2 - Studi sulla memoria

2. Studi sulla memoria

Alcune importanti ricerche sulla memoria hanno permesso di individuare numerosi modelli e teorie sul funzionamento della memoria.

2.1 LA MEMORIA SENSORIALE

Una prima tipologia di memoria è la memoria sensoriale, ovvero la capacità di registrare informazioni sensoriali (visive, uditive, tattili, gustative, olfattive) per pochi secondi: una via di mezzo tra la percezione e la memoria.
Ciò significa che quando i nostri sensi entrano in contatto con un’informazione, nella mente ne rimane una traccia per un brevissimo lasso di tempo | ▶ APPROFONDIAMO |.
ESEMPIO: se camminiamo per strada in mezzo al traffico vediamo intorno a noi moltissime automobili; quando un’auto esce dal nostro campo visivo, la sua immagine rimane nella nostra mente per circa un secondo. Lo stesso vale se sentiamo il rumore di un clacson o percepiamo l’odore di benzina: queste impressioni restano per qualche istante nelle nostre orecchie o narici.
Le informazioni che non vengono perdute dalla memoria sensoriale vengono poi elaborate dalla memoria a breve termine.

2.2 LA MEMORIA A BREVE TERMINE

La memoria a breve termine rappresenta il primo magazzino ⇒ mnestico ed è in grado di conservare un numero limitato di informazioni registrate dalla memoria sensoriale per circa 20/30 secondi. Vi sono quindi contenuti quei dati transitori utili nell’immediato ma che possiamo poi dimenticare, per esempio il numero di telefono di un ristorante dove vogliamo prenotare un tavolo.
Nel 1956 lo studioso americano George Miller (1920-2012) pubblicò un articolo dal titolo Il magico numero sette + o – due, nel quale affermò che nel nostro meccanismo di processamento delle informazioni esiste una memoria che conserva l’informazione per circa 20 secondi: la memoria a breve termine. Egli formulò la cosiddetta “legge del magico numero sette, più o meno due” (legge di Miller), secondo la quale gli oggetti che possiamo trattenere nella memoria a breve termine sono circa 7 (2 in più o 2 in meno). Ciò significa che i più smemorati ricorderanno 5 unità di informazione, gli altri arriveranno a memorizzarne fino a 9. L’unità di informazione venne definita da Miller chunk (“pezzo”).
ESEMPIO: immagina di trovarti in una nuova classe e che uno dopo l’altro i nuovi compagni si presentino. Ti accorgerai che dopo il settimo diventa difficile ricordare la lista completa dei loro nomi.
Ma come fare a ricordare più di 7 oggetti?
Una strategia efficace è quella del chunking, che consiste nel raggruppare in un unico pezzo (chunk) più oggetti, in modo che siano più facilmente memorizzabili.
ESEMPIO: osserva questa lista di numeri: 2 6 5 3 7 6 9 0 9 8 7 5 4 3. È molto difficile ricordarsela dopo una prima lettura. Osserva ora gli stessi numeri raggruppati: 26 53 76 90 98 75 43. Così facendo dovrebbe esserti più facile ricordare i singoli numeri perché avendoli aggregati (26, 53, 76 e così via) si trasformano in nuove unità di informazione che rimangono nella memoria a breve termine in modo più saldo.

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approfondiamo  DÉJÀ VU

Durante il giorno, circa il 90% delle informazioni con cui entriamo in contatto non vengono immagazzinate nel nostro cervello, ma semplicemente registrate dalla memoria sensoriale.
Il déjà vu (espressione francese che significa “già visto”) è un fenomeno psichico che consiste nella sensazione erronea di aver già vissuto un dato momento o di aver già visto una determinata immagine. In questi casi si sperimenta un forte senso di familiarità, ad alto valore emotivo.
Diversi studi hanno infatti dimostrato che sono proprio le emozioni, e non l’esperienza in sé, a essere già state vissute: la sensazione di déjà vu coincide con la rievocazione emotiva di un momento che abbiamo vissuto in precedenza senza averlo però effettivamente immagazzinato nella nostra memoria.

Il modello modale
Nel 1968 gli psicologi Richard Atkinson e Richard Shiffrin elaborarono il modello modale come descrizione teorica del funzionamento della memoria.
Secondo tale modello le informazioni con cui entriamo in contatto vengono innanzitutto recepite dalla memoria sensoriale. Da qui, attraverso l’attivazione dell’attenzione, possono essere trasferite nella memoria a breve termine, dove vengono mantenute grazie alla ripetizione. Successivamente, se le informazioni vengono codificate per essere memorizzate verranno immagazzinate nella memoria a lungo termine, da cui sarà possibile recuperarle in qualunque momento.
Questo modello si basa sulla teorizzazione che esistano vari stadi di memoria distinti, ciascuno con caratteristiche differenti, e che per accedere ai diversi magazzini mnemonici le informazioni debbano essere elaborate necessariamente in sequenza. Il passaggio da una memoria all’altra, tuttavia, prevede la perdita di alcuni frammenti di informazione, che avverrà in modo più o meno rapido a seconda del tipo di memoria attivata.
Il modello modale di Atkinson e Shiffrin

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La memoria di lavoro
Tutte queste memorie, però, hanno bisogno di essere coordinate. Quando noi mettiamo in atto un comportamento è infatti necessario che attenzione, memoria a breve termine e memoria a lungo termine collaborino affinché questo comportamento sia svolto in modo efficace.
Nel 1974 gli studiosi britannici Alan Baddeley e Graham Hitch hanno ipotizzato, superando in parte il modello modale, l’esistenza di una memoria di lavoro che permette il mantenimento temporaneo di un’informazione specifica che può venire così manipolata. Essa lavora di pari passo con l’attenzione, ma processa, ovvero elabora, informazioni che provengono sia dalla memoria a lungo termine sia da quella a breve termine. In pratica, è una sorta di motore di ricerca della nostra mente.
ESEMPIO: immaginiamo di compiere un’azione finalizzata a uno scopo: preparare lo zaino di scuola per il giorno seguente. Ricordarsi quali sono le materie coinvolge la memoria a lungo termine, cercare per casa i libri e i quaderni necessari a seguire le lezioni implica l’utilizzo della memoria di lavoro. Quest’ultima, quindi, processa le informazioni interagendo con percezione e attenzione (per cercare i libri e i quaderni ci muoviamo nella stanza cercando selettivamente ciò che ci serve).
Ecco uno schema che descrive il funzionamento coordinato di tutte le memorie per produrre una prestazione.
La coordinazione dei tipi di memoria

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2.3 LA MEMORIA A LUNGO TERMINE

Nella memoria a lungo termine sono raccolti tutti gli elementi che non vengono persi dalla memoria a breve termine. Questo contenitore è enorme e potenzialmente infinito. Al suo interno le informazioni vengono immagazzinate in modo permanente.
La memoria a lungo termine si suddivide in due sottocategorie principali: esplicita e implicita.
  • La memoria esplicita, detta anche dichiarativa, contiene tutte le informazioni che possono essere richiamate in maniera volontaria e consapevoleEssa si distingue ulteriormente in:
    memoria episodica, composta dalle esperienze e dai ricordi personali che non richiedono sforzo per essere memorizzati;
    memoria semantica, dove sono custodite le conoscenze generali sul mondo. Essa va esercitata e rafforzata attraverso ripetizioni, concentrazione e attenzione.
    ESEMPIO: il primo giorno di scuola ricordiamo facilmente che cosa ci è successo durante le ultime vacanze estive, mentre può risultare più complicato ricordare quali siano le cause della crisi dell’Impero romano.
    Tutto ciò avviene perché i ricordi della nostra vita sono connotati emotivamente e questo fa sì che assumano un significato molto importante che li rende facili da ricordare. È invece molto più difficile recuperare quelle informazioni che non ci hanno coinvolto direttamente, come la storia antica o una lingua straniera. Per fare questo è necessario ricorrere a strategie che prevedono l’utilizzo di attenzione e concentrazione;
    memoria prospettica, che è rivolta al futuro ed è altrettanto importante di quella che riguarda il passato. Dobbiamo infatti ricordarci quali attività faremo domani per poter gestire i nostri impegni: questa memoria ci permetterà di non accavallare l’appuntamento al cinema con gli amici con la partita di pallavolo.
  • La memoria implicita o procedurale riguarda invece tutte quelle attività che siamo in grado di fare senza nemmeno pensarci, come nuotare o andare in bicicletta. Questo tipo di memoria si consolida a partire dalla pratica e dall’esperienza.

per immagini

Il ricordo di un incendio

Nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1835 un terribile incendio distrusse quasi interamente il Parlamento di Londra. Il pittore William Turner (1775-1851), celebre per le sue innovazioni e i suoi studi sulla luce e il colore, fu testimone dell’evento e riuscì a ritrarlo dal vivo, realizzando dei bozzetti a matita e ad acquarello in cui il Parlamento, avvolto nelle fiamme, veniva rappresentato da diversi punti di vista. In seguito, grazie ai bozzetti realizzati, egli richiamò alla mente l’esatto momento in cui una folata di vento spostava le fiamme che riempivano l’aria; non solo, egli riuscì a trasferire sulla tela le informazioni sensoriali percepite e l’atmosfera densa e carica di drammaticità.

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  esperienze attive

La memoria di quartiere Provate a intervistare delle persone anziane che abitano nel vostro condominio (o nelle case vicine), possibilmente con più di ottant’anni, chiedendo loro di ricordare e di descrivere com’era il quartiere ai tempi della loro adolescenza. Cercate poi su Internet o in biblioteca delle immagini di quello stesso quartiere risalenti all’epoca che vi hanno descritto. Potrete così confrontare le immagini con i ricordi.

IL PERSONAGGIO  Pico della Mirandola

Si racconta che Pico della Mirandola (1463-1494), filosofo e letterato italiano, avesse una cultura immensa, dovuta alla sua capacità di memorizzare brani interi dopo averli letti una sola volta. Pare inoltre che sapesse recitare a memoria l'intera Divina Commedia (più di 14000 versi!) dall'inizio alla fine e poi, una volta terminata, riuscisse a pronunciarla all'indietro, dall'ultima parola alla prima.

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2.4 L’OBLIO

Per oblio (o dimenticanza) si intende l’incapacità totale o parziale di ricordare ciò che si è appreso: le informazioni che prima si possedevano vengono perse e non è più possibile recuperarle. Caratteristica principale dell’oblio è il fatto di essere un fenomeno non temporaneo ma duraturo. Ciò significa che non è corretto parlare di oblio quando non riusciamo a ricordarci subito un’informazione che abbiamo “proprio sulla punta della lingua”: è infatti solo una questione di tempo perché essa riaffiori nella nostra mente.
Per quanto sia spiacevole la sensazione di aver dimenticato qualcosa, è importante sottolineare come l’oblio sia necessario per il funzionamento della mente umana, in quanto svolge una funzione fondamentale, ovvero ci permette di non ricordare, soddisfacendo un principio di economia mentale.
Infatti, se l’oblio non esistesse il nostro cervello sarebbe portato a ricordare tutto: che cosa ci succede, che cosa vediamo, che cosa facciamo, che cosa impariamo e così via. Ciò provocherebbe una sensazione di sovraccarico e spenderemmo molte delle nostre energie nel trattenere tutte le informazioni. È quindi corretto dire che l’oblio svolge una funzione naturale e positiva“facendo spazio” a nuove acquisizioni.

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Le teorie dell’oblio
Negli anni sono state formulate diverse teorie che tentano di spiegare il fenomeno dell’oblio.
  • Teoria del decadimento, per la quale gli eventi ormai molto lontani nel tempo vengono ricordati con difficoltà o dimenticati. Tuttavia, se così fosse, non si spiega come mai gli anziani rievocano nitidamente alcuni episodi della loro giovinezza e come mai tutti noi riusciamo a rammentare facilmente episodi o concetti del lontano passato che ci hanno colpito particolarmente.
  • Teoria dell’▶ interferenza, secondo la quale l’oblio non è legato al trascorrere del tempo ma all’interferenza esercitata da altre informazioni o eventi tra la registrazione e il recupero dell’informazione.
    Questa teoria individua due tipi di interferenza:
    interferenza proattiva, quando ricordi già esistenti interferiscono con quelli più recenti, inibendoli.
    ESEMPIO: quando si impara una nuova lingua, spesso gli errori commessi sono dovuti al tentativo di applicare le regole grammaticali della lingua madre a quella che si vuole imparare;
    interferenza retroattiva, quando ricordi recenti interferiscono con quelli passati.
    ESEMPIO: un esperimento famoso è quello di John Jenkins e Karl Dallenbach del 1924. I due studiosi chiesero a due gruppi diversi di studenti di imparare delle liste di sillabe senza senso: al primo gruppo fu chiesto di memorizzarle al mattino appena svegli, al secondo gruppo invece di farlo la sera, prima di andare a dormire. Il giorno dopo entrambi i gruppi furono interrogati: gli studenti del secondo gruppo ricordavano molte più sillabe del primo. Nel corso della giornata la moltitudine di eventi con cui gli studenti del primo gruppo erano entrati in contatto aveva interferito con il loro apprendimento, favorendo così l’oblio delle informazioni, mentre il sonno, per l’altro gruppo, aveva facilitato la conservazione del ricordo.
Per questo motivo ripassare la sera prima di coricarsi potrebbe essere utile per conservarne meglio il ricordo.
per lo studio

1. Quali sono le caratteristiche principali della memoria a breve termine?
2. Spiega le differenze tra memoria esplicita e memoria implicita.


  Per discutere INSIEME 

Di solito, in classe, quando un insegnante spiega gli alunni prendono appunti e poi studiano sul libro di testo.
Proviamo questa volta a fare un esercizio di memoria: chiedete al vostro professore di scienze umane di spiegare un argomento non presente sul libro e ascoltate la spiegazione senza prendere appunti.
Un paio di giorni dopo provate a riscostruire, prima individualmente e poi in gruppo, i contenuti della lezione.
Vi accorgerete che le informazioni ricordate non sono le stesse per tutti.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 1
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Psicologia e pedagogia - Primo biennio del liceo delle Scienze umane