2 - Le teorie classiche sulla percezione

2. Le teorie classiche sulla percezione

2.1 LA TEORIA EMPIRISTICA DI VON HELMHOLTZ

Uno dei primi studiosi a occuparsi della percezione fu Hermann von Helmholtz L’AUTORE |, che condusse diverse indagini su tale fenomeno e in particolare sulla percezione visiva, arrivando a formulare la teoria  empiristica.

Secondo von Helmholtz la percezione della realtà è resa possibile grazie all’esperienza che deriva dai nostri contatti con il mondo esterno. In altre parole, è sulla base delle nostre conoscenze pregresse che le sensazioni, che arrivano al nostro cervello, in maniera frammentata e non elaborata, vengono poi associate tra di loro e integrate.

Esempio: è a partire dalla nostra esperienza che unifichiamo le caratteristiche che percepiamo di un libro: piatto, di forma rettangolare, con diversi elementi bianchi e delle righe orizzontali scure a cui siamo in grado di attribuire un significato.

Secondo tale teoria le nostre percezioni sono ipotesi, previsioni di ciò che potrebbe esserci là fuori. Helmholtz chiama tali ipotesi  inferenze inconsce: siccome i segnali sensoriali sono parziali e incompleti, la nostra mente compie, grazie all’esperienza, una sorta di ragionamento (o inferenza) inconsapevole (inconscio, appunto), formulando delle supposizioni. Ciò significa da un lato che i nostri processi mentali rivestono un ruolo fondamentale, perché sono chiamati a interpretare la realtà; dall’altro che le nostre percezioni non sono mai assolutamente certe. Mondo reale e mondo percepito, dunque, non sempre corrispondono.

Riassumendo, secondo tale teoria la percezione è un processo:

  • attivo, poiché il soggetto organizza i dati sensoriali;
  • indiretto, in quanto la percezione si basa su conoscenze pregresse ed è il frutto di ragionamenti inconsapevoli.

l’autore  Hermann von Helmholtz

Hermann von Helmholtz (Potsdam, 1821-Berlino, 1894) è stato un illustre scienziato e studioso.

Sin dalla giovinezza mostra uno spiccato interesse per la matematica e la fisica, ma viene avviato allo studio della medicina per volontà della famiglia.

Diventa professore di Fisiologia e dedica la sua vita a numerose ricerche in tantissimi campi della scienza; in particolare, egli si appassiona di acustica e di ottica, inventando l’oftalmoscopio, che consente di osservare il fondo dell’occhio, e l’oftalmometro, che misura eventuali errori di rifrazione dell’occhio, e pubblicando una vastissima opera intitolata Ottica fisiologica. Notevoli sono i suoi studi sulla propagazione dei segnali nervosi; infine, a lui si deve l’invenzione del risonatore di Helmholtz, particolare cavità acustica creata per lo studio del suono, tutt’oggi utilizzato nei motori di alcuni modelli Porsche.

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2.2 La teoria della Gestalt

La Gestalt è una corrente psicologica nata nella prima metà del Novecento in Germania, il cui interesse principale fu quello di indagare il funzionamento dei processi percettivi degli esseri umani e di scoprire quali regole li governino. Gli esponenti più importanti furono gli psicologi Max Wertheimer L’AUTORE, p. 169 |, Kurt Koffka (1886-1941) e Wolfgang Köhler L’AUTORE, p. 206 |.

La parola tedesca Gestalt significa “forma”, “struttura unitaria”. L’idea fondante della psicologia della Gestalt si può riassumere nella frase: «il tutto è diverso dalla somma delle singole parti» unità 1, p. 26 |. Ciò significa che lo stimolo, percepito nella sua totalità, possiede un determinato significato, che gli viene fornito dalle singole parti che lo compongono; la semplice somma dei significati delle singole parti, tuttavia, non è in grado di dare allo stimolo lo stesso significato. Secondo i teorici della Gestalt, infatti, è la mente umana che conferisce una “forma” unitaria ai diversi stimoli.

Esempio: guardando la figura qui sotto è intuitivo vedere come i singoli elementi disegnati nel riquadro a sinistra abbiano ciascuno determinate caratteristiche; ma è altrettanto facile cogliere come la loro percezione in uno stimolo unitario (nel riquadro a destra) acquisti un significato e delle caratteristiche differenti, che non sono riconducibili alla semplice somma dei singoli elementi.

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Le leggi percettive

La teoria della Gestalt ruota intorno al concetto di totalità e all’assunto che i processi mentali devono quindi essere studiati nella loro interezza. A partire da questa posizione teorica numerosi studiosi della Gestalt, primo tra tutti Max Wertheimer, hanno rintracciato delle leggi che guidano la nostra percezione visiva. Tali leggi percettive sarebbero innate, cioè presenti fin dalla nascita.

  • Legge della vicinanza: la tendenza a raggruppare in un unico stimolo percettivo elementi visivi che ci appaiono tra loro vicini. Nella figura sotto percepiamo due quadrati, e non semplicemente i singoli puntini neri che li compongono.
  • Legge della somiglianza: la tendenza a raggruppare in un unico stimolo percettivo elementi visivi simili tra loro. Nella figura accanto vediamo una successione di righe orizzontali bianche e nere e non semplicemente dei pallini vicini tra loro.
  • Legge della chiusura: la tendenza a unire elementi vicini tra loro percependoli come figure chiuse con confini definiti, ignorando le eventuali interruzioni di tale continuità. Nella figura accanto vediamo un quadrato e un cerchio e non linee dritte o curve tra loro separate.
  • Legge del destino comune: la tendenza a cogliere come parti di un unico stimolo percettivo elementi che si muovono in modo simile tra loro, o in opposizione ad altri. Nella figura accanto vediamo una linea obliqua che “taglia” alcune colonne verticali anziché singole linee di diversa lunghezza e posizione.
  • Legge della “buona forma”: la tendenza ad attribuire a ciò che vediamo caratteristiche di uniformità, semplicità e simmetria. Nella figura B qui accanto percepiamo un quadrato e un cerchio sovrapposti e non, come nella figura A, due forme geometriche irregolari.
  • Legge dell’esperienza passata: l’esperienza passata influenza e modella la nostra percezione dello stimolo visivo; per questo, tendiamo a collegare elementi che secondo la nostra esperienza sono o tendono a essere associati tra loro. Nella figura accanto percepiamo la lettera “E” anziché tre linee spezzate.

È proprio grazie a queste leggi che la nostra capacità percettiva organizza i dati nella nostra mente, in modo da farci comprendere che cosa stiamo osservando.

per immagini

La percezione del colore

Gli studi scientifici sulla percezione visiva della luce e del colore hanno profondamente influenzato il movimento pittorico del Puntinismo, sorto in Francia sul finire dell’Ottocento, e così chiamato perché tutti i colori utilizzati in un dipinto venivano scomposti in minuscoli puntini. I colori non vengono mescolati sulla tavolozza, ma affiancati l’uno all’altro in maniera complementare: è l’occhio umano, infatti, a percepire le diverse sfumature di colore e a cogliere la visione d’insieme. In questo quadro il pittore Georges Seurat (1859-1891), padre fondatore del movimento, adotta questa tecnica.

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I fattori strutturanti

Come riusciamo a distinguere la realtà esterna? Come riusciamo a cogliere gli oggetti che ci circondano, distinti gli uni dagli altri e ognuno con proprie caratteristiche specifiche?

Ciò accade perché la nostra mente è chiamata a prendere una “decisione”, in base alle informazioni che le fornisce il sistema percettivo. Tale decisione è resa possibile da alcuni fattori strutturanti, comuni a tutti gli esseri umani, che permettono di ordinare gli stimoli con cui entriamo in contatto.

  • Organizzazione figura-sfondo: il nostro sistema percettivo è in grado di selezionare i dati sensoriali e distinguere tra figura (in primo piano) e sfondo (in secondo piano). Ciò vale sia per gli stimoli visivi sia per quelli uditivi.

Esempio: quando siamo al ristorante tutti noi siamo in grado di distinguere le parole della persona seduta di fronte a noi lasciando in sottofondo i discorsi delle altre persone presenti nel locale.

Tale capacità è solitamente un’operazione semplice e immediata; a volte, tuttavia, se gli indizi sono scarsi o ambigui, la nostra mente può trovarsi in difficoltà nel decidere quale sia lo stimolo da riconoscere come figura di primo piano e quale sia lo sfondo. Quando ciò accade si parla di percezione fluttuante, poiché la mente “fluttua”, cioè oscilla, tra due ipotesi alternative altrettanto valide rispetto alle informazioni percettive che sta elaborando. L’immagine in alto è un chiaro esempio di questo fenomeno. Che cosa vedete? Due facce nere o un vaso bianco?

  •  Costanza della grandezza: il nostro sistema percettivo mantiene costante la grandezza di un oggetto rispetto agli elementi circostanti anche se viene allontanato o avvicinato. Quando un oggetto si allontana da noi proietta sulla retina immagini sempre più piccole; la nostra mente, tuttavia, corregge l’effetto della distanza, per cui noi non abbiamo l’impressione che l’oggetto si sia davvero rimpicciolito e continuiamo a vederlo delle stesse dimensioni. 

Esempio: provate a mettere le mani davanti agli occhi e poi ad allontanare la mano destra: continuerete a percepirla della stessa grandezza anche se l’immagine retinica deve necessariamente essere più piccola.

Questo meccanismo, tuttavia, funziona solo entro una certa distanza: gli oggetti molto lontani vengono effettivamente percepiti come più piccoli. Ecco un esempio nella figura qui accanto.

  • Costanza della forma: il nostro sistema percettivo è in grado di mantenere costante la forma degli oggetti percepiti anche se cambia l’angolo di visuale. Nella figura a fianco, per esempio, noi comprendiamo benissimo che la forma rettangolare della porta chiusa è uguale a quella della porta socchiusa e aperta, e che pertanto si tratta della stessa porta, anche se le immagini sono differenti.

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  INVITO ALLA VISIONE 
Steven Spielberg, READY PLAYER ONE, 2018

Nel 2045 la vita sulla Terra è diventata insostenibile e le persone si rifugiano in un universo virtuale chiamato Oasis, che regala percezioni completamente diverse da quelle reali. Un giorno l’inventore di Oasis, James Halliday, muore improvvisamente senza lasciare eredi. Il suo avatar, Anorak l’Onnisciente, annuncia che all’interno di Oasis c’è un Easter Egg e chi riuscirà a trovarlo erediterà il comando di questa realtà virtuale. Wade Watts, diciassettenne orfano che trascorre le sue giornate su Oasis, risolve quasi per caso il primo enigma della gara, dando il via a una spericolata caccia al tesoro in una serie di avventure di ogni tipo.

per lo studio

1. Qual è il principio fondamentale della teoria della Gestalt?

2. Spiega la funzione delle costanze percettive.


  Per discutere INSIEME 

Insieme ai tuoi compagni di classe prova a individuare loghi o immagini famose che rispettino alcune leggi percettive della psicologia della Gestalt.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 1
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Psicologia e pedagogia - Primo biennio del liceo delle Scienze umane