T6 - Sono una creatura (Il porto sepolto)

Il primo Novecento – L'opera: L’allegria

 T6 

Sono una creatura

Il porto sepolto


In questa celebre lirica Ungaretti testimonia la sofferenza assoluta dinanzi agli orrori vissuti e patiti in guerra.


METRO Versi liberi.

        Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

        Come questa pietra
        del S. Michele
        così fredda
        così dura
5     così prosciugata
        così refrattaria
        così totalmente
        disanimata.                         

        Come questa pietra
10   è il mio pianto
        che non si vede.

        La morte
        si sconta
        vivendo.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

La condizione emotiva del poeta viene fissata attraverso un confronto ravvicinato con il paesaggio: lo strazio della guerra è interiorizzato, in tutta la sua avvolgente desolazione, nel pianto / che non si vede (vv. 10-11), nascosto nei recessi dell’anima, proprio come un corso d’acqua perso nelle cavità della pietra carsica. Il paesaggio del Carso – brullo, scavato, desolato – costituisce lo specchio dell’algida morte che incombe, prosciugando l’acqua della vita e rendendo gli uomini inerti e indifferenti come cose, come l’arida roccia di cui sono costituite quelle alture. La dimensione dominante è dunque quella della pietrificazione: da notare è la quasi totale assenza di verbi; sopravvive, al v. 10, un è, che comunica efficacemente una sensazione di immobilità. Anche il poeta sente a un tratto l’anima farsi senza voce e senza pianto, indurita come la terra ostile circostante, bloccata in una statica, quasi marmorea sospensione della vita.

La poesia si conclude con una breve e condensata sentenza di carattere morale: la morte, vista qui come liberazione dal dolore e dalla condizione di angoscia che caratterizza l’esistenza umana, si ottiene soltanto a costo della sofferenza del vivere. Siamo dunque in una condizione psicologica distante da quella reattiva e vitalistica presente in Veglia (► T3, p. 753). Come spiegare il diverso registro emotivo? Con un’alternanza di stati d’animo, certo, ma forse anche in altro modo. Una risposta può essere infatti legata alla data di composizione, l’estate del 1916. È passato un anno di guerra e molti mesi dalla composizione di Veglia: lì era l’inizio del conflitto, quando prevaleva ancora la speranza che tutto potesse terminare presto; qui traspaiono il disincanto e l’amarezza per un massacro interminabile. L’«allegria» lascia così il posto alla dolorosa necessità della sopravvivenza.

 >> pag. 760 

Le scelte stilistiche

Qualche mese prima di comporre la prima redazione del testo, Ungaretti scrive all’amico Gherardo Marone: «Ho deciso oggi – dopo aver molto pianto – quel terribile pianto che non si scioglie – che sempre più ti pietrifica dentro – di rimanere in silenzio» (24 aprile 1916). La necessità di “asciugare” la parola gli deriva proprio dall’estrema essenzialità di vita imposta dalla guerra. Mentre i fratelli di trincea muoiono senza lasciare traccia, il racconto non può permettersi di indugiare nella rappresentazione: occorre tendere alla massima semplificazione comunicativa, alla ricerca di parole decisive, riducendo il più possibile il linguaggio, fino – appunto – ad arrestarsi solo alle soglie del silenzio, per afferrare senza retorica il senso originario dell’esistenza.

Da un punto di vista strutturale la lirica si compone di tre strofe: le prime due sono costituite da una similitudine tra la pietra carsica del monte San Michele e il pianto del poeta (con ripresa del primo termine del paragone Come questa pietra, v. 1). La sintassi comunica la sensazione della frammentarietà e dell’ossessività: gli aggettivi e i participi della prima strofa si susseguono in sequenze di «versicoli», scanditi dall’anafora* di così e dalle allitterazioni* delle dentali (prima la d di fredda e dura, poi la t di prosciugata, refrattaria e disanimata). Nel climax* costituito dalla successione dei tre attributi, l’aggettivo-participio finale disanimata (v. 8) è reso assoluto dall’avverbio totalmente (v. 7). La terza strofa, dal carattere sentenzioso, è costituita da tre brevi versi trisillabici: letti di seguito andrebbero a costituire un novenario, ma la scansione conferisce, come sempre in Ungaretti, un ritmo lento e sofferto.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Quali sono i due termini di paragone su cui si basa la poesia? E quale elemento hanno in comune?

ANALIZZARE

2 Che significato ha nel linguaggio consueto l’aggettivo “refrattario”? E in questo testo quale accezione assume?

INTERPRETARE

3 In che modo il mio pianto / che non si vede dei vv. 10-11 allude alle caratteristiche dei fiumi carsici?


4 Rifletti sul significato del titolo: in che senso esso può configurarsi come un grido di protesta?


5 I versi finali possono sembrare contraddittori in un poeta che ama celebrare la capacità di resistenza della vita: che cosa ha inteso affermarvi l’autore, a tuo giudizio?


I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
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Dal secondo Ottocento a oggi