T1 - Richard Sorenson, Educare alla non aggressività

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Richard Sorenson

Educare alla non aggressività

In questo brano, l’antropologo Richard Sorenson esplora alcuni aspetti della sua ricerca etnografica tra i Fore della Nuova Guinea. Qui descrive le modalità in cui i bambini fore vengono cresciuti dai loro genitori e mostra come un modello di crescita non-aggressivo, incentrato sullo stretto contatto fisico, sia fondamentale per la creazione dell’organizzazione sociale fore, basata su una relazione cooperativa e una libertà esplorativa caratteristiche già dall’infanzia.

[…] La scoperta fondamentale è stata che i bambini più piccoli restavano in contatto corporeo quasi continuo con la loro madre, i suoi familiari o le sue compagne di lavoro nell’orto. […] Ed essi non vengono messi da parte neppure durante lo svolgimento di altre attività, come la preparazione del cibo o il trasporto di oggetti anche pesanti. Restando a stretto e ininterrotto contatto fisico con quelli che stanno loro attorno, i loro bisogni basilari – riposo, nutrimento, stimolazione e sicurezza – vengono continuamente soddisfatti senza problemi. Poiché tutti i bambini fore hanno una possibilità costante d’interscambio tattile, ben prima di poter parlare essi comunicano bisogni, desideri e sentimenti alle persone che si occupano di loro tramite il tatto e il movimento fisico. […]

La capacità di parlare emerge a tempo debito, tuttavia nel periodo precedente si stabilisce un modello fondamentale di rapporto umano che è alla base dello stile di vita fore e lo modella. Questo modello “sociosensuale” istituisce un rapporto molto intimo con le persone circostanti e pare costituire il fondamento di quel “sesto senso” che tiene insieme i gruppi attraverso una spontanea e affettuosa spartizione di cibo, strumenti e piacere. L’economia cooperativa, le relazioni umane di tipo consensuale, l’ordine sociale egualitario emergono dalla condizione iniziale di relazione tattile. L’alto grado di contatto fisico che inizia alla nascita può dunque essere stato essenziale nel determinare lo sviluppo dello specifico modello sociale e comportamentale fore. Gli effetti di questo tipo di precoce input esperienziale si dipanano come un filo continuo attraverso l’infanzia e l’adolescenza dei Fore e culmina alla fine nel loro modo di vita protoagricolo. […]

Un altro filo essenziale corre dalla prima infanzia in avanti ed è la libertà concessa al bambino di esplicare un’attività esplorativa secondo la sua iniziativa e i suoi interessi. […] Sviluppandosi senza alcuna interferenza o sorveglianza, questa ricerca esplorativa personale s’imbatte liberamente in tutto ciò che sta attorno al bambino, comprese le asce, i coltelli, i machete e il fuoco. Stupefatto, dapprima, dalla capacità mostrata dai bambini piccoli nell’agire in modo così indipendente senza farsi male, ho poi cominciato a capire come anche questa abilità derivi dall’ambiente infantile di stretta vicinanza fisica e di interazione tattile. Il tatto e il contatto corporeo si prestano naturalmente, come s’è detto, alla soddisfazione dei bisogni elementari dei bambini e nel contempo forniscono la base per un genere precoce di esperienza comunicativa. Essendo in contatto fisico continuo con persone impegnate nei compiti quotidiani, i piccoli cominciano ben presto ad apprendere le forme di comportamento e di reazione caratteristiche della vita fore. Elementi costitutivi di questo processo di apprendimento sono il tono muscolare, il movimento, l’atteggiamento; non l’istruzione formale. Circondati da continue e ampie possibilità d’esperienza cinestetica spontanea, fin dalla prima infanzia i bambini cominciano a indagare e a esplorare, secondo la loro iniziativa e la loro inclinazione, quegli oggetti e quelle attività che, attorno a loro, ne attraggono l’attenzione. […]

L’apprendimento, iniziato come sintonizzazione fisica con chi si prende cura del bambino, prosegue tramite la sintonizzazione socioconsensuale con i coetanei. Da ciò deriva l’approccio cooperativo consensuale al cibo, al rifugio, al piacere, che caratterizza la vita dei Fore, e all’associazione volontaria degli adulti che cooperano e si separano per sfruttare le terre vergini. In questo modo l’approccio non-autoritario dei Fore all’allevamento del bambino sorregge la loro esistenza protoagricola, forgiando una personalità esplorativa, non repressa, idonea alla segmentazione sociale, funzionale all’uso della circostante situazione ecologica vergine.

Rispondi

1. Che ruolo ha il contatto fisico nella crescita dei bambini fore?

2. Qual è la connessione tra la relazione tattile, l’economia cooperativa e l’ordine sociale egualitario?

3. Quali sono gli elementi costitutivi del processo di apprendimento delle forme comportamentali caratterizzanti la vita dei Fore?

4. Da che cosa deriva l’approccio cooperativo che caratterizza la vita fore?

 >> pagina 109 

|⇒ T2  Margaret Mead

Cultura e generi

In questo brano, l’antropologa Margaret Mead espone uno studio effettuato fra tre società della Nuova Guinea, quella degli Arapesh, dei Mundugumor e dei Ciambuli negli anni 1931-1933. Mead esplora come vengono considerate le relazioni di genere e i ruoli sessuali tra queste tre società “non occidentali” e formula l’idea che le differenze tra i sessi siano costruzioni sociali. Oltre a ciò, mostra come gli attributi che vengono quasi biologicamente conferiti agli uomini e alle donne non sono altro che caratteri arbitrari e in mutamento.

[…] Abbiamo visto che gli Arapesh, uomini e donne, presentano una personalità alla quale […] si può riconoscere un carattere materno (se si considera il comportamento nei confronti della prole) e femminile (se si considera il comportamento sessuale). Abbiamo trovato che tanto gli uomini quanto le donne sono educati alla collaborazione, alla non aggressività, alla comprensione delle necessità e delle esigenze altrui. Nulla fa pensare che, in questo popolo, il sesso sia una potente forza motrice, né nell’uomo né nella donna. In netto contrasto con queste caratteristiche, abbiamo constatato che fra i Mundugumor tanto gli uomini quanto le donne si sviluppano in individui duri, crudeli, aggressivi, con una carica sessuale positiva e gli aspetti materni ridotti al minimo. Tanto gli uomini quanto le donne si avvicinano a un tipo di personalità che, nella nostra cultura, può apparire soltanto in un maschio indisciplinato e molto violento […].

Nella terza tribù, i Ciambuli, abbiamo trovato il vero e proprio rovescio della nostra cultura, con la donna in veste di partner dominante, direttivo, impersonale, e l’uomo nella posizione di minore responsabilità e di soggezione sentimentale. Queste tre situazioni diverse e contrastanti suggeriscono una conclusione molto precisa. Se quegli elementi di temperamento che noi, per tradizione, consideriamo femminili – come la passività, la sensibilità, la propensione a curarsi dei bambini – possono tanto facilmente, in una tribù, entrare a fare parte del carattere maschile, e in un’altra tribù essere invece esclusi sia dal carattere maschile sia da quello femminile, almeno per quanto riguarda la maggioranza degli uomini e delle donne, viene a mancarci ogni fondamento per giudicarli legati al sesso. Conclusione, questa, rafforzata da ciò che abbiamo constatato fra i Ciambuli, dove c’è un vero e proprio rovesciamento della posizione di predominio dei due sessi, nonostante vi esistano istituti formalmente patrilineari […].

Presso gli Arapesh, come presso i Mundugumor, non abbiamo trovato che un atteggiamento qualsiasi fosse giudicato specifico dell’uno o dell’altro sesso. Non vi è divisione in classi d’età, alle quali si addica questo o quel motivo o atteggiamento morale. Non v’è una classe di sacerdoti o di veggenti, che si sia organizzata per proprio conto e tragga ispirazione da fonti psicologiche inaccessibili alla maggioranza della gente. […] Come non v’è idea di casta o rango, che ponga l’uno a un livello diverso dall’altro, così non si pensa che alle differenze sessuali debba accompagnarsi un modo di sentire diverso. Manca qualsiasi immaginazione sociale che attribuisca personalità diverse a gruppi diversi della comunità, siano essi gruppi di sesso, d’età o di casta. Quando però consideriamo i Ciambuli, troviamo una situazione che, sebbene inconsueta sotto un certo riguardo, da un altro punto di vista è più intelligibile. I Ciambuli, se non altro, hanno fissato il concetto della differenza sessuale, ravvisando in questa l’elemento formativo della personalità sociale. […]

Non vi è ragione di credere che ogni donna ciambuli nasce con un temperamento dominante, organizzatore e amministratore, con una sessualità positiva e tale da farle prendere l’iniziativa nei rapporti sessuali, e sia precisa, vigorosa, dotata di senso del possesso, pratica e impersonale nel modo di pensare e di agire; eppure la maggior parte delle ragazze ciambuli rivela, crescendo, queste caratteristiche. Parimenti, mentre nulla dimostra che gli uomini ciambuli siano per natura gli abili e sensibili attori di una commedia rappresentata a beneficio delle donne, la maggior parte dei ragazzi ciambuli manifesta prevalentemente la civetteria dell’attore, che ama rappresentare la sua parte. Grazie al fatto che la formulazione ciambuli delle qualità e delle tendenze dei due sessi è in contrasto con le nostre idee consuete, riusciamo a riconoscere con chiarezza che la cultura ciambuli assegna arbitrariamente certe caratteristiche umane alla donna e, non meno arbitrariamente, certe altre all’uomo.

Rispondi

1. Quali sono le differenze tra maschi e femmine nelle società Arapesh, Mugubuntur e Ciambuli? Che cosa nota di particolare l’autrice?

2. Che cosa significa che tra i Ciambuli esiste un rovesciamento della posizione di predominio dei sessi? Perché è importante come scoperta etnografica?

3. Perché i Ciambuli assegnano arbitrariamente alcune caratteristiche umane alla donna e all’uomo?

4. Secondo te, che importanza ha questo lavoro comparativo per lo studio antropologico sul genere?

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 2
Antropologia, Sociologia, Psicologia – Secondo biennio del liceo delle Scienze umane