T1 - Claude Lévi-Strauss, Il tabu dell’incesto fra natura e cultura

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  Claude Lévi-Strauss

Il tabu dell’incesto fra natura e cultura

Il libro da cui è tratto questo brano, pubblicato per la prima volta nel 1949, è tra le opere più importanti di Lévi-Strauss, che con esso cominciò ad acquisire fama internazionale. In questo lavoro, l’antropologo riflette, a partire dalla critica dei suoi predecessori, sul matrimonio e sulla proibizione dell’incesto in relazione al passaggio dalla natura alla cultura che caratterizza gli esseri umani.

Di tutti i principi avanzati dai precursori della sociologia nessuno forse è stato rifiutato con tanta sicurezza quanto quello relativo alla distinzione tra stato di natura e stato di società. In effetti non ci si può riferire senza contraddizione ad una fase evolutiva in cui l’umanità, pur mancando di ogni organizzazione sociale, avrebbe tuttavia sviluppato forme di attività che sono parte integrante della cultura. [...] L’uomo è un essere biologico e contemporaneamente un individuo sociale. Tra le risposte che egli fornisce agli stimoli esterni o interni, alcune dipendono integralmente dalla sua natura, ed altre dalla sua condizione: così non si farà fatica a riconoscere la rispettiva origine del riflesso pupillare e della posizione assunta dalla mano del cavaliere al semplice contatto con le redini.

[...] Nella maggioranza dei casi [...] la risposta del soggetto costituisce una vera e propria integrazione delle radici biologiche e di quelle sociali del suo comportamento. [...] Dove finisce la natura? Dove comincia la cultura? Si possono concepire parecchi modi di rispondere a questa duplice domanda; ma tutti sino ad ora si sono dimostrati singolarmente deludenti. [...]

Nessuna analisi reale permette dunque di cogliere il punto di passaggio tra fatti di natura e fatti di cultura, e di riconoscere il meccanismo della loro articolazione. Ma la discussione che precede non ha fruttato solo questo risultato negativo: con la presenza o l’assenza della regola nei comportamenti sottratti alle determinazioni istintive, essa ci ha fornito il criterio più valido per riconoscere gli atteggiamenti sociali. Ovunque si manifesti la regola, noi sappiamo con certezza di essere sul piano della cultura. Simmetricamente, è facile riconoscere nell’universalità il criterio della natura: in effetti tutto ciò che è costante presso tutti gli uomini sfugge di necessità al dominio dei costumi, delle tecniche e delle istituzioni che differenziano ed oppongono i gruppi. In difetto di analisi reali, il duplice criterio della norma e della universalità fornisce il principio di una analisi ideale, che, almeno in certi casi ed entro certi limiti, può permettere di isolare gli elementi naturali dagli elementi culturali che intervengono nelle sintesi di ordine più complesso. Poniamo dunque che tutto ciò che è universale, presso l’uomo, appartiene all’ordine della natura ed è caratterizzato dalla spontaneità, e che tutto ciò che è assoggettato ad una norma appartiene alla cultura e presenta gli attributi del relativo e del particolare. Ci troviamo allora di fronte ad un fatto, o piuttosto ad un insieme di fatti, che, alla luce delle definizioni precedenti, non è lontano dall’apparire come uno scandalo: intendiamo riferirci a quel complesso insieme di credenze, costumi, norme e istituzioni, che viene sommariamente designato con il nome di proibizione dell’incesto. Infatti la proibizione dell’incesto presenta – senza il minimo equivoco e indissolubilmente riuniti – i due caratteri nei quali abbiamo riconosciuto gli attributi contraddittori dei due ordini esclusivi: essa costituisce una regola, ma è una regola che, unica tra tutte le regole sociali, possiede contemporaneamente un carattere di universalità. Che la proibizione dell’incesto costituisca una regola è un fatto che non richiede dimostrazione; basti ricordare che il campo di applicazione del divieto di matrimonio tra parenti prossimi può variare a seconda del modo con cui ogni gruppo definisce che cosa esso intenda per parente prossimo, ma che questo divieto è pur sempre presente in qualsiasi gruppo sociale, pur se è sanzionato da penalità che sono indubbiamente variabili, e che possono andare dalla esecuzione immediata dei colpevoli alla riprovazione diffusa e talvolta soltanto alla derisione. [...] Il matrimonio non è mai autorizzato tra tutti i parenti prossimi, ma soltanto all’interno di certe categorie (sorellastra ad esclusione della sorella, sorella ad esclusione della madre, ecc.); inoltre queste unioni consanguinee hanno o un carattere temporaneo e rituale, o invece un carattere ufficiale e permanente, ma in quest’ultimo caso restano privilegio di una categoria sociale molto ristretta.

[...] Ecco dunque un fenomeno che presenta la caratteristica distintiva dei fatti di natura, e contemporaneamente la caratteristica distintiva – che teoricamente contraddice la precedente – dei fatti di cultura. La proibizione dell’incesto possiede tanto l’universalità delle tendenze e degli istinti, quanto il carattere coercitivo delle leggi e delle istituzioni. [...] Poche prescrizioni sociali hanno conservato in misura comparabile, e fin nel seno della nostra società, l’aureola di terrore reverente che si lega alle cose sacre.

Rispondi

1. Perché, negli esseri umani, è difficile distinguere nettamente il piano della natura da quello della cultura?

2. Quali sono, secondo Lévi-Strauss, i due criteri tramite i quali possiamo riconoscere, rispettivamente, gli atteggiamenti che rispondono alla cultura e quelli che rispondono alla natura?

3. Perché la proibizione dell’incesto sarebbe, secondo l’autore, un fenomeno contemporaneamente naturale e sociale? Qual è l’elemento universale e che cos’è invece che varia a seconda della cultura in cui si manifesta?

4. Alla luce del testo e di quanto studiato nell’unità, secondo te, i rapporti di parentela sono definiti secondo natura o secondo cultura? Le relazioni tra coniugi, oppure tra genitori e figli hanno le stesse caratteristiche in tutto il mondo oppure dipendono dall’organizzazione sociale?

 >> pagina 290 

|⇒ T2  Christine Hugh-Jones

Gli antenati anaconda

Il libro Dal fiume di latte è il frutto di una lunga ricerca condotta da Christine Hugh-Jones tra il 1968 e il 1970, su un gruppo di nativi tukanoani della regione del Vaupés in Amazzonia. In quest’opera l’autrice mette in evidenza i modelli culturali che stanno alla base dei rapporti di parentela, della religione, dell’economia e della politica, e che fanno della società pirá-paraná un sistema integrato, in cui la struttura sociale e la cosmologia si riflettono l’una nell’altra.

Gli Amerindi del Pirá-paraná concepiscono la loro esistenza all’interno d’un cosmo ordinato creato nel passato ancestrale. Il loro mondo esperienziale odierno è un residuo o prodotto di fatti ancestrali narrati nel mito, nei canti rituali e nelle invocazioni sciamaniche. Dal loro angolo visuale, questo cosmo e le imprese mitiche ad esso associate dominano la loro vita sociale attuale e forniscono una cornice morale alla loro attività quotidiana. In questa sede io percorro la strada inversa: [...] anziché dalla cosmologia, parto dalla formazione delle unità di base della struttura sociale, le famiglie e i gruppi patrilineari, attraverso il matrimonio e la procreazione. [...] Anche se assumo i principi basilari della struttura sociale come primari e considero il cosmo come un loro riflesso, tuttavia, non voglio con ciò sottintendere che tra i primi e il secondo esista una semplice relazione di causa ed effetto, o che li si debba concepire alla stregua di “infrastruttura” e “sovrastruttura”. [...] Dimostro che “struttura sociale”, “parentela e matrimonio”, “ciclo dell’esistenza”, “politica”, “economia” e “religione” sono integrati a livello ideologico esattamente come sono altrettanto inestricabilmente intrecciati nel comportamento concreto. [...] Nel caso degli Indiani del Vaupés [...], infatti, le domande su quasi ogni aspetto dell’esistenza trovano risposta nella narrazione degli episodi mitici, mentre nel mito stesso non si opera alcuna congrua separazione in istituzioni discontinue. [...]

A tutti i livelli fino a includere la fratria1, l’esogamia è una funzione fondamentale delle unità sociali basate sulla discendenza patrilineare. [...] Nell’area del Pirá-paraná ogni gruppo esogamico al di sopra del livello di sib2 proviene da un antenato anaconda. [...] Ci sono differenti versioni dell’origine d’ogni dato gruppo e il più che io posso fare è descrivere a grandi linee la natura degli anaconda ancestrali.

Essi si originarono a oriente, al di là della Porta d’acqua (odo sohe) che si trova alla foce del Fiume di latte (Õhekoa Riaga). Il Fiume di latte è il corso d’acqua principale di questa terra e in esso confluiscono tutti gli altri fiumi: gli Indiani che si sono spinti molto a valle in compagnia di bianchi lo identificano con il corso principale del Rio delle Amazzoni. Gli anaconda ancestrali risalirono il Fiume di latte, fermandosi in numerosi siti contraddistinti da rocce, rapide e altri punti di riferimento. Questi siti, presso i quali gli antenati danzarono, sono associati a eventi mitici accaduti nei tragitti ancestrali. [...] La separazione dei percorsi si fa più marcata verso la fine, poiché gli anaconda si separarono e risalirono fiumi diversi, mentre, infine, i sib originati da ciascun anaconda furono via via depositati lungo il percorso. [...] Il processo di popolamento della terra è detto “risveglio degli uomini” (masa yuhi) e ciascun sib riconosce in una serie di siti le proprie “case del risveglio degli uomini”. In questi siti, gli anaconda uscirono dall’acqua, diventarono gruppi di persone ancestrali e danzarono. [...]

Esistono varie teorie indiane sull’esatta natura degli anaconda ancestrali e sui mezzi di “nascita” dei sib. Si concorda in generale che i sib sono rappresentati da sezioni del corpo dell’anaconda in modo tale che la testa o la lingua siano destinate al sib primogenito (capi), e così via in ordine gerarchico discendente fino alla coda, che è destinata al sib ultimogenito (servi).

[...] Una visione comune è che gli anaconda ancestrali fossero anaconda in acqua ma che ogniqualvolta approdavano a terra nelle case del risveglio venivano trasformati in gruppi di persone che danzavano ed eseguivano un rituale. Questa concezione comporta che il deposito o la dispersione finale dei sib sulla terra siano ritenuti come la conclusione irreversibile di una trasformazione graduale attuata uscendo dall’acqua e rientrandovi molte volte. [...] Comunque, nonostante il fermo convincimento che i “gruppi esogamici” abbiano antenati anaconda ed origine acquatica, i nomi degli anaconda stessi lasciano supporre una più complessa classificazione dei “gruppi esogamici” in rapporto agli “habitat cosmici”: acqua, terra e cielo. E pur essendo impossibile ordinare i “gruppi esogamici” in tre categorie ben definite ed escludentesi l’un l’altra su questa base, [...] nondimeno gli Indiani, sia nella conversazione spontanea che nel mito, si riferiscono a queste categorie come se riflettessero categorie di discendenza. Sostengono, per esempio, che il Popolo dell’anaconda acquatico (i Mukuna) e il Popolo dell’anaconda pesce (i Bará) non devono contrarre intermatrimonio essendo un unico popolo poiché provengono tutti dall’interno dell’acqua.

Rispondi

1. Che relazione c’è, nella concezione degli Amerindi del Pirá-panará, tra l’anaconda e gli esseri umani?

2. Che cos’è il Fiume di latte e che ruolo ha nei miti sull’origine dei sib?

3. Qual è l’analogia tra le parti del corpo dell’anaconda e l’ordine gerarchico dei diversi gruppi di discendenza (sib)?

4. Che rapporto c’è, nella visione della società presentataci dall’autrice, tra parentela, ambiente e cosmologia?

 >> pagina 292 

|⇒ T3  Edward Evan Evans-Pritchard

Il sistema politico dei Nuer

La famosa etnografia di Evans-Pritchard sui Nuer ha contribuito in maniera determinante allo studio dei sistemi politici e di parentela. In questo brano l’autore esamina il raggruppamento dei Nuer in federazioni di tribù tra le quali sembrava vigere l’anarchia. L’analisi fa emergere tuttavia al cuore della loro organizzazione politica un sistema di lignaggi elastico e dinamico, incentrato sul conflitto come elemento di aggregazione sociale.

I Nuer, che chiamano se stessi Nath (sing. ran), sono un popolo di circa 200.000 anime. Vivono nelle paludi e nelle vaste savane che si estendono ai lati del Nilo, a sud del punto di affluenza del Sobat e del Bahr el Ghazal e sulle sponde di questi due fiumi. Sono alti, longilinei e brachicefali [...]. Culturalmente sono simili ai Dinka, con i quali formano una sottodivisione del gruppo nilotico che occupa una parte dell’area culturale dell’Africa orientale, le cui caratteristiche ed estensione, attualmente, non sono ben definite. [...]

Le [loro] istituzioni politiche costituiscono l’argomento principale di questo libro, ma non è possibile capirle senza considerare l’ambiente e i modi di vita. [...]

Il sistema politico nuer include tutti i popoli con i quali si trovano ad aver contatto. Per “popolo” intendiamo un insieme di persone che parlano la stessa lingua, hanno, per altri aspetti, la stessa cultura e si considerano distinti da aggregati analoghi. [...] I Nuer e i Dinka sono divisi in numerose tribù, che non hanno alcuna organizzazione comune o alcuna amministrazione centrale; si può dire che, politicamente, essi siano una congerie di tribù che talvolta formano federazioni elastiche. [...]

Il segmento politico più grande dei Nuer è la tribù. Non vi è gruppo di maggiore entità che, oltre a riconoscersi quale comunità locale distinta, affermi il proprio obbligo di unirsi in guerra contro gli estranei e riconosca il diritto dei propri membri al risarcimento delle offese. Ogni tribù si divide in numerosi segmenti territoriali, i quali sono qualcosa di più di semplici divisioni geografiche, perché i loro membri si considerano comunità distinte e talvolta agiscono come tali. [...] I villaggi sono le unità politiche più piccole. Un villaggio è costituito da gruppi domestici che occupano frazioni, casate, capanne.

[...] Il “capo” è una persona sacra, senza autorità politica. Infatti i Nuer non hanno un governo e il loro stato si può definire un’anarchia ordinata. [...] I “capi dalla pelle di leopardo” e i profeti sono gli unici specialisti rituali che, a nostro avviso, abbiano un’importanza politica. [...]

I segmenti di tribù hanno molte delle caratteristiche della stessa tribù. Ognuno ha un nome proprio, un sentimento comune e un territorio unico. Abitualmente, una sezione è nettamente divisa da un’ampia striscia di brughiera o da un fiume. [...]

Più piccolo è il segmento tribale e più compatto è il suo territorio, più vicini i suoi membri, più vari e più intimi i loro vincoli sociali generali e, di conseguenza, più forte il loro sentimento di unità. [...]

Ogni segmento è esso stesso segmentato, e tra le sue parti vi è opposizione. I membri di un segmento si uniscono per combattere i segmenti adiacenti dello stesso ordine, e si uniscono con questi contro le sezioni maggiori. [...]

Questo principio della segmentazione e dell’opposizione dei segmenti è lo stesso in ogni sezione di tribù e si estende, oltre la tribù, alle relazioni tra tribù, specialmente tra le piccole tribù nuer occidentali, che si uniscono più facilmente e frequentemente per le razzie contro i Dinka e per combattersi a vicenda, di quanto non facciano le più grandi tribù ad oriente del Nilo. Un membro della sezione Fading della tribù Bor, per farvi un esempio, mi disse: «Noi combattiamo contro i Rengyang, ma quando uno dei nostri due gruppi combatte contro un terzo nemico, ci uniamo per combattere insieme».

[...] Possiamo concludere che una tribù esige dai suoi membri lealtà solo nelle lotte intertribali e nelle guerre contro i Dinka. In tempi normali, un Nuer pensa e agisce da membro di gruppi locali assai più piccoli, con i membri dei quali i suoi contatti sono molteplici.

[...] Le lotte inter-comunitarie e le faide che ne derivano sono parte delle relazioni politiche esistenti tra i segmenti di un’organizzazione comune tribale. [...] In questi combattimenti vi sono sempre dei morti e così si iniziano le faide di sangue. Nell’interno di una tribù c’è un metodo per comporle con un arbitrato. [...] Appena uno uccide un altro, si affretta ad andare alla casa del “capo dalla pelle di leopardo” per purificarsi dal sangue versato e ottenere asilo contro la rappresaglia. [...] Il capo quindi fa visita ai parenti del morto (jiran) e chiede loro di accettare il bestiame in compenso. [...] La via del compromesso ha anche il sostegno del costume tradizionale. Tuttavia i parenti stretti devono rifiutare, finché il capo non abbia esaurito i suoi argomenti. [...]

In teoria il pagamento è di quaranta o cinquanta capi di bestiame, ma è improbabile che si paghino tutti subito, e il debito si protrae per anni. Le cerimonie di riparazione si compiono quando si siano consegnati circa venti capi, dopo di che i parenti dell’uccisore possono di nuovo andare in giro senza timore di essere assaliti, almeno per il momento, perché non si è mai liberi dal pericolo della vendetta finché tutto il bestiame non sia stato pagato e forse nemmeno dopo.

Rispondi

1. Con quale appellativo apparentemente paradossale Evans-Pritchard definisce lo stato dei Nuer e perché?

2. Quali sono le caratteristiche generali della tribù nel sistema politico nuer?

3. Perché la guerra svolge un ruolo fondamentale nel sistema di segmentazione e opposizione che caratterizza le tribù nuer?

4. Qual è la funzione del “capo dalla pelle di leopardo” e perché Evans-Pritchard ritiene che sia il solo capo ad avere un’importanza politica?

 >> pagina 294 

|⇒ T4  Janet Carsten

After Kinship

Nello studio comparato After Kinship, l’antropologa Janet Carsten presenta come, in contesti etnografici specifici, in tutte le parti del mondo, le persone articolino e si impegnino nelle relazioni che sono importanti per loro nella vita di tutti i giorni e che rendono quindi la parentela centrale nella costruzione della persona. L’innovazione dell’autrice è uno studio comparativo delle relazioni di parentela che prende in esame come i nuovi sviluppi tecnologici riproduttivi abbiano reso meno evidente la distinzione tra parentela “biologica” e “sociale”, che gli antropologi hanno spesso utilizzato nei loro studi.

1995 Nottinghamshire, England.

Stephen […], critically ill with bacterial meningitis, lies in a coma on life support machines. His sperm are removed without his prior written consent. Within a few days he is dead. Although he and his wife, Diane […], had been trying to conceive a child before his death, the British Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) refuses to grant permission for Diane […] to undergo artificial insemination using her husband’s sperm. Diane […] challenges the decision in the High Court. In October 1996 the challenge is dismissed on the same grounds as the original HFEA ruling. Diane […] announces her intention to take the ruling to the Court of Appeal: “I think that I have the most right of anybody to my husband’s sperm and I desperately wanted his baby” […]. Sir Stephen Brown, president of the High Court’s Family Division, comments sympathetically: “[…] The refusal to permit her so to do is for her in the nature of a double bereavement. It stirs the emotions and evokes what I believe to be universal sympathy for the applicant”. “Leading fertility expert” Lord Winston describes the decision of the High Court as “cruel and unnatural”. […]


November 1996.

The HFEA rules that Diane […] cannot legally export her husband’s sperm to Belgium for use there. […] Reports emphasize the conflict between the views of the clinicians seeking to help “sometimes desperate individuals to fulfil themselves through having children” and “the inhuman general ethical principles that get in the way” […].


February 1997.

An Appeal Court judgment upholds Diane […]’s right as a European Community citizen to have medical treatment in another member state. She is granted permission to export her husband’s sperm to Belgium and to have treatment there. At the same time, the Appeal Court preempts the possibility of further similar applications by ruling that the extraction and storage of the sperm without [her husband]’s consent had been unlawful. Professor Ian Craft, director of the London Gynaecology and Infertility Centre, calls the decision a “fudge” […]. Pointing out that women have the right to undergo termination of a pregnancy or a hysterectomy without their partner’s permission, he argues that preventing a woman from becoming pregnant in such circumstances is an infringement of individual freedom […].


[This story raises] questions about the nature of kinship […] on the extent to which kinship is part of the pregiven, natural order of things and the extent to which it is shaped by human engagement. […]. In the past, anthropologists have seen the distinction between “social” and “biological” kinship as fundamental to an analytical understanding of this domain. For the most part, anthropologists confined their efforts to understanding the “social” aspects of kinship, setting aside the pregiven and “biological” as falling outside their expertise. But increasingly, this separation, which is undoubtedly central to Western folk understandings of kinship, has itself come under scrutiny.

[This story makes] clear that kinship is far from being simply a realm of the “given” as opposed to the “made”. It is, among other things, an area of life in which people invest their emotions, their creative energy, and their new imaginings. These of course can take both benevolent and destructive forms. […] Kinship involves not just rights, rules, and obligations but is also a realm of new possibilities […]. This sense of infectious excitement, as well as anxiety, afforded by new possibilities emerges clearly when ordinary people engage with technological innovations. I take it as fundamental that creativity is not only central to kinship conceived in its broadest sense, but that for most people kinship constitutes one of the most important arenas for their creative energy.

Rispondi

1. Qual è il dibattito che la storia di Diane genera?

2. Perché l’autrice sceglie questa storia per riflettere sulla natura della parentela?

3. In base anche a quello che hai studiato in quest’unità, perché la parentela è centrale per la costruzione della persona?

4. Secondo te, che cosa intende l’autrice con la frase «per la maggior parte delle persone la parentela costituisce una delle più importanti arene in cui investire la propria energia creativa»?

I colori dell’Antropologia
I colori dell’Antropologia
Secondo biennio e quinto anno del liceo delle Scienze umane