Una gioia di vivere oscurata
da una profonda sofferenza interiore
La biografia di Saba è quella di un uomo mite, che vive un’intera esistenza cercando di superare una sofferenza dalle origini antiche, in parte mitigata dagli affetti familiari ma mai del tutto sopita.
I traumi infantili
La madre, lasciata dal marito quando è ancora incinta, si distacca a sua volta dal figlio, affidandolo a una balia, per poi riprenderlo con sé quando il legame del bambino con quest’ultima è diventato molto forte. La separazione dalla balia causa dunque un secondo trauma al bambino, e inoltre il ricongiungimento con la madre non avviene senza difficoltà: la donna ha un carattere duro e austero, ed è costantemente angosciata dai problemi economici, oltre che abbattuta per l’abbandono da parte del marito (che il poeta conoscerà soltanto nel 1905). I disturbi psicologici di cui soffre Saba sono forse anche conseguenza di questa situazione familiare tormentata.
Il senso di vuoto
Sotto la superficie solare della sua poesia, caratterizzata sin dalle prime prove da ritmi quasi cantabili, si nasconde infatti un’acuta sofferenza interiore: «Quante rose a nascondere un abisso!», recita un suo verso (Secondo congedo). Un intenso amore per la vita lo porta a desiderare fortemente un rapporto armonioso con la realtà, che gli appare tuttavia sotto una luce spesso drammatica. Come osserva Giulio Ferroni, Saba avverte costantemente un bisogno «di comunicazione tenera e affettuosa con il mondo, di partecipazione alla vita collettiva, ma ostacolato da un senso angoscioso della propria diversità, dalla minaccia della nevrosi».