Il primo Novecento – L'autore: Giuseppe Ungaretti

LETTURE critiche

L’“uomo impietrato”

di Andrea Zanzotto

L’esperienza della guerra ha condotto Ungaretti a vivere una condizione umana ridotta a un’essenzialità “pietrosa”, da esprimere attraverso un linguaggio anch’esso del tutto privo di superflui abbellimenti retorici. Il breve passo che proponiamo è tratto dalle riflessioni critiche svolte da un grande poeta contemporaneo, Andrea Zanzotto (1921-2011), sensibile – come altri nostri autori novecenteschi – alla grande lezione ungarettiana.

Non la guerra dei re e dei generali e dei vati fu quella che Ungaretti mise in chiaro, scoprì, ma quella del «soldato sconosciuto» (è un’espressione di Jahier,1 altra figura grandissima che soffrì tutto dei campi di battaglia), anzi dell’uomo diventato nella trincea qualcosa di peggio dell’insetto in cui si trasforma il protagonista della Metamorfosi di Kafka,2 diventato mero accadimento, insensatezza pura: in cui l’insensatezza di ogni guerra si rivela senza possibilità di travestimenti retorici. È da tutti riconosciuto che la parte più rilevante nella «scoperta» e definizione di alcune posizioni fondamentali della nostra poesia del ’900 l’ebbe Ungaretti: egli fu il pioniere che si spinse su un terreno su cui gli altri lo raggiunsero più tardi. Da Ungaretti tra il ’16 e il ’19 venne proposta per la prima volta in Italia forse la tematica più caratteristica di quello che poi doveva precisarsi come «esistenzialismo».3 Al di là di un fatto letterario, nella scoperta ungarettiana dell’uomo «carsico», si ha la prima rivelazione, in un trauma radicale, di quella realtà che poi anche in Montale e in altri poeti e filosofi riappare come «impietrato soffrire senza nome».4 L’uomo-pietra, l’uomo-accadimento, il pianto che è «questa pietra»,5 già appaiono nel primo Ungaretti come fatti validi a definire una nuova e durissima epoca umana: il poeta si riconosce come proiettato nell’essere, «abbandonato nell’infinito», «uomo di pena» naufragato nel «porto sepolto». E appunto il tema del naufragio, anche se poteva riecheggiare suggestioni di altro tono, specie simbolistiche, in Ungaretti comincia già a prendere quella colorazione, quella particolare consistenza che avrà poi nell’elaborazione poetica e teoretica dell’esistenzialismo. Ancora, è il linguaggio ungarettiano, quel linguaggio all’orlo dell’afasia,6 balbettamento di parola comune e insieme scansione lapidaria e «pura», che invera il tema esistenziale proprio in questa luce. […] È questa la parola della pietra, di quella pietra che è l’uomo, che è l’essere: il peso, le implicazioni semantiche dei termini, il modo del loro annunciarsi, per cui ogni frammento sembra strappato con immane fatica al silenzio definitivo, alla morte, introducono al tono di un’epoca dalle più cupe prospettive, in cui ancora oggi si trova.


Andrea Zanzotto, Fantasie di avvicinamento, Mondadori, Milano 1991

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi