La biologia umana e l’antropologia culturale
A partire dall’Ottocento, la biologia umana e l’antropologia culturale si sono sviluppate come discipline appartenenti ad ambiti molto distinti, se non addirittura opposti. La prima studia l’umanità da un punto di vista naturalistico, per capire come la specie umana si sia evoluta nel corso dei millenni (biologia evolutiva), e come avvenga lo sviluppo di esseri umani adulti di generazione in generazione (biologia dello sviluppo). A questo scopo, i biologi utilizzano metodi derivati dalla genetica e dall’antropologia fisica, studiando reperti fossili umani e di primati non umani, come scimpanzé, scimmie e gorilla.
L’antropologia culturale, invece, studia tutti quegli aspetti del comportamento umano che non possono essere spiegati facendo riferimento a meccanismi evolutivi o genetici. L’essere umano è infatti un animale biologicamente incompleto: al contrario di altri esseri viventi, esso non nasce con una serie di comportamenti predeterminati atti a soddisfare, per esempio, bisogni primari come mangiare, dormire, accoppiarsi e così via. Solo attraverso la cultura l’essere umano riesce ad adattarsi all’ambiente circostante, sviluppando modi storicamente e geograficamente specifici di soddisfare questi e altri bisogni. Da ciò deriva l’incredibile varietà di forme e comportamenti che caratterizzano il genere umano, una variabilità che esiste nonostante gli esseri umani condividano il 99,9% del loro patrimonio genetico.