T1 - I padri del deserto, Ascesi, solitudine e disciplina nel monachesimo orientale

PAROLA D’AUTORE

|⇒ T1  I padri del deserto

Ascesi, solitudine e disciplina nel monachesimo orientale

I detti hanno caratteristiche comuni: la loro autorevolezza non si fonda su basi teoriche, ma sull’incisività e sul radicamento in un’esperienza di vita. Inoltre, invece che offrire risposte definitive, invitano alla ricerca costante e a imparare a leggere la realtà in maniera autonoma. Allo stesso tempo, manifestano punti di vista molteplici su diverse questioni e non possono essere ricondotti a una dottrina unitaria. I detti di seguito riportati si soffermano in modo originale su alcuni aspetti centrali della vita monastica, quali l’ascesi, la solitudine, la disciplina.

1. Molti che vivono sul monte si perdono comportandosi come la gente di città, e molti che vivono nelle città si salvano compiendo le opere del deserto. È possibile, infatti, vivere da soli nell’animo, pur essendo insieme a molti, e vivere in mezzo alle folle con il pensiero, pur essendo da soli.

2. Mentre si svolge la sinassi1 io vedo tutta l’assemblea (ekklesía) come un fuoco, e quando l’assemblea si scioglie, anche il fuoco a sua volta si ritira.

3. Un fratello interrogò un anziano dicendo: “Qual è un’azione buona, perché io possa compierla e vivere grazie a essa?”. E l’anziano gli disse: “Dio sa ciò che è buono. Ma ho sentito dire che uno dei padri interrogò abba Nisteroo il Grande, l’amico di abba Antonio, e gli disse: ‘Qual è un’azione buona, perché io possa compierla?’ E quello gli disse: ‘Non sono tutte uguali le pratiche di vita? La Scrittura dice che Abramo era ospitale e Dio era con lui, che Elia amava la quiete e Dio era con lui, che David era umile e Dio era con lui. Ciò che vedi che la tua anima desidera secondo Dio, fallo e custodisci il tuo cuore’ ”.

4. Un tale, che cacciava bestie selvatiche nel deserto, vide abba Antonio che scherzava con i fratelli e ne fu scandalizzato. Ma l’anziano, volendo convincerlo che di tanto in tanto bisogna accondiscendere ai fratelli, gli disse: “Metti una freccia sul tuo arco e tendilo”. E così fece. Gli disse di nuovo: “Tendilo”; e lo tese. Gli disse di nuovo: “Tendilo”. Il cacciatore gli disse: “Se lo tendo oltre misura, l’arco si spezza”. Gli disse abba Antonio: “Così anche nell’opera di Dio. Se estenuiamo i fratelli oltre misura, si spezzano presto. Bisogna dunque accondiscendere a loro”. All’udire queste parole, il cacciatore fu preso da compunzione2 e se ne andò molto edificato dall’anziano. E i fratelli, fortificati, fecero ritorno al luogo dove abitavano.

Rispondi

1. Che cosa significa il primo detto? Spiega il contenuto con le tue parole.
2. Che cosa indica, secondo te, l’immagine del fuoco nel secondo detto?
3. Che cosa accomuna e cosa distingue Abramo, Elia e David nel terzo detto?
4. Sei d’accordo con le parole rivolte da abba Antonio al cacciatore? Perché?

 >> pagina 591

|⇒ T2  Benedetto da Norcia

Ora et labora

Riportiamo il capitolo 48 della Regola benedettina, dedicato al tema del lavoro quotidiano. Le indicazioni di Benedetto scandiscono il ritmo della giornata, alla ricerca di un equilibrio perfetto tra la preghiera, il lavoro e la lettura, in base ai diversi periodi dell’anno. Alcuni studiosi, infatti, sostengono che il principio ora et labora, che non è di Benedetto ma è stato attribuito ai benedettini successivamente, dovrebbe essere ampliato in ora, lege et labora, cioè “prega, leggi e lavora”.

L’ozio è nemico dell’anima, e perciò i fratelli in certe ore devono essere occupati nel lavoro manuale, in altre nella lettura divina. Di conseguenza riteniamo che entrambe le occupazioni siano ripartite nel tempo con il seguente ordinamento: da Pasqua fino alle calende di ottobre1, uscendo al mattino facciano i lavori necessari dalla prima2 fin quasi all’ora quarta3.
Poi, dall’ora quarta fino all’ora in cui faranno la sesta4, attendano alla lettura. Dopo la sesta, alzandosi da tavola si riposino nei loro letti in assoluto silenzio o, se qualcuno vorrà leggere per conto suo, legga in modo da non disturbare nessuno. Si faccia nona5 un poco in anticipo, verso la metà dell’ora ottava6, e di nuovo lavorino a quello che c’è da fare fino al vespro7. Se le esigenze del luogo o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente di raccogliere le messi8, non se ne affliggano, giacché allora sono veramente monaci, se vivono del lavoro delle proprie mani, come i nostri padri e gli apostoli. Tutto però sia fatto con misura, avendo riguardo per i deboli. Invece dalle calende di ottobre all’inizio della quaresima9 attendano alla lettura fino a tutta l’ora seconda10Dopo l’ora seconda si faccia terza11 e fino a nona tutti eseguano il lavoro che viene loro assegnato. Dato poi il primo segnale dell’ora nona, ciascuno si stacchi dal proprio lavoro e stia pronto finché suonerà il secondo segnale.Dopo il pasto attendano alle proprie letture o ai salmi. Nei giorni di quaresima, dal mattino sino a tutta l’ora terza attendano alle proprie letture e sino a tutta l’ora decima12 eseguano il lavoro che è loro assegnato. In questi giorni di quaresima tutti ricevano dalla biblioteca un libro a testa e lo leggano ordinatamente per intero. Questi libri devono essere dati all’inizio della quaresima. Anzitutto si dia incarico a uno o due anziani di girare per il monastero nelle ore in cui i fratelli attendono alla lettura e di vedere che non si trovi un fratello il quale, preso dall’accidia13, stia a oziare o a chiacchierare e non si applichi alla lettura e non solo sia inutile a sé ma distolga anche gli altri. Se si troverà – non sia mai! – un tipo simile, sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si correggerà, sia sottoposto alla penitenza della regola in modo che gli altri ne siano intimoriti.Né un fratello si accompagni a un altro fratello in ore indebite. La domenica ugualmente tutti attendano alla lettura, tranne coloro che sono incaricati dei vari uffici. Ma se qualcuno fosse così negligente e svogliato da non volere o da non potere raccogliersi o leggere, gli si dia un lavoro in modo che non resti in ozio. Ai fratelli infermi o delicati si assegni un lavoro o un mestiere appropriato, così che essi non stiano  in ozio e neppure restino schiacciati dal peso violento del lavoro o siano tentati di andarsene. La loro debolezza deve essere considerata dall’abate.

Rispondi

1. Quali frasi esprimono con più forza l’importanza del lavoro e il rifiuto dell’ozio? Sottolineale.
2. Quali raccomandazioni Benedetto rivolge all’abate?
3. Quali sono gli atteggiamenti biasimati da Benedetto?

 >> pagina 592

|⇒ T3  Il Corano

I Messaggeri di Dio

Il breve brano che proponiamo, che si trova nelle prime pagine del Corano, chiarisce il rapporto tra l’Islam e le altre religioni del Libro, rivelate attraverso i suoi messaggeri, in particolare Mosè per quanto riguarda l’ebraismo e Gesù figlio di Maria per il cristianesimo.

Questo è il Libro scevro di dubbi dato come guida per i timorati di Dio, – i quali credono nell’Invisibile, eseguono la Preghiera ed elargiscono di ciò che loro abbiamo donato; e che credono in ciò che è stato rivelato a te e in ciò che è stato rivelato prima di te e son certi del mondo dell’Oltre. – Questi sono i ben guidati dal loro Signore, questi sono coloro che prospereranno! […]
In verità noi demmo a Mosè il Libro e gli facemmo successivamente seguire gli altri Messaggeri, e demmo a Gesù figlio di Maria prove evidenti e lo confermammo con lo Spirito di Santità. Ma dunque ogni qual volta un Messaggero vi porta ordini non graditi, voi superbamente vi ribellate e alcuni ne smentite, altri ne uccidete? […] Che pessimo baratto han fatto dell’anime loro, rinnegando ciò che Iddio ha rivelato, invidiosi del fatto che Dio rivela la sua grazia a chi Egli vuole di fra i suoi servi […]. E quando si dice loro: “Credete dunque in ciò che Iddio ha rivelato!”, essi rispondono:
“Crediamo in quel che fu rivelato a noi” rinnegando ciò che è venuto dopo, mentre non è che la Verità che conferma quella che essi già hanno.

Rispondi

1. Come vengono descritti i fedeli?
2. Qual è l’atteggiamento prevalente verso i Messaggeri di Dio secondo il brano?
3. Spiega la frase «non è che la Verità che conferma quella che essi già hanno» alla luce delle informazioni sull’islam contenute nell’unità.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 1
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Psicologia e pedagogia - Primo biennio del liceo delle Scienze umane