In prima, sì, mi sembra che molti l’abbiano, dal modo come tra loro si guardano
5 e si salutano, correndo di qua, di là, dietro alle loro faccende o ai loro capricci.
Ma poi, se mi fermo a guardarli un po’ addentro negli occhi con questi miei occhi
intenti e silenziosi, ecco che subito s’aombrano.1 Taluni anzi si smarriscono in una
perplessità così inquieta, che se per poco io seguitassi a scrutarli, m’ingiurierebbero
o m’aggredirebbero.
10 No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non è chiaro né certo
neanche a voi neppur quel poco che vi viene a mano a mano determinato dalle
consuetissime condizioni in cui vivete. C’è un oltre in tutto. Voi non volete o non
sapete vederlo. Ma appena appena quest’oltre baleni negli occhi d’un ozioso come
me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate.
15 Conosco anch’io il congegno esterno, vorrei dir meccanico della vita che fragorosamente
e vertiginosamente ci affaccenda senza requie. Oggi, così e così; questo
e quest’altro da fare; correre qua, con l’orologio alla mano, per essere in tempo
là. – No, caro, grazie: non posso! – Ah sì, davvero? Beato te! Debbo scappare… –
Alle undici, la colazione. – Il giornale, la borsa, l’ufficio, la scuola… – Bel tempo,
20 peccato! Ma gli affari… – Chi passa? Ah, un carro funebre… Un saluto, di corsa, a
chi se n’è andato. – La bottega, la fabbrica, il tribunale…
Nessuno ha tempo o modo d’arrestarsi un momento a considerare, se quel che
vede fare agli altri, quel che lui stesso fa, sia veramente ciò che sopra tutto gli convenga,
ciò che gli possa dare quella certezza vera, nella quale solamente potrebbe
25 trovar riposo. Il riposo che ci è dato dopo tanto fragore e tanta vertigine è gravato
da tale stanchezza, intronato da tanto stordimento, che non ci è più possibile
raccoglierci un minuto a pensare. Con una mano ci teniamo la testa, con l’altra
facciamo un gesto da ubriachi.
– Svaghiamoci!
30 Sì. Più faticosi e complicati del lavoro troviamo gli svaghi che ci si offrono; sicché
dal riposo non otteniamo altro che un accrescimento di stanchezza.
Guardo per via le donne, come vestono, come camminano, i cappelli che portano
in capo; gli uomini, le arie che hanno o che si dànno; ne ascolto i discorsi,
i propositi; e in certi momenti mi sembra così impossibile credere alla realtà di
35 quanto vedo e sento, che non potendo d’altra parte credere che tutti facciano per
ischerzo, mi domando se veramente tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo
della vita, che di giorno in giorno sempre più si còmplica e s’accèlera, non
abbia ridotto l’umanità in tale stato di follìa, che presto proromperà frenetica a
sconvolgere e a distruggere tutto. Sarebbe forse, in fin de’ conti, tanto di guadagnato.
40 Non per altro, badiamo: per fare una volta tanto punto e daccapo.
Qua da noi non siamo ancora arrivati ad assistere allo spettacolo, che dicono
frequente in America, di uomini che a mezzo d’una qualche faccenda, fra il tumulto
della vita, traboccano giù,2 fulminati. Ma forse, Dio ajutando, ci arriveremo
presto. So che tante cose si preparano. Ah, si lavora! E io – modestamente – sono
45 uno degli impiegati a questi lavori per lo svago.
Sono operatore. Ma veramente, essere operatore, nel mondo in cui vivo e di cui
vivo, non vuol mica dire operare.
Io non opero nulla.