2.1 LA TEORIA EMPIRISTICA DI VON HELMHOLTZ
Uno dei primi studiosi a occuparsi della percezione fu Hermann von Helmholtz | ▶ L’AUTORE |, che condusse diverse indagini su tale fenomeno e in particolare sulla percezione visiva, arrivando a formulare la teoria ⇒ empiristica.
Secondo von Helmholtz la percezione della realtà è resa possibile grazie all’esperienza che deriva dai nostri contatti con il mondo esterno. In altre parole, è sulla base delle nostre conoscenze pregresse che le sensazioni, che arrivano al nostro cervello, in maniera frammentata e non elaborata, vengono poi associate tra di loro e integrate.
Esempio: è a partire dalla nostra esperienza che unifichiamo le caratteristiche che percepiamo di un libro: piatto, di forma rettangolare, con diversi elementi bianchi e delle righe orizzontali scure a cui siamo in grado di attribuire un significato.
Secondo tale teoria le nostre percezioni sono ipotesi, previsioni di ciò che potrebbe esserci là fuori. Helmholtz chiama tali ipotesi ▶ inferenze inconsce: siccome i segnali sensoriali sono parziali e incompleti, la nostra mente compie, grazie all’esperienza, una sorta di ragionamento (o inferenza) inconsapevole (inconscio, appunto), formulando delle supposizioni. Ciò significa da un lato che i nostri processi mentali rivestono un ruolo fondamentale, perché sono chiamati a interpretare la realtà; dall’altro che le nostre percezioni non sono mai assolutamente certe. Mondo reale e mondo percepito, dunque, non sempre corrispondono.
Riassumendo, secondo tale teoria la percezione è un processo:
- attivo, poiché il soggetto organizza i dati sensoriali;
- indiretto, in quanto la percezione si basa su conoscenze pregresse ed è il frutto di ragionamenti inconsapevoli.