3 - I grandi temi

Il secondo Ottocento – L'autore: Gabriele d’Annunzio

3 I grandi temi

Il divo narcisista e il pubblico di massa

Gabriele d’Annunzio è il primo intellettuale, non solo in Italia, a intuire le potenzialità dei mezzi di comunicazione di massa e a percepire gli ingranaggi del sistema editoriale, cogliendo e spesso anticipando le esigenze e le aspettative di un pubblico sempre più variegato. Egli è un profondo conoscitore dei gusti e delle tendenze del mercato, e un abile persuasore, capace di insinuare presso i lettori emozioni, sentimenti e desideri grazie alla funzione seducente esercitata dal suo stile di vita e dalla sua parola. D’Annunzio lancia infatti ogni iniziativa con sfrenato esibizionismo e con uno spirito che oggi diremmo pubblicitario e imprenditoriale: combinando l’arte e la vita, attraverso scandali, gesti eclatanti e trasgressioni, egli promuove l’immagine del genio che si sente indifferente alla moralità comune e aspira a una «vita inimitabile», superiore a quella del «gregge» plebeo e piccolo-borghese.

D’Annunzio reagisce dunque alla perdita di identità subita dalla figura dell’intellettuale nella moderna società di massa, riproponendo una concezione tradizionale della poesia come valore assoluto, strumento di libertà e di conoscenza del mondo, e del poeta come esteta raffinato. Egli trasforma il senso di disadattamento e alienazione percepito da altri letterati (si pensi a Baudelaire e Verlaine, ma anche, in una certa misura, a Pascoli) in un vantaggio, in disprezzo per l’esistenza comune, in culto di una bellezza mitica e accessibile a pochi eletti.
Al tempo stesso, tuttavia, mentre denuncia la massificazione dell’arte e proclama il suo disgusto per l’uguaglianza, la democrazia e i valori materialistici della società borghese, egli non si sottrae alle leggi e alle esigenze del mercato: la società “volgare” che tanto disdegna è, in fondo, il suo pubblico, quello da cui vuole essere riconosciuto, amato e adulato.

Di volta in volta, a seconda delle circostanze, d’Annunzio è il divo, l’amante, l’atleta, il tribuno, l’eroe, il comandante, e in ciascuna di queste vesti rappresenta l’uomo che varca i propri limiti: una figura che sconfina nel fantastico. Uomini e donne della piccola e media borghesia vedono la realtà attraverso la mediazione esemplare delle sue avventure, di amore e di guerra, immaginando lussi esclusivi e imprese leggendarie: è in questo impasto di estetismo, retorica imperialistica e sensualità che possiamo cogliere gli ingredienti di quel fenomeno di costume chiamato “dannunzianesimo”.

Nell’opera dannunziana però non viene mai meno la ricerca del sublime non solo come scelta artistico–letteraria, ma anche quale strategia di seduzione dei lettori, ovviamente ammaliati dalla varietà del suo stile e del suo modello umano e culturale, aristocratico e insieme populista. Quando ci troviamo dinanzi alle sue opere, ricche di allusioni erudite, sottintesi mitologici, suggestioni e virtuosismi classicheggianti, abbiamo sempre la sensazione che tutto questo repertorio di meraviglie sia escogitato per esaltare il proprio talento e divulgare un’idea di bellezza da contemplare e adorare.

Questo autore non rinuncia mai, in nessun ambito, al proprio egocentrismo, alla celebrazione narcisistica delle proprie esperienze, all’entusiasmo delle proprie azioni, alla ricerca continua del piacere: ed è in questa tensione «inesausta» (un aggettivo tipicamente dannunziano) a godere dei «frutti terrestri» e a esaltare il proprio istinto vitale che risiede ancora oggi quel misto di fascinazione e avversione che facilmente egli suscita.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi