cercato di negare che si tratti di una interpretazione recente, attribuendone l’origine proprio al mito greco: secondo la teoria di Freud, la rivalità omicida tra padre e figlio maschio risalirebbe al re greco Edipo. Scontando questa interpretazione, la diffidenza tra le generazioni è diventata un fatto stabile: sono proprio i padri moderni quelli a cui non è più concesso farsi sorprendere senza armatura.

Ad Astianatte è invece riuscito ciò che per i Greci era quasi impensabile: fare sperare il padre nel futuro e congiungerlo in un attimo, in un unico sentimento, alla madre. Due esseri così diversi da stentare a parlarsi, sono uniti dal figlio che non parla. La scena rompe l’austerità dell’epica con un anacronismo intimista e quasi cristiano.

[…] [Ettore] è guerriero e padre di famiglia. Anche altri eroi epici hanno figli: ma tra questa condizione e quella del combattente non corre rapporto. Ettore è invece l’una cosa in funzione dell’altra: guerriero perché padre. Affondata nei tempi epici, la generosità paterna è una sua anomalia scandalosamente intellettuale; ed è un primo motivo per cui lo sentiamo vicino.

Rispondi

1. Che significato ha il fatto che Ettore si tolga l’elmo di fronte al piccolo Astianatte?

2. In che cosa consiste l’onore di Ettore?

 >> pagina 477 

|⇒ T2 Philippe Jeammet

La solitudine dei genitori

In questo brano lo psichiatra francese Jeammet affronta il tema della difficoltà educativa dei genitori nel contesto contemporaneo. La maggiore libertà e l’abolizione di regole rigide di condotta consentono maggiori livelli di interazione e di autonomia ma mettono in difficoltà le famiglie più fragili, nelle quali i genitori non riescono a concordare un progetto educativo efficace per i loro figli.

In fin dei conti, nell’educare i figli i genitori si ritrovano di fronte a se stessi e alle loro risorse personali. Ciò non è privo di vantaggi: più libertà personali, e interazione, meno proibizioni e inibizione. Ma, come sempre, una situazione simile è proficua soprattutto per le famiglie ben strutturate, che dispongono di risorse personali più solide. Dal momento che questa libertà sollecita maggiormente le acquisizioni e le capacità di ciascuno, sono quelli più in difficoltà a trovarsi più disorientati e a cercare di rassicurarsi appoggiandosi ai loro figli. […] Ciò significa conferire molta responsabilità ai più giovani fra noi, i quali divengono così gli arbitri dell’educazione e i giudici della qualità dei genitori come educatori; tanto che fra adolescenti si sviluppa assai rapidamente una sorta di pubblicità comparativa delle qualità delle rispettive famiglie […].

Come non sentirsi destabilizzati davanti a simili confronti, oltretutto in un momento in cui il contesto sociale del “politicamente corretto” nel campo dell’educazione non sostiene affatto? Gli uni cedono, aspettandosi difficoltà, se non un incidente, che proprio il loro timore, se è troppo evidente e invadente, rischia fortemente di favorire; gli altri si irrigidiscono, prendendo una posizione che è una caricatura dell’autorità, un autoritarismo dalle conseguenze spesso nefaste, in quanto suscettibile di spingere l’adolescente alla provocazione, col rischio di chiudere gli uni e gli altri in una perversa spirale speculare in cui ciascuno giustifica se stesso con gli eccessi dell’altro. La situazione peggiore è la divisione della coppia parentale con un genitore che difende l’autorità e l’altro che vuole dimostrarsi più comprensivo e scredita la posizione del coniuge. È generalmente l’adolescente a fare le spese della discordia tra i genitori, andando in stallo o adottando comportamenti a rischio, nella maggior parte dei casi, le due cose insieme. Basandomi sulla mia esperienza posso dire che il ruolo del cattivo può essere svolto tanto dal padre quanto dalla madre. Ciascuno dei due può avere buone ragioni per giustificare la propria posizione: da una parte, troppa severità espressa in maniera rigida, se non brutale o anche maldestra, troppe esigenze accompagnate da troppi timori e da mancanza di fiducia nell’adolescente; dall’altra un’eccessiva banalizzazione dei rischi e l’incapacità di capire le difficoltà dell’adolescente e il suo bisogno di essere maggiormente inquadrato e protetto dalle sue tentazioni.

Rispondi

1. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del modello educativo contemporaneo secondo Jeammet?

2. Quali sono le due opposte reazioni dei genitori di fronte alla crisi e quali conseguenze ne derivano?

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
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Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane