2 Weber e la razionalizzazione

2. Weber e la razionalizzazione

2.1 Il concetto di razionalizzazione

Come Durkheim in Francia, anche Max Weber | ▶ L’AUTORE | contribuì, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, a fondare in Germania la sociologia come disciplina autonoma.

Un tema generale tipico della riflessione di Weber è quello della comprensione dei processi di razionalizzazione. Con questo termine si intende la trasformazione tipica della società moderna (grazie all’Illuminismo e al positivismo, | ▶ Unità 1, pp. 265-266 |) attraverso cui le credenze più antiche finirono per perdere via via rilevanza a favore della scienza e del ragionamento razionale, dando così la possibilità di un’apparente capacità di controllo su tutti gli aspetti della realtà sociale. A Weber non sfuggiva, infatti, come sia nella sfera economica sia nelle relazioni interpersonali l’applicazione del calcolo razionale, basato sulla valutazione di mezzi e obiettivi, fosse ormai diventata la logica predominante, in grado di sostituire l’influenza che una volta era esercitata dalle tradizioni e dalle credenze religiose. Tutta la sua opera può, dunque, essere letta come una risposta alla necessità di comprendere i fattori sociali alla base della razionalizzazione della moderna civiltà occidentale e delle origini del sistema economico capitalistico, uno dei fenomeni esemplari attraverso cui il pensiero razionale è diventato dominante.

A tali temi è dedicato uno dei suoi studi più noti, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), in cui egli avanza la tesi secondo la quale l’origine del capitalismo va ricercata nell’influenza esercitata dall’etica protestante di matrice  calvinista, diffusasi a partire dal XVI secolo tra i primi commercianti-imprenditori del Nord Europa. Infatti, nel periodo successivo alla ▶ Riforma protestante, l’attitudine alla ricerca del successo negli affari, caratteristica del protestantesimo, aveva favorito lo sviluppo di un atteggiamento individuale funzionale allo sviluppo dei commerci e delle altre attività economiche che avrebbero poi dato vita al sistema industriale capitalistico.

Weber sostiene che un certo tipo di riferimenti culturali (le idee religiose del calvinismo) hanno direttamente influenzato la sfera materiale dell’economia (il capitalismo), contrapponendosi così alla lettura della società fatta da Karl Marx, il quale riteneva invece che fosse la struttura economica a dominare le logiche sociali, reputando le religioni e le ideologie nient’altro che sovrastrutture elaborate dalle classi superiori per tenere sotto controllo le masse di lavoratori salariati  Unità 1, p. 272 |.

l’autore  Max Weber

Max Weber (1864-1920) nasce a Erfurt, cittadina tedesca, e cresce in un ambiente familiare di intellettuali e politici. Studia giurisprudenza, storia ed economia e insegna nelle università di Friburgo e di Heidelberg.

Durante la Prima guerra mondiale, egli segue con crescente preoccupazione il crollo politico e culturale della Germania e, alla fine del conflitto, è tra i fondatori del neonato Partito democratico liberale tedesco, partecipando in prima persona alla redazione della Costituzione della Repubblica di Weimar (1918) e ai negoziati di pace durante la stesura del Trattato di Versailles (1919). Queste ultime esperienze sono fondamentali per la sua successiva riflessione sul tema del potere politico e della selezione degli uomini di governo.

Il suo studio più famoso è L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905), incentrato sulla nascita del capitalismo e sui rapporti tra processi economici e influenze culturali provenienti dalle credenze religiose. Lo studio sui rapporti tra religione protestante e capitalismo rappresenta solo una parte di una sua monumentale ricerca sul ruolo delle differenti tradizioni religiose (induismo, ebraismo, buddismo ecc.) nell’influenzare i diversi sistemi economici a livello mondiale.

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2.2 il processo di razionalizzazione

Come abbiamo visto, per Weber il processo di razionalizzazione della società indica la tendenza di lungo periodo, tipica in primo luogo del mondo occidentale, ad abbandonare i sistemi di credenze tradizionali per adottare il ragionamento razionale come logica principale nell’organizzazione della società. Il processo di razionalizzazione coincide dunque con un sempre maggior peso, nella società, delle istituzioni e delle forme di agire razionale, basate sulla valutazione oggettiva degli obiettivi da perseguire e sul metodo scientifico. Tuttavia, l’affermarsi della ragione non significa che tutti i comportamenti umani siano divenuti razionali. Anche nella società moderna continuano a essere presenti forme di azione che possono essere basate sulle emozioni o sull’accettazione acritica delle tradizioni e delle routine consolidate.

Sebbene Weber riconosca molti aspetti positivi nel processo di razionalizzazione, ne individua anche problemi e pericoli. Se la ragione, infatti, ha liberato gli individui dai comportamenti legati alla tradizione e alla superstizione, per un altro verso ha aperto al rischio di una ▶ disumanizzazione dei valori e delle libertà dell’essere umano: gli individui, sostiene Weber, rischiano di diventare “ingranaggi di una macchina” e possono ritrovarsi come rinchiusi in una “gabbia d’acciaio” rappresentata dalla struttura delle istituzioni burocratiche prodotte dalla logica razionale. A tal proposito, egli associa il processo di razionalizzazione a un’altra trasformazione culturale, che definisce come disincanto del mondo: la tendenza, tipica della modernità razionale, non più di interpretare il mondo attraverso riferimenti mistici e spirituali, ma di descriverlo grazie al pensiero scientifico e razionale.

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  INVITO ALLA VISIONE 
Charlie Chaplin, TEMPI MODERNI, 1936

Nel film Tempi moderni (1936) il regista e protagonista Charlie Chaplin interpreta Charlot, un operaio che lavora in una grande fabbrica come addetto alla catena di montaggio, dove la sua mansione è quella di stringere bulloni. I movimenti ripetuti e impersonali, i ritmi disumani a cui è sottoposto, che lo costringono a lavorare anche durante la pausa pranzo, alienano completamente l’uomo, che comincia a vedere bulloni, leve e ingranaggi ovunque, proprio come se vivesse all’interno di un macchinario.

2.3 I differenti tipi di azione sociale

Al contrario di Durkheim, il quale concepisce la società come un’entità superiore all’individuo, Weber riconosce maggiore importanza alla società intesa come insieme delle singole azioni individuali e dei differenti tipi di agire, tanto da definire il proprio approccio allo studio della società come individualismo metodologico.

Egli si domanda: quali sono le differenti forme di agire che caratterizzano la vita sociale degli individui? Quali di esse sono rilevanti per la sociologia e quali di esse rispondono a un criterio di razionalità?

In primo luogo, Weber riconosce che un’azione diventa significativa per la sociologia quando è dotata di senso, ovvero quando mostra motivazioni sociali. Se un’azione non rivela motivazioni di tale genere, resta un comportamento individuale e non rappresenta, dunque, un’azione sociale. Partendo da questa iniziale definizione, egli individua quattro differenti tipi di azione dotata di senso sociale:

  • l’azione orientata allo scopo o definita razionale rispetto allo scopo perché compiuta per massimizzare il raggiungimento di un obiettivo, organizzando in modo razionale gli strumenti utili per conseguirlo. Si tratta di un tipo di azione ricorrente in ambito economico, quando vogliamo acquistare un oggetto e ragioniamo razionalmente su quale possa essere il modello più utile o quale faccia risparmiare denaro a parità di qualità;
  • l’azione orientata ai valori o definita come razionale rispetto al valore: anche questo tipo di azione ha una base razionale, che implica un ragionamento sui mezzi e i fini da raggiungere. Tuttavia, questo secondo tipo di azione è il frutto di un ragionamento che si basa su alcuni particolari valori o principi astratti.

    Esempio: recarsi a donare il sangue è un’azione che si compie non perché vi sia un guadagno individuale, ma perché questo gesto corrisponde a un principio superiore che riguarda il valore che hanno nella nostra cultura la vita umana e la solidarietà;

  • l’azione affettiva, che non è dettata né da un calcolo strumentale né da principi superiori, ma è invece il risultato di reazioni emotive e di sentimenti. La rabbia o l’amore, per esempio, sono sentimenti che spesso spingono le persone a compiere azioni poco razionali, e che possono produrre conseguenze non volute;
  • l’azione tradizionale, che racchiude un insieme di forme di agire e di pensare basate sulla consuetudine e sulla routine. Quando, infatti, facciamo le stesse azioni per un lungo periodo di tempo, siamo spesso portati a pensare che sia l’unico modo per compierle, senza riflettere se possano esistere soluzioni alternative.

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2.4 Le forme del potere e la loro “legittimazione”

Un altro importante tema della riflessione di Max Weber è quello che riguarda il potere e, dunque, i modi attraverso i quali alcuni individui o gruppi riescono a conquistare il comando della società.

Weber fa innanzitutto una distinzione tra potenza e potere:

  • la potenza è la capacità di far valere la propria volontà anche di fronte a una resistenza e, dunque, riguarda soprattutto il modo in cui qualcuno riesce a convincere attraverso la forza e la violenza qualcun altro: per esempio, con l’invio di eserciti o con la coercizione fisica degli individui;
  • il potere, invece, è un concetto molto più interessante dal punto di vista sociologico, poiché riguarda la capacità di imporre le proprie volontà grazie alla persuasione e all’autorità. Il potere, dunque, si fonda sul fatto che le decisioni di alcuni individui vengono considerate come legittime e giustificate anche in una condizione in cui non si esercita alcuna forza o minaccia. Se lo Stato, per esempio, ci chiede di compiere una certa azione (pagare le tasse o guidare secondo il codice della strada), noi generalmente ubbidiamo non solo perché sappiamo che lo Stato invierà la polizia per fare rispettare le leggi (potenza), ma anche perché riteniamo che l’apparato statale sia un’istituzione legittimata a creare le leggi e a farle rispettare. Proprio perché riteniamo il potere dello Stato come legittimo, siamo così portati a ubbidire alle leggi e alle norme sociali.

Weber non si limita solo a definire il potere, ma individua tre differenti tipi di potere legittimo che entrano in gioco nelle vicende della società:

  • il potere tradizionale, basato sul rispetto delle consuetudini che provengono dalla tradizione e dalla storia. Un re, per esempio, regna perché è tradizione e credenza che il ruolo di comando spetti ai figli primogeniti dei re e dei nobili;
  • il potere carismatico, che si fonda sulla capacità di alcuni individui di esercitare un particolare fascino e influenza sulle altre persone, tanto da poter essere in grado di sovvertire le consuetudini tradizionali o le leggi esistenti. Cesare, Napoleone o Gandhi sono esempi di uomini che sono stati in grado di guidare le rispettive società proprio grazie a una personalità carismatica e capace di rompere con la tradizione;
  • il potere razionale, che si fonda su leggi e procedure basate sulla ragione, relative al modo in cui i rappresentanti del potere vengono nominati. Si tratta del modello oggigiorno dominante, anche se non in modo esclusivo, nella società occidentale, dove espliciti regolamenti e leggi indicano le modalità attraverso cui scegliere capi e governanti: in genere tramite votazioni ed elezioni.

È utile sottolineare che le differenti forme di potere descritte da Weber costituiscono un esempio di ciò che egli ha definito come tipi ideali o idealtipi, ovvero modelli astratti di come funziona l’autorità nelle varie epoche storiche, che ci danno la possibilità, per esempio, di comparare il potere carismatico dei re medievali con quello dei politici che guidano le democrazie contemporanee. Grazie agli idealtipi, Weber riteneva possibile identificare alcune caratteristiche astratte all’interno degli avvenimenti storici, in modo da poterli accostare e comparare con situazioni storiche differenti tra loro. Secondo lo studioso, infatti, al fine di comprendere un particolare fenomeno sociale non basta descriverlo, ma è necessario poterlo comparare con altri eventi simili proprio in base alle somiglianze che possono essere riscontrate tra loro.

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2.5 Le classi sociali e il ceto

Un altro argomento di riflessione, per Weber, è quello relativo a comprendere in che modo la società si organizzi in differenti gruppi in base alle diverse caratteristiche degli individui. Come per Marx, anche per Weber la classe sociale è basata su aspetti che riguardano la posizione individuale e, di conseguenza, le differenze rispetto al mercato, al denaro, al possesso di beni materiali, al lavoro svolto.

Oltre a quello di classe, Weber individua e definisce un altro gruppo sociale, legato, invece, alla cultura e alle relazioni tra gli individui: il ceto. Questo riconosce o conferisce prestigio sociale a un individuo in quanto appartenente a determinati strati della società o a raggruppamenti professionali, come nel caso dei notai o anche delle star del cinema.

Le classi sociali sono in genere più aperte rispetto ai ceti, soprattutto perché la possibilità di accesso a una classe superiore è basata sull’arricchimento materiale e la società capitalistica è caratterizzata proprio dalla possibilità di arricchirsi. L’appartenenza a un ceto più elevato, invece, essendo basata sul possesso di particolari caratteristiche sociali e culturali, è più difficile da conseguire, perché dipende da fattori meno facili da acquisire, come nel caso del prestigio che viene riconosciuto dagli altri membri della società.

per lo studio

1. Quale elemento caratteristico contraddistingue la visione della società di Weber in confronto all’approccio di Durkheim?

2. Quali sono i differenti tipi di azione sociale per Weber?

3. Cos’è un idealtipo?


  Per discutere INSIEME 

Secondo Weber il potere politico può essere di differenti tipi: tradizionale, carismatico o razionale. Pensando a tutto quello che avete studiato in storia, vi viene in mente un personaggio in particolare che descrivereste come dotato di un potere “carismatico”? E invece una figura storica caratterizzata da un potere di tipo “tradizionale”? E una con un potere di tipo “razionale”? Confrontatevi e provate a motivare le vostre scelte.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane