4 Bullismo e cutting

4. Bullismo e cutting

4.1 Sul “palcoscenico sociale”

I preadolescenti sono chiamati ad affrontare importanti sfide. Innanzitutto ripensare a se stessi a fronte dei cambiamenti puberali, ridefinirsi all’interno di un corpo che non è più quello bambino, ma un corpo sessuato e potenzialmente generativo. I cambiamenti fisici portano anche a dover fare i conti con vissuti di delusione per un corpo che non eguaglia le aspettative narcisistiche dell’infanzia. Inoltre questo corpo dovrà essere esibito sul “palcoscenico sociale” dei pari, con tutte le insicurezze date dalla novità di scoprirsi diversi, ossia non più bambini spensierati ma preadolescenti alle prese con un aspetto fisico mai pensato prima. Le relazioni con i pari diventano centrali e talvolta vengono iperinvestite del proprio bisogno di conferma, creando situazioni di grande insicurezza e bassa autostima. Anche il rapporto con i genitori si modifica, lascia più spazio alle relazioni con i pari, ma questa nuova distanza da mamma e papà comporta l’abbandono di un mondo sicuro, quello della famiglia, per costruirne di nuovi, senza alcuna sicurezza su come sarà il futuro.

per immagini

Un orecchino di perla

La giovane fanciulla di questo celebre dipinto di Jan Vermeer (1632-1675) è a noi sconosciuta. Nulla sappiamo di lei, né delle circostanze relative alla realizzazione dell’opera, eseguita probabilmente intorno al 1665. La sua posa e il suo sguardo appaiono spontanei e genuini, come se si fosse appena voltata verso un invisibile spettatore. I lineamenti morbidi e l’incarnato roseo suggeriscono la giovane età della ragazza, così come il suo sguardo puro e innocente, che ha catturato con il suo fascino milioni di spettatori. L’orecchino di perla, un vezzo da fanciulla che si proietta verso l’età adulta, rappresenta il punto luce del dipinto che sembra catturare e richiamare, con grazia femminile, lo sguardo languido e innocente della ragazza.

4.2 Lo sguardo dei pari

La preadolescenza è una fase della vita in cui acquisiscono particolare importanza i temi della bellezza, della presentabilità, della visibilità e del successo sul palcoscenico sociale, sui social network come nei corridoi della scuola. Il preadolescente, nel suo percorso di crescita, si trova a dover assumere nuovi ruoli sociali e a sperimentare nuove competenze relazionali. Per ottenere questo obiettivo i ragazzi e le ragazze sentono di dover raggiungere un elevato livello di visibilità tra i loro coetanei. Se durante l’infanzia lo sguardo e l’approvazione della famiglia erano il motore del proprio senso di efficacia, di bellezza e unicità, crescendo si passa dallo sguardo rassicurante della mamma e del papà a quello degli amici e del gruppo dei pari più allargato. Il giudizio degli altri diventa quindi centrale nel sostenere il percorso di crescita, ovvero il processo di separazione dal nucleo familiare di origine. Essere riconosciuti e valorizzati dai coetanei ha la funzione fondamentale di offrire sostegno affettivo alla nascente identità e valorizzarla.

Le relazioni con gli altri possono tuttavia essere fonte di feroci attacchi alle prime sperimentazioni della propria immagine e della propria identità. Lo sguardo dei pari, nella vita reale come in quella virtuale, può essere implacabile e capace di attivare profondi vissuti di vergogna e mortificazione, che possono condurre a meccanismi di inibizione e di blocco nel percorso di crescita. L’attacco subito genera esperienze di vergogna che a questa età possono dar corso a un crollo dell’identità dal quale non è facile riemergere.

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4.3 Definizione di bullismo

Il bullismo è un fenomeno complesso e multidimensionale con caratteristiche proprie che lo distinguono da semplici episodi di conflitto quotidiano o comportamenti aggressivi estemporanei. Quando si parla di bullismo ci si riferisce a episodi di oppressione fisica o psicologica, reiterati nel tempo e perpetuati da una o più persone nei confronti di qualcuno percepito come più debole. Queste interazioni violente si verificano per lo più nelle scuole o nei centri di aggregazione giovanile, soprattutto nel corso di momenti di socializzazione non presidiati dalle figure adulte: durante l’intervallo delle lezioni nei corridoi o nei bagni della scuola, negli spogliatoi della palestra o nel tragitto casa-scuola.

Il bullismo può essere:

  • diretto, quando il bullo, o il gruppo di bulli, offende, minaccia oppure costringe a compiere azioni contro la volontà della vittima, talvolta spingendosi fino a vere e proprie aggressioni fisiche;
  • indiretto, quando la vittima viene esclusa dal gruppo o vengono diffuse maldicenze sul suo conto.

Sono osservabili in queste forme di prevaricazione alcune caratteristiche costanti che aiutano a dare una definizione precisa del fenomeno:

  • intenzionalità: il bullismo non è un’azione improvvisata, ma il bullo è intenzionato a esercitare una violenza sulla vittima che viene presa di mira con premeditazione;
  • sistematicità: le prevaricazioni avvengono ogniqualvolta bullo e vittima si incontrano;
  • asimmetria di potere: la relazione tra bullo e vittima è caratterizzata da una dinamica di sopraffazione in cui il bullo detiene un potere sulla vittima;
  • natura sociale: gli episodi di bullismo richiedono un pubblico che assista e confermi, anche tacitamente, la supposta superiorità del bullo aumentando la solitudine della vittima.

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4.4 Preadolescenza e prevaricazione

Se il bisogno di esibirsi per ottenere consensi, per certi aspetti e fino a un certo punto, è un fisiologico segnale di vita nel percorso evolutivo, oltre un certo limite può trasformarsi in eccessi che comportano rischi più gravi, legati al bisogno di affermarsi e di dimostrare a tutti i costi la propria forza, la propria bellezza, il proprio coraggio e anche, a volte, il proprio potere sugli altri.

Una certa dose di aggressività può essere vista come manifestazione della forza vitale e dell’agonismo che consente di fronteggiare le situazioni della vita in modo sano, creativo e appassionato, ma può succedere che questa spinta aggressiva si trasformi in violenza con l’intenzione di ferire e provocare sofferenza nell’altro.

Durante la preadolescenza la messa in atto di comportamenti violenti, prepotenze, minacce o offese spesso rappresenta la manifestazione di un’incapacità ad affrontare i compiti evolutivi che la crescita comporta per uscire dal mondo dell’infanzia e diventare adulti. Entrare in contatto con le proprie fragilità, come la paura di non essere all’altezza di diventare grandi, di non essere visti come forti, porta i bulli a esorcizzare questi timori su chi viene percepito come più debole per caratteristiche fisiche particolari, per l’orientamento sessuale, per la nazionalità, l’estrazione sociale o la disabilità.

In realtà tutte le ragazze e i ragazzi alle prese con la crescita vivono la paura di non essere all’altezza del compito. Il timore di sentirsi inadeguati di fronte allo sguardo degli altri e in particolare dei pari rende estremamente vulnerabili a prese in giro e derisioni che possono risuonare come uno smascheramento del senso di fallimento tanto temuto segretamente. Saper affrontare il giudizio sprezzante degli altri, capace di generare una vergogna indelebile, in un momento in cui l’identità non è ancora così forte e chiara, non è per niente facile. Significa innanzitutto essere profondamente convinti che le proprie fragilità e debolezze sono una sfida da affrontare con determinazione, un’occasione per crescere e rinforzarsi e non uno stigma per sempre.

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4.5 Autolesionismo e cutting

L’autolesionismo in preadolescenza esprime un chiaro segno di disagio. Mette in evidenza come il pensiero di farsi del male venga vissuto come l’unica soluzione a una situazione di dolore da cui si pensa sia impossibile uscire. In chi pratica autolesionismo spesso si riscontra la convinzione che l’unica via di uscita sia sparire, morire.

L’età in cui solitamente si manifestano forme di autolesionismo è a partire dalla pubertà o dalla primissima adolescenza, con tagli (cutting) o bruciature sulle braccia, le cui cicatrici vengono coperte con bracciali o bandane.

È una pratica molto più frequente nelle femmine rispetto ai maschi e con significati psicologici leggermente differenti nei due casi:

  • nei ragazzi i tagli vengono “portati” e quindi esibiti, non tanto per attirare l’attenzione, ma come segnali di un logorante conflitto interiore a cui si sta cercando di sopravvivere, come “ferite di guerra”, testimonianza visibile della fatica di dare voce al dolore provocato dalle vicissitudini della crescita;
  • nelle ragazze le pratiche autolesionistiche si annodano maggiormente con la tematica del corpo e della sessualità; spesso tagliarsi esprime il rifiuto per un corpo considerato brutto, deludente e perdente.

Sia nei maschi che nelle femmine l’autolesionismo rappresenta un blocco nel percorso di crescita, nella definizione di sé, e allo stesso tempo una modalità per farvi fronte. Chi pratica autolesionismo usa questi gesti estremi come mezzo per fronteggiare emozioni intollerabili: la rabbia per un litigio con i genitori e con gli amici, la frustrazione per un brutto voto a scuola, la mortificazione per un episodio di bullismo, il senso di inadeguatezza per un rifiuto, il sentirsi non visti o sbagliati nel gruppo della scuola.

I tagli permettono di spostare sul corpo un dolore psicologico insopportabile, come se il dolore fisico fosse preferibile. In alcuni casi provocarsi ferite genera persino un senso di piacere che allevia il dolore mentale. Alcune ragazze riferiscono addirittura di non provare bruciore nel tagliarsi bensì sollievo, quasi piacere.

Tuttavia è un benessere solo passeggero, accomunabile a chi usa una droga con lo stesso obiettivo, ossia placare il dolore psicologico: ma anche in questo caso, finito l’effetto della sostanza, il dolore torna a farsi sentire ugualmente intenso, come prima.

L’autolesionismo diventa un rituale tra un braccio che taglia e una parte del corpo che si lascia tagliare. I ragazzi si sentono meglio, come in un comportamento masturbatorio, ma permane immodificata la fatica a vivere il proprio corpo nella relazione con l’altro senza essere pervasi da sensazioni di repulsione o terrore.

Le ragazze che praticano cutting hanno bisogno di confidarsi e di ricevere uno sguardo che contrasti la mortificazione, di essere aiutate a parlare di quello che sentono quando si tagliano, di esprimere il dolore, la rabbia, ma anche l’eccitazione. Rompere il silenzio del sangue al posto delle parole, chiuse nelle stanze a tarda notte quando non c’è nessuno.

È errato pensare che gli autolesionisti si facciano del male per cercare attenzioni. Chi si fa del male è consapevole delle proprie ferite e cicatrici, sa che è una cosa sbagliata, che sarebbe meglio evitare. Ciò provoca un senso di vergogna e di colpa che spinge a fare di tutto per nascondere i segni fisici con braccialetti o maglie.

Il timore per lo sguardo giudicante degli altri, per lo stigma sociale porta a rifugiarsi in Internet, dove ci sono tantissime ▶ communities di teenager che condividono questo segreto. Lì e solo lì queste ragazze e questi ragazzi si sentono liberi di confrontarsi, e sempre lì trovano un “rinforzo” emotivo, che va al di là dei consigli su come non farsi scoprire dai genitori. Sicuramente è un rifugio che non li fa sentire totalmente soli con il loro disagio. C’è il rischio però che rinuncino alle relazioni sociali in favore del mondo virtuale.

Il primo passo di un genitore o di chi è vicino a chi si fa del male è accogliere senza mortificare. Bisogna evitare qualsiasi tipo di inquisizione per far sì che i ragazzi non si chiudano maggiormente, e parlare con loro senza accuse e giudizi, evitando di farli sentire maggiormente in colpa.

per lo studio

1. Che cosa s’intende per bullismo?

2. Perché in preadolescenza si assiste a episodi di prevaricazione?

3. Perché una ragazza può mettere in atto gesti di autolesionismo?


  Per discutere INSIEME 

In Internet esistono communities in cui ragazzi e ragazze in difficoltà si ritrovano e condividono il loro disagio, per esempio la pratica di autolesionismo. Riflettete in gruppo sul ruolo di Internet nei casi di disagio: quali aspetti positivi e quali rischi individuate?

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane