VERSO LE COMPETENZE

VERSO LE COMPETENZE

CONOSCENZE

1 Scegli il completamento corretto.


a. Il regime nazista di Adolf Hitler in Germania e l’apartheid in Sudafrica sono due tragici esempi di:

  • 1 razzismo classico istituzionalizzato.
  • 2 antisemitismo.
  • 3 neorazzismo differenzialista.


b. L’antropologo norvegese Fredrik Barth ha fortemente criticato la nozione oggettivista di etnia sostenendo che:

  • 1 essa non dipende dalla condivisione di lingua, cultura e territorio, bensì dalla comune discendenza di coloro che vi appartengono.
  • 2 non c’è mai una netta sovrapposizione tra lingua, cultura e territorio e che essa dipende piuttosto dal sentimento di appartenenza al gruppo dei suoi membri.
  • 3 questo concetto nasconde in sé l’idea della superiorità dei bianchi.


c. Il genetista italiano Luigi Luca Cavalli Sforza ha dimostrato che nella storia evolutiva degli esseri umani le differenze somatiche sono:

  • 1 profonde e recenti.
  • 2 superficiali e recenti.
  • 3 superficiali e antiche.

2 Indica se le seguenti affermazioni sono vere (V) o false (F).


a. Pensare l’identità implica sempre pensare la differenza, poiché le caratteristiche individuali e collettive con cui ci si identifica emergono sempre in relazione a quelle di altri, da cui ci si differenzia.

  •   V       F   

b. Il razzismo universalista è l’ideologia su cui poggia la presunta legittimità della schiavitù, in quanto le popolazioni schiavizzate sono ritenute inferiori per natura.

  •   V       F   

c. L’umanità è composta da una serie di etnie, cioè gruppi umani definiti dalla condivisione di una lingua, una cultura e un territorio specifici.

  •   V       F   

3 Completa le frasi utilizzando le espressioni e i termini elencati di seguito.


razzismo classico neorazzismo culturale razza bianca nesso causale relativismo culturale differenzialista universalista assolutizzare


a. Il ..................................... si dice anche ..................................... perché elabora una suddivisione gerarchica dell’umanità in razze che si pretende universalmente valida, stabilendo la superiorità della ..................................... su tutte le altre. Esso si fonda sul ..................................... tra caratteristiche fisiche e caratteristiche morali e intellettive.

b. Il ..................................... si dice anche ..................................... perché utilizza il concetto di razza non più in termini biologici, ma per ..................................... le differenze tra le culture umane, concepite come universi chiusi e incomunicabili. Questo tipo di razzismo estremizza e distorce la prospettiva antropologica del ..................................... , facendo del diritto alla differenza uno strumento di esclusione dell’altro, anche a costo di gravi violenze.

LESSICO

4 Fornisci una definizione per ognuna delle seguenti parole ed espressioni.


a. Razza

b. Etnia

c. Etnicità

d. Xenofobia

e. Apartheid

f. Etnicizzazione

g. Razzismo differenzialista

h. Razzismo universalista

i. Razzismo istituzionalizzato

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ESPOSIZIONE ORALE

5 Rispondi oralmente alle seguenti domande.


a. Se la tendenza a discriminare i “diversi” esisteva già al tempo dei greci, qual è l’elemento di novità introdotto dal razzismo classico universalista a metà Settecento?

b. Descrivi i passaggi che hanno portato all’esplosione del conflitto etnico fra Tutsi e Hutu in Ruanda. Che cosa ci insegna questo episodio sul concetto di etnia?

c. In base a quanto hai appreso dalla lettura di questa unità, prova a riflettere sullo scivoloso concetto di “identità”. Come potresti definirla?

ANALISI E COMPRENSIONE DI UN DOCUMENTO

6 Leggi attentamente il seguente brano, tratto da un racconto autobiografico di Espérance Hakuzwimana Ripanti, italiana di origini ruandesi, la quale in questo suo manifesto narra che cosa ha significato per lei crescere in una città della Pianura Padana, dove alle consuete difficoltà adolescenziali si aggiungono anche quelle causate da chi la considera diversa, “Altra”. Dopo la lettura, rispondi alle domande.


«Non ti posso baciare: hai le labbra troppo grandi.»

Mi piaceva da matti. Avevo dodici anni e mezzo e per tantissimo tempo sono stata convinta che fosse vero.

«E di chi è figlia questa negretta qui?»

Uno dei primissimi ricordi che ho, legati al paese in cui sono cresciuta. Non ho avuto una risposta pronta allora, non ce l’ho nemmeno ora.

«Selvatica!»

All’epoca non capivo e ancora adesso faccio fatica. Comunque certi appellativi ti rimangono appiccicati addosso e ti formano, anche se non lo vuoi.

«Uè, Africa!»

«Uè, Senegal!»

«Uè, Ringo!»

E ogni altra volta in cui qualcuno ha cercato di fare il simpatico con me tentando un approccio. Da piccola non ho mai saputo rispondere, oggi dico solo “no” e tutto quello che viene dopo non conta più.

«No, tu non giochi con noi perché sei negra!»

Festa di compleanno, stavamo giocando a pallavolo in giardino, mi tolsero la palla con questa scusa.

«Vedrai, le cose cambieranno con il tempo. Di sicuro i figli dei tuoi figli non avranno questi problemi e non dovranno più lottare per questo.»

Sono felicissima all’idea che i miei figli potranno vivere meglio i loro tempi, ma io vivo adesso e non mi va di aspettare.

«Non puoi scrivere un tema in cui dici che il razzismo è tutto sbagliato!»

Avrebbe dovuto insegnarmi italiano e storia. Invece ci dava 5 nei temi e saltava i paragrafi “noiosi” di storia. Avevo quattordici anni e dirmi che non sapevo scrivere fece risvegliare una rabbia sotterranea.

«No, questa non la voglio perché è negra. Dai, portatemi da un’altra.»

Festa studentesca, un ragazzo visibilmente ubriaco mi guarda e pronuncia questa frase rivolto ai suoi amici. Come se non fossi lì davanti a lui a sentire quelle esatte parole. A tratti, minuscoli e impercettibili, fa ancora male.

[…] «Fammi indovinare, dal tuo viso devi essere… senegalese? Dai tuoi occhi devi essere… nigeriana? Con questo corpo sarai di sicuro congolese!»

All’inizio, quando accadeva, immaginavo di essere segretamente originaria di altri Paesi, ma così facendo il cuore saltava un battito e aprivo piccole crepe. Quando ho smesso, ho iniziato a rispondere educatamente, chiedendo di smetterla. Di contro mi è stato domandato di rivelare le mie origini. Ho smesso di farlo quando mi sono resa conto che chi sono, lo devo ricordare solo a me, e gli altri potrebbero anche finirla di pensare di star giocando alla lotteria.

[…] «Non posso assumerti perché, sai com’è, i miei clienti potrebbero rimanerci male.»

Cercavo un lavoro, era estate, ero sfinita e avevo finito molte altre cose. Ci ero rimasta male anche io ma non avevo trovato le parole per dirlo.

«Comunque i neri puzzano. Cioè, tu no, ma i neri in generale puzzano.»

Quando chiesi a casa se lavasse meglio la doccia o la vasca da bagno non spiegai a fondo il motivo di quella domanda. Ma la risposta rincuorò i miei pochi anni e quella convinzione terrificante.

«Ehi, senti, ma non è che hai l’AIDS o cose del genere? Visto che sei dell’Africa, sai, vorrei essere sicuro.»

Un ragazzo con cui sono uscita qualche volta mi ha chiamato nel bel mezzo della notte per farmi solo questa unica domanda. Poi ha riattaccato.

Ci sono certe parole, certi toni che sembrano innocui e leggeri e invece sono male trasparente. Chi li pronuncia non li vede ma si appiccicano, rimangono e non se ne vanno. A volte per un po’, altre volte mai. Non c’è una cura; continueranno a essere e a esserci, ma segnarli da qualche parte, renderli reali nel loro dolore, per quanto possa sembrare poco è già qualcosa. Un esercizio di memoria, una sofferenza necessaria.

[…] Ho un cassetto pieno dei miei “mali trasparenti”. Questi sono solo alcuni, i più grandi e i più piccoli. Quelli che se ne sono andati e quelli che ancora mi fanno saltare un battito. Ci sono, li odio, mi spezzano quando non lo voglio, si rigenerano e non so mai spiegarli. Li ho messi qua per ricordarmi, per ricordargli che anche se non li so dire li posso scrivere […].


Espérance Hakuzwimana Ripanti, E poi basta. Manifesto di una donna nera italiana, People, Gallarate (VA) 2019, pp. 211-215


a. Quali sono le discriminazioni riportate dall’autrice e perché non devono essere considerate “innocue” o “involontarie”?

b. Perché l’autrice chiama le discriminazioni subite “mali trasparenti” e qual è l’importanza di metterle per iscritto?

c. Secondo te che ruolo hanno questi “mali trasparenti” nel contribuire a creare l’identità dell’autrice?

d. In base anche a quello che hai imparato in questa unità, perché questo tipo di discriminazioni sono pericolose e secondo te che cosa bisogna fare per evitare questo tipo di atteggiamenti ed episodi di razzismo?

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane