potrai essere giammai più importante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia
carriera, la mia famiglia.
La sua famiglia? Una sola sorella non ingombrante né fisicamente né moralmente,
piccola e pallida, di qualche anno più giovane di lui, ma più vecchia per
10 carattere o forse per destino. Dei due, era lui l’egoista, il giovane; ella viveva per
lui come una madre dimentica3 di se stessa, ma ciò non impediva a lui di parlarne
come di un altro destino importante legato al suo e che pesava sul suo, e così, sentendosi
le spalle gravate di tanta responsabilità, egli traversava la vita cauto, lasciando
da parte tutti i pericoli ma anche il godimento, la felicità. A trentacinque anni si
15 ritrovava nell’anima la brama insoddisfatta di piaceri e di amore, e già l’amarezza di
non averne goduto, e nel cervello una grande paura di se stesso e della debolezza del
proprio carattere, invero piuttosto sospettata che saputa per esperienza.
La carriera di Emilio Brentani era più complicata perché intanto si componeva
di due occupazioni e due scopi ben distinti. Da un impieguccio di poca importanza
20 presso una società di assicurazioni, egli traeva giusto il denaro di cui la
famigliuola abbisognava. L’altra carriera era letteraria e, all’infuori di una reputazioncella,4
– soddisfazione di vanità più che d’ambizione – non gli rendeva nulla,
ma lo affaticava ancor meno. Da molti anni, dopo di aver pubblicato un romanzo
lodatissimo dalla stampa cittadina, egli non aveva fatto nulla, per inerzia non per
25 sfiducia. Il romanzo, stampato su carta cattiva, era ingiallito nei magazzini del libraio,
ma mentre alla sua pubblicazione Emilio era stato detto soltanto una grande
speranza per l’avvenire, ora veniva considerato come una specie di rispettabilità
letteraria che contava nel piccolo bilancio artistico della città. La prima sentenza5
non era stata riformata,6 s’era evoluta.
30 Per la chiarissima coscienza ch’egli aveva della nullità della propria opera, egli
non si gloriava del passato, però, come nella vita così anche nell’arte, egli credeva
di trovarsi ancora sempre nel periodo di preparazione, riguardandosi nel suo più
segreto interno come una potente macchina geniale in costruzione, non ancora in
attività. Viveva sempre in un’aspettativa non paziente, di qualche cosa che doveva
35 venirgli dal cervello, l’arte, di qualche cosa che doveva venirgli di fuori, la fortuna,
il successo, come se l’età delle belle energie per lui non fosse tramontata.
Angiolina, una bionda dagli occhi azzurri grandi, alta e forte, ma snella e flessuosa,
il volto illuminato dalla vita, un color giallo di ambra soffuso di rosa da una bella
salute, camminava accanto a lui, la testa china da un lato come piegata dal peso del
40 tanto oro7 che la fasciava, guardando il suolo ch’ella ad ogni passo toccava con l’elegante
ombrellino come se avesse voluto farne scaturire un commento alle parole che
udiva. Quando credette di aver compreso disse: «Strano!», timidamente guardandolo
sottecchi. «Nessuno mi ha mai parlato così». Non aveva compreso e si sentiva
lusingata al vederlo assumere un ufficio8 che a lui non spettava, di allontanare da lei
45 il pericolo. L’affetto ch’egli le offriva ne ebbe l’aspetto di fraternamente dolce.
Fatte quelle premesse, l’altro si sentì tranquillo e ripigliò un tono più adatto
alla circostanza. Fece piovere sulla bionda testa le dichiarazioni liriche che nei
lunghi anni il suo desiderio aveva maturate e affinate, ma, facendole, egli stesso le
sentiva rinnovellare9 e ringiovanire come se fossero nate in quell’istante, al calore