2.1 L’IDEALE DI NORMALITÀ
Una delle critiche più diffuse al DSM è quella di far diventare patologica una serie vastissima di comportamenti e di risposte affettive che riguardano la vita di tutti i giorni, come se il manuale rendesse psichiatrica l’esistenza quotidiana di chiunque, tanto che è difficile non riconoscersi in qualcuna delle patologie descritte. Inoltre, si rischia di etichettare come disturbati molti soggetti che, dovendo fare i conti con questo marchio, vedono peggiorare la loro posizione sociale e il contesto della loro vita.
In realtà, persone che conducono un’esistenza del tutto normale possono attraversare momenti di crisi, nei quali possono comparire sintomi d’ansia o di depressione. Allo stesso modo, un soggetto che ha paura di prendere l’aereo non diventa per questo un malato perché la sua fobia è circoscritta a un solo tratto della sua esistenza, mentre gli altri sono perfettamente funzionanti. In altri termini, dovremmo davvero cominciare a intendere il disturbo psichico come un fenomeno che può essere leggero e transitorio, senza che per questo il soggetto che ne soffre debba sentirsi etichettato come diverso dagli altri.
In che cosa consiste, dunque, la ⇒ normalità? Come abbiamo visto, essa non coincide semplicemente con l’assenza di sintomi, perché questi compaiono anche in soggetti normali. In generale, il concetto di normalità psichica è uno dei più difficili da definire e, naturalmente, ha molto a che fare con la cultura del contesto sociale di appartenenza: al variare della cultura, varia anche l’ideale di normalità e la descrizione della patologia.
ESEMPIO: presso alcune popolazioni indigene gli sciamani possiedono la capacità empirica di entrare in contatto con la volontà divina per curare, grazie a particolari rituali, malattie del corpo e della mente. Se tuttavia un nostro vicino di casa ci raccontasse di compiere tali pratiche, noi non lo considereremmo uno sciamano ma piuttosto un uomo con un disagio psichico.
Prescindendo però da tutte queste osservazioni e rimanendo ancorati ai confini della nostra cultura, si può forse affermare che una persona normale ha un discreto controllo dei suoi impulsi, è capace di amare e di accettare l’amore degli altri, riesce a inserirsi nel mondo del lavoro, fa progetti coerenti rispetto alle proprie capacità e riesce a essere felice quando le circostanze della vita lo consentono.
Occorre tuttavia ribadire che una definizione di normalità di questo tipo non vuole assolutamente escludere nessuno e che spesso il dolore e la sofferenza psicologica sono semplicemente la risposta normale a un evento traumatico o negativo che interviene nel corso dell’esistenza: nessuno di noi è normale per tutta la vita, nessuno di noi ha un disturbo psicologico per sempre. Del resto, l’idea stessa di disturbo psichico è piuttosto recente e, come vedremo nel paragrafo successivo e come è stato illustrato da Michel Foucault nel bellissimo libro intitolato Storia della follia nell’età classica, la follia stessa ha una storia.