1 L’adattamento all’ambiente

1. L’adattamento all’ambiente

1.1 Ambienti e culture

La parola greca óikos significa letteralmente “casa”. Da essa deriva il termine “ecologia”, che nelle scienze naturali indica lo studio dell’ambiente e più specificamente dei rapporti fra ambiente e organismi biologici che insieme determinano l’equilibrio necessario alla vita.

L’ecologia sta diventando un ambito di studio interdisciplinare sempre più importante, perché si trova di fronte a fenomeni allarmanti quali le devastazioni dell’inquinamento prodotto dallo sviluppo industriale, i casi di contaminazione ambientale, il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. Ci si sta accorgendo, tardivamente, che la rottura dell’equilibrio naturale minaccia seriamente la stessa possibilità di vita dell’uomo, oltre che di tutti gli esseri viventi.

Anche papa Francesco ha fortemente richiamato l’attenzione su questi temi con una enciclica dedicata all’ambiente, intitolata Laudato si’ (2015), in cui i problemi dell’ecologia e delle pratiche per uno sviluppo sostenibile si legano alle questioni sociali della povertà e delle diseguaglianze. Inoltre il movimento della giovane attivista svedese Greta Thunberg, partito dai suoi scioperi per il clima fuori dal parlamento svedese nel 2018, ha avuto molto seguito fra i giovani di tutto il mondo.

L’antropologia si interessa agli aspetti umani dell’ecologia, e cioè ai modi e alle forme con cui le culture modificano l’ambiente e ne sono a loro volta influenzate.

Il geografo francese Maurice Le Lannou (1906-1992) ha utilizzato l’espressione “uomo-abitante” per indicare la peculiarità degli individui di affermarsi in un luogo con la loro presenza e poi con l’azione, ossia con il lavoro e con l’attività produttiva. L’uomo-abitante è l’uomo immerso in uno spazio antropico, vale a dire uno spazio in parte costruito attivamente da lui, con le sue relazioni, le vicende storiche e i condizionamenti naturali.

Alcuni versi del poeta americano Wallace Stevens (1879-1955) descrivono più efficacemente di molti trattati teorici la relazione uomo-ambiente nel processo di  antropizzazione dello spazio.

Ci sono uomini dell’est che sono l’est.
Ci sono uomini di una provincia che sono quella provincia.
Ci sono uomini di una valle che sono quella valle.
Ci sono uomini le cui parole sono come i suoni naturali dei loro luoghi
come lo schiamazzare dei tucani nel luogo dei tucani.
Il vestito di una donna di Lhasa, nel suo luogo,
è un elemento invisibile di quel luogo reso visibile.

W. Stevens, Harmonium. Poesie 1915-1955, Einaudi, Torino 1994, p. 223

Le persone, gli abitanti, stranieri o indigeni che siano, interiorizzano i luoghi, diventano essi stessi i luoghi (“Io sono di...”). La natura e la geografia vengono in qualche modo rese invisibili.

Come scrive l’antropologo Franco La Celca (n. 1950), commentando i versi di Stevens, la geografia torna a essere visibile nella cultura (dell’abitare) di un luogo: in quel tipo di case, di coltivazioni, di cibi e di vestiti. La natura, resa invisibile, diviene poi cultura visibile o, meglio, l’abitare trasforma la visibilità naturale di un luogo in qualcosa di invisibile, e su questa invisibilità costruisce l’insediamento: «questo è il processo dell’indigenità, dell’autoctonia, spiegato da un poeta».

  INVITO ALLA VISIONE 
Craig Leeson, A PLASTIC OCEAN, 2016

In questo documentario il giornalista Craig Leeson con un gruppo di ricercatori indaga sull’impatto della plastica nei mari. Seguendo una balenottera al largo delle coste dello Sri Lanka, si imbatte in un’isola di plastica situata nell’Oceano Pacifico, trovando più plastica che plancton. La plastica, una volta che entra negli oceani, si scompone in piccole particelle tossiche che vengono immagazzinate nei tessuti grassi degli animali marini e alla fine consumate da noi.

 >> pagina 148 
  esperienze attive

Ripulire aree della città dai rifiuti Dividetevi in piccoli gruppi, andate in due o tre zone della vostra città che potrebbero essere molto più affascinanti se non ci fossero rifiuti dappertutto e ripulitele. Scrivete poi una relazione in cui documentate la vostra attività. Come vi siete sentiti? È stato importante quello che avete fatto? Che cosa avete imparato?

L’etnodiversità
Come gli scienziati naturalisti che studiano l’ambiente stanno notando un’allarmante perdita di biodiversità, allo stesso modo gli antropologi segnalano una altrettanto preoccupante perdita di etnodiversità.

La biodiversità è la varietà degli organismi viventi nelle loro diverse forme rispetto alle condizioni ambientali: la coesistenza in uno stesso  ecosistema di molte specie differenti, animali e vegetali, che creano un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni. La biodiversità permette la vita sulla terra ed è una straordinaria ricchezza. Alcuni rapporti del WWF ci dicono che oggi circa un milione di specie animali e vegetali rischiano di sparire per sempre a causa degli effetti diretti dell’antropizzazione: l’industrializzazione, gli allevamenti intensivi, l’effetto serra, il cambiamento climatico stanno irreversibilmente alterando gli equilibri ecosistemici naturali.

Analogamente, sul piano antropologico si può delineare il concetto di etnodiversità. Nel corso della storia, ogni società ha elaborato strategie e tecniche per procurarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza, per favorire e proteggere la vita, per renderla sostenibile ai propri membri nei differenti contesti ambientali. Si tratta in genere di conoscenze empiriche, derivanti da una delicata mediazione fra uomo e natura, che connotano le comunità locali e rappresentano un fondamentale patrimonio di etnodiversità.

Come ha scritto l’antropologo Gian Luigi Bravo (n. 1935), l’etnodiversità è quella preziosa eredità locale che differenzia ogni gruppo umano e che tuttavia non si realizza nell’isolamento e nella xenofobia, ma nello scambio e nell’intreccio fra tradizioni e culture. In altre parole, l’etnodiversità consiste nel riconoscere, abbracciare e, insieme, sottolineare le diversità, «le specificità linguistiche, le tradizioni, i saperi, i gesti e le parole che costituiscono i precari, ma nel contempo solidi, mattoncini costitutivi della memoria orale del mondo».

  INVITO ALLA ASCOLTO 
Provincia di Pavia, Settore Faunistico Naturalistico, VOCI E SILENZI DELLA GARZAIA

I “paesaggi sonori”, chiamati anche in antropologia soundscapes (dal termine inglese landscape, “paesaggio”) costituiscono l’insieme di suoni, rumori e sensazioni uditive di un determinato ambiente. Questo CD è stato realizzato registrando il paesaggio sonoro delle garzaie pavesi: il luogo dove nidificano gli aironi. Affascinanti testimoni di biodiversità, le voci degli aironi si mescolano a quelle delle fronde degli alberi, del vento e dei ruscelli. Per avere il CD e il libretto curato da Elena Simoni e Gianni Pavan bisogna contattare il Centro di Bioacustica e Ricerche ambientali dell’Università di Pavia (cibra@unipv.it).

 >> pagina 1149
Il ruolo della globalizzazione
Il pervasivo fenomeno della globalizzazione sta contribuendo a sciogliere quello stretto vincolo tradizionale fra una cultura e il suo territorio di insediamento di cui parlano i versi poetici di Stevens, accrescendo le possibilità di movimento, la circolazione di merci e di persone, le forme di comunicazione e di scambio. Ma alla globalizzazione si accompagna un processo altrettanto pervasivo di occidentalizzazione del mondo, cioè di progressiva uniformazione culturale planetaria sul modello dei prodotti, dei simboli, delle merci della società occidentale industrialmente avanzata. Si calcola che nel mondo ogni istante si consumino circa 10 milioni di bicchieri di Coca Cola: questo significa che ogni istante 10 milioni di palati assaporano lo stesso identico gusto. Siamo di fronte dunque a una grave perdita di etnodiversità, un fenomeno complesso e allarmante che desta l’attenzione dei ricercatori.

In verità, alcuni antropologi hanno evidenziato come le differenze culturali continuino comunque a riprodursi e che i prodotti occidentali, che si diffondono sempre di più nelle società extraoccidentali e nelle zone periferiche del mondo, non sono mai acquisiti e utilizzati in modo automatico, ma vengono sempre ripensati e collocati creativamente nell’orizzonte culturale locale.

Esempio: la comunità di pescatori Luo in Africa, insediata attorno al lago Vittoria, fra il Kenya e la Tanzania, ha adottato con slancio l’abitudine di bere Coca Cola, ma soltanto in occasione dei matrimoni, durante i quali essa ha sostituito la bevanda rituale tradizionale.

Elementi di creatività locale permangono; tuttavia è innegabile che da un punto di vista complessivo la perdita di etnodiversità si traduca in un impoverimento culturale forse irreversibile.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane