1 - L’educazione e la relazione educativa

1. L’educazione e la relazione educativa

1.1 CHE COSA SIGNIFICA EDUCARE

L’⇒ educazione è un universo affascinante e complesso. Si manifesta in modalità differenti nei diversi contesti culturali e attraverso le generazioni. Non finisce mai, poiché accompagna tutto il corso dell’esistenza umana. Coinvolge circostanze, istituzioni e spazi diversi. Riguarda ciascuno di noi nel profondo, ma al tempo stesso chiama in causa processi relazionali, sociali e politici.
Parole come “istruzione”, “apprendimento”, “socializzazione”, “trasformazione”, “cura”, “trasmissione” toccano diversi aspetti dell’educazione, ma nessuna ne racchiude tutto il senso. La pluralità di significati è dunque una caratteristica del concetto stesso di educazione. Per questo, più che offrire una definizione chiusa del termine, vogliamo far emergere tutta la sua ricchezza presentando alcune immagini che, nei secoli e con sfumature diverse, sono state usate per descriverla e i concetti chiave che, nel corso del volume, saranno trattati in rapporto ad autori e a prospettive pedagogiche distinte.

La metafora della levatrice
Una delle immagini più popolari usata per descrivere l’educazione è la metafora che l’associa all’arte della levatrice (metafora  maieutica).
Il primo a impiegarla è Socrate (filosofo greco, 470-399 a.C.), il quale paragona il proprio insegnamento all’arte dell’ostetrica: come l’ostetrica aiuta le donne a partorire, così egli opera sulle anime perché mettano al mondo la conoscenza: attraverso le domande “generatrici” del maestro, il discepolo impara a distinguere fra verità e menzogna, a prendere coscienza della propria ignoranza e a mettere in discussione le convinzioni date per scontate, per far venire alla luce la verità. Non è al maestro, quindi, che devono essere attribuiti i progressi dei discepoli, anche se il suo ruolo è fondamentale.
La visione maieutica sottolinea la centralità della relazione educativauno spazio carico di potenzialità e di criticità in cui è in gioco il complesso equilibrio tra:
  • la dipendenza dell’educando e la sua ricerca di autonomia;
  • il rispetto della libertà dell’educando da parte dell’educatore e l’autorevolezza necessaria all’educazione.
La metafora maieutica mette in discussione l’imposizione di norme e modelli standardizzati di educazione che non tengono conto delle risorseconoscenze e capacità di ciascuno. Per lo stesso motivo, tuttavia, proprio riconoscendo tanta importanza alle qualità innate dell’educando, può legittimare una visione distorta, che lo colpevolizza per i suoi insuccessi, senza considerare che invece nel processo educativo intervengono moltissimi altri fattori, per esempio le condizioni sociali e le opportunità culturali, l’ambiente, i luoghi in cui si nasce e si vive.
La lettura maieutica dell’educazione ha avuto nel tempo molto successo ed è stata ripresa tra gli altri da Danilo Dolci (pedagogista e poeta, 1924-1997), secondo il quale è essenziale scongiurare il pericolo che l’educatore e l’educatrice impongano scelte estranee alla sensibilità dei protagonisti dell’educazione.
Nella visione di Dolci, inoltre, la relazione educativa non si riduce alla coppia educatore-educando, ma si allarga fino a comprendere la comunità educante e la realtà sociale di riferimento. Ognuno, infatti, ponendo interrogativi e condividendo le sue riflessioni può contribuire alla maturazione degli altri. La maieutica, per Dolci, è quindi reciproca e pluridirezionale.

 >> pagina 346
La metafora della pianta
Un’altra immagine molto popolare identifica l’educazione con la crescita di una pianta.
Jean-Jacques Rousseau (filosofo e scrittore svizzero, 1712-78) apre il suo libro Emilio o dell’educazione (1762) con un’esortazione alla madre, prima e fondamentale educatrice, a coltivare e innaffiare la giovane pianta. L’educazione è indispensabile ma, per essere buona e garantire la crescita armonica del bambino, deve essere in accordo con le sue disposizioni originarie, che non si possono soffocare e riaffiorano appena ne hanno la possibilità, come accade alla pianta che riprende il suo sviluppo in verticale, quando vengono meno le condizioni che glielo impedivano.
La metafora botanica, quindi, pone un altro tema educativo cruciale, cioè il rapporto tra le inclinazioni personali e l’intervento esterno dell’educatoreed è stata utilizzata nel tempo da molti autori, che ne hanno sottolineato di volta in volta dimensioni differenti.
Nei Detti di Matteo. Una moderna pedagogia del buon senso (1959) di Célestine Freinet (pedagogista francese, 1896-1966), un contadino espone idee educative incentrate su una profonda conoscenza del mondo della natura: il buon giardiniere-educatore rifiuta di produrre a tutti i costi frutti commerciabili ma intossicati dai pesticidi (fuor di metafora: rifiuta di conformare la persona a un ideale dominante di uomo/donna [frutti commercializzabili] mediante pratiche educative autoritarie e repressive [pesticidi]), sceglie i semi con cura, prepara amorevolmente l’ambiente nel quale l’individuo immergerà le sue radici, migliora le condizioni che possono assicurare un raccolto buono e abbondante (illuminazione, concimazione, clima), è attento a chi si nutrirà dei frutti della terra.

per immagini

L’educatore giardiniere
Il pedagogista francese Célestine Freinet paragona l’educatore e l’educatrice a dei giardinieri. Il frutto dell’educazione, dice, dipende dal modo in cui si opera nell’intero ciclo educativo: «È già nel seme, o nella pianta che spunta, che il giardiniere provetto cura e prepara il frutto che verrà. […] Non è il frutto che bisogna curare ma la vita che l’ha prodotto. Il frutto sarà quello che l’avranno fatto il sole, la radice, l’aria e la foglia. Sono essi che bisogna migliorare se si vuole assicurare e aumentare il raccolto.» (C. Freinet, I detti di Matteo. Una moderna pedagogia del buon senso, a cura di G. Tamagnini, Edizioni e/o, Roma, 1997).

 >> pagina 347
La metafora dei vasi vuoti da riempire
Altre immagini associano l’educazione al modellamento dell’argilla, all’incisione su cera, alla scultura del marmo o al riempimento di un recipiente. Queste metafore, pure molto popolari, sono state spesso criticate poiché, in misura diversa, presuppongono la passività dell’educando e attribuiscono la responsabilità del processo educativo unicamente all’educatore, che determina contenuti, obiettivi e metodi dell’educazione indipendentemente dalle peculiarità dei suoi interlocutori.
Paulo Freire (pedagogista brasiliano, 1921-1997) contesta questo tipo di educazione, che definisce “educazione depositaria”. Essa si basa su una netta contrapposizione tra colui che sa (l’educatore) e coloro che non sanno (gli educandi) e tratta questi ultimi alla stregua di vasi vuoti da riempire di contenuti. Una simile educazione è nozionistica, presenta il sapere come un pacchetto statico e la realtà come un dato immutabile, quindi non promuove la coscienza critica.

1.2 CHI EDUCA CHI?

Non si può parlare di educazione prescindendo dalla relazione educativa, perché l’educazione è forse l’esperienza umana che più di ogni altra rende evidenti i molteplici legami che ci connettono al mondo.
Anche l’autoformazione, cui la pedagogia contemporanea attribuisce un’importanza fondamentale, presuppone delle relazioni: quella tra sé e sé, oltre a tutte le relazioni significative che il soggetto vive nel corso dell’esistenza.
Ma chi è coinvolto nella relazione educativa?
Per lo meno due soggetti: l’educatore da una parte, l’educando (o interlocutore educativo) dall’altra, come la madre e il bambino, l’insegnante e l’alunno.
Gli autori che si sono dedicati all’educazione hanno spesso evidenziato la complessità della relazione educativa, sottolineando con sfumature diverse lo squilibrio su cui tale relazione si fonda. Quando si parla di squilibrio, o meglio di asimmetria, entrano in gioco la responsabilità, l’autorità e perfino il potere che contraddistinguono la funzione dell’educatore. Allo stesso tempo, si fa riferimento alla dipendenza, al desiderio di libertà e alla ricerca dell’autonomia che caratterizzano la condizione dell’educando.
Alcuni autori considerano i soggetti di questa relazione come due poli contrapposti: come nella metafora dei vasi vuoti da riempire, chi sa e chi non sa. Altri, invece, mettono l’accento sulla reciprocità, sostenendo che, perché ci sia educazione, deve esistere uno scambio fecondo tra i due soggetti coinvolti nella relazione educativa, sicché entrambi, seppure a partire da posizioni diverse, vivono un processo di maturazione.
Nella maggior parte dei casi, inoltre, la relazione educativa non riguarda solo due persone. In famiglia, a scuola, nel quartiere, nella squadra di calcio, nell’associazione di volontariato, nel centro per giovani, cioè nei numerosi contesti in cui si realizza l’educazione, ciascun soggetto svolge un ruolo importante come parte di un sistema. Lev Vygotskij (pedagogista e psicologo russo, 1896-1934) ha offerto un contributo fondamentale alla valorizzazione dei processi educativi orizzontali chiarendo che i bambini imparano prima e meglio grazie alla collaborazione con coetanei più competentiLe sue teorie hanno aperto la strada ad approcci pedagogici attuali molto significativi, come l’educazione tra pari e l’apprendimento cooperativo.
Da queste riflessioni si può comprendere che la relazione educativa in realtà ha una dimensione molto ampia e include anche i rapporti intersoggettivi, sociali e culturali. Lo hanno sostenuto gli esponenti dello straordinario movimento di rinnovamento scolastico denominato “attivismo”, che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento ha interessato soprattutto l’Europa e gli Stati Uniti. Per esempio, nel libro Scuola e società, il suo esponente principale John Dewey (pedagogista e filosofo statunitense, 1859-1952) afferma che la scuola deve riorganizzarsi in accordo con le trasformazioni sociali che attraversano l’attualità. In particolare, deve formare allo spirito scientifico e alla democrazia, a partire da un profondo legame con l’ambiente circostante. La scuola come comunità dunque deve riprodurre in piccola scala la società, favorendo la partecipazione e la formulazione di decisioni collettive.

  INVITO ALLA VISIONE 
Zhang Yimou, NON UNO DI MENO, 1999

Non uno di meno è un film del regista cinese Zhang Yimou, vincitore del Leone d’oro alla 56ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Il film racconta le vicissitudini di una giovanissima maestra che, avendo ottenuto una supplenza in una scuola rurale della Cina, intraprende un duro viaggio alla ricerca dell’alunno che manca all’appello. Le misere condizioni familiari, infatti, hanno spinto il ragazzino a lasciare il villaggio per cercare un lavoro in città. Ma la maestra, con silenziosa determinazione, si mette sulle sue tracce, rispettando la promessa fatta al maestro titolare di non permettere che nessuno dei piccoli studenti si ritiri dalla scuola. In questo modo, si imbatte nell’universo sconosciuto e caotico della città, nel quale tuttavia riesce a trovare una via di uscita per ricongiungersi con il suo alunno. Nel film emergono con forza i temi della dispersione scolastica, del lavoro minorile, del contrasto tra città e campagna e della precarietà delle strutture educative. In questa cornice, la forza della relazione educativa si rivela nella capacità di invertire il corso di eventi che sembrano inevitabili.

 >> pagina 349

1.3 OBIETTIVI, FINALITÀ E ORIZZONTI DELL’EDUCAZIONE

Esistono forme diverse di educazione con obiettivi divergenti:
  • forme che stimolano un atteggiamento di ricerca di fronte alla realtà, che sostengono e orientano le domande, che hanno il coraggio del cambiamento, che creano donne e uomini capaci di riflessione.
  • forme che mirano a imporre, anche velatamente, una certa visione, che spengono le domande, che rinchiudono il pensiero nei recinti di ciò che già esiste, che creano uomini e donne conformisti. L’universo dell’educazione, infatti, è popolato anche da figure negative, vissuti spiacevoli ed esperienze traumatiche. In parte, questa problematicità è legata alle caratteristiche stesse della relazione educativa che, come abbiamo mostrato, si basa su una asimmetria strutturale: l’autorità può degenerare nella sopraffazionementre gli eccessi di libertà possono condurre all’aggressività o alla noncuranza.

D’altra parte, la problematicità della relazione educativa si deve anche alla molteplicità dei modi e degli spazi in cui si realizza l’educazione. Per esempio, sebbene possa sembrare strano, anche la diffusione di ▶ fake news in Internet è una forma di educazione: esse, infatti, condizionano il modo di pensare delle persone, modellano il loro giudizio e possono predisporle a compiere determinate azioni piuttosto che altre.
Chiaramente queste due forme non esauriscono tutta la varietà dell’educazione, ma offrono un primo, essenziale criterio per giudicare ogni esperienza educativa.

per lo studio

1. Con quali metafore è stata rappresentata l’educazione?
2. Che cosa si intende per “educazione depositaria”?


  Per discutere INSIEME 

Che cosa significa per te educare? Come vorresti che fosse la relazione educativa in famiglia o a scuola? Discutine con i tuoi compagni, proponendo eventualmente modelli alternativi che potrebbero sostituire quelli attuali.

 >> pagina 350

2. La pedagogia

2.1 CHE COS’È LA PEDAGOGIA

La ⇒ pedagogia come scienza si struttura in Occidente tra l’Ottocento e il Novecento. L’educazione, tuttavia, è una realtà umana universale, perciò una riflessione su di essa è sempre esistita, in ogni tempo e in ogni luogo.
Questo volume approfondisce le idee, le pratiche e le istituzioni educative che sono nate tra l’antichità e il Medioevo, a partire da una prospettiva aperta alle diverse visioni culturali. Più in generale, questo corso di pedagogia si fonda sulla consapevolezza che questa disciplina ha un’impronta maschile e occidentale, ma allo stesso tempo la sua storia è molto più vasta e plurale. Per non perdere questa ricchezza, da una parte valorizzeremo esperienze educative non occidentali e il pensiero delle donne sull’educazionedall’altra insisteremo su alcune caratteristiche del sapere pedagogico contemporaneo che permettono di ampliare gli orizzonti della disciplina. In questa ottica, consideriamo la pedagogia una scienza complessa, attraversata da discontinuità.
Se guardiamo alla storia della pedagogia, infatti, ci rendiamo conto che non è lineare e progressiva, ma è segnata soprattutto da rotture. Un caso emblematico è l’Emilio di Rousseau, considerato il primo testo della pedagogia moderna, che al momento della sua pubblicazione ricevette dure critiche da parte sia del potere politico-religioso sia del pubblico, poiché era controcorrente rispetto alla sensibilità dell’epoca. L’affermazione delle specificità e dell’autonomia dell’infanzia rispetto all’età adulta, il legame tra motivazione e apprendimento, il rapporto tra autorità e libertà sono contributi innovativi dell’Emilio che in seguito sono diventati un punto di riferimento essenziale per la riflessione pedagogica.
 >> pagina 351

2.2 LA PEDAGOGIA COME SCIENZA AUTONOMA E METICCIA

In generale, la storia della pedagogia è una storia travagliata, perché per molto tempo questa disciplina è stata subordinata alla filosofia. Solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento tale rapporto di dipendenza ha iniziato a essere messo in discussione, mentre nel secolo successivo è stata rivendicata l’autonomia della disciplina rispetto ai modelli medici, psicologici e sociologici.
Secondo Franca Pinto Minerva (pedagogista, n. 1941), tuttavia, questi legami e questi incroci non si possono eliminare del tutto e conferiscono alla pedagogia il carattere di una scienza meticcia, che intreccia costantemente il proprio punto di vista con quello di altre scienze (la psicologia, la sociologia, l’antropologia, la didattica, la neurobiologia e così via)   APPROFONDIAMO, p. 352 |. Una scienza che:
  • si fonda su un rapporto fondamentale con la pratica educativa;
  • contamina altri saperi e si lascia contaminare;
  • non può fare a meno dell’interscambio di conoscenze, metodi e strumenti.
Proprio a partire dal suo carattere meticcio, la pedagogia può offrire un nuovo modello di scienza: può permettere di ripensare la scientificità, non in termini di conoscenze chiuse, indipendenti e chiaramente circoscritte, ma nei termini di scambi e collaborazioni interdisciplinari.
In questa ottica, essa acquista pienamente il suo carattere di scienza complessa:
  • sul piano teorico, per la pluralità di concetti, linguaggi e metodi;
  • sul piano operativo, per le caratteristiche stesse dell’educazione, che riguarda tutto l’arco della vita e una molteplicità di soggetti, all’interno di contesti storici e socio-culturali diversi;
  • sul piano della sua funzione socio-politica, perché è un sapere che riflette criticamente sull’esperienza, con un forte orientamento all’emancipazione dei soggetti coinvolti e alla trasformazione della realtà.

 >> pagina 352

approfondiamo  LE SCIENZE DELL’EDUCAZIONE

Negli ultimi decenni negli studi sull’educazione si è registrato un passaggio significativo dall’esclusività della pedagogia all’affermazione delle scienze dell’educazione. Questo passaggio evidenzia un riconoscimento importante: l’educazione è un fenomeno multidimensionale e per comprenderla è necessaria la collaborazione tra diverse prospettive scientifiche.
Oltre alla pedagogia, le scienze dell’educazione comprendono innanzitutto:
  • la didattica, che approfondisce l’insegnamento e l’apprendimento nei vari aspetti metodologici, tecnici e strumentali;
  • l’antropologia sociale e culturale, che elabora interpretazioni sulle radici e le forme socio-culturali dei fenomeni educativi;
  • la sociologia, che colloca l’educazione all’interno di dinamiche sociali più ampie;
  • la psicologia, che analizza i processi psicologici che interessano i soggetti, in interazione con i contesti di vita e di apprendimento.
  • la neurobiologia, che studia l’educazione dal punto di vista delle relazioni tra organismo e ambiente.
per lo studio

1. Perché la pedagogia può offrire un nuovo modello di scienza?
2. Che cosa vuol dire che la pedagogia è una scienza complessa?


  Per discutere INSIEME 

Cosa sapevi della pedagogia prima di studiare questa unità e come è cambiata la tua visione attraverso la lettura? Discutine in classe con i compagni.

Dialoghi nelle Scienze umane - volume 1
Dialoghi nelle Scienze umane - volume 1
Psicologia e pedagogia - Primo biennio del liceo delle Scienze umane