Il secondo Ottocento – L'autore: Giovanni Pascoli

  LABORATORIO verso l'esame

La civetta

Myricae

        Stavano neri al lume della luna
        gli erti cipressi, guglie di basalto,
        quando tra l’ombre svolò rapida una
                                                        ombra dall’alto:

5     orma sognata d’un volar di piume,
        orma d’un soffio molle di velluto,
        che passò l’ombre e scivolò nel lume
                                                        pallido e muto;

        ed i cipressi sul deserto lido
10   stavano come un nero colonnato,
        rigidi, ognuno con tra i rami un nido
                                                        addormentato.

        E sopra tanta vita addormentata
        dentro i cipressi, in mezzo la brughiera,
15   sonare, ecco, una stridula risata
                                                        di fattucchiera:

        una minaccia stridula seguita,
        forse, da brevi pigolii sommessi,
        dal palpitar di tutta quella vita
20                                                  dentro i cipressi.

        Morte, che passi per il ciel profondo,
        passi con ali molli come fiato,
        con gli occhi aperti sopra il triste mondo
                                                       addormentato;

25   Morte, lo squillo acuto del tuo riso
        unico muove l’ombra che ci occulta
        silenziosa, e, desta all’improvviso
                                                      squillo, sussulta;

        e quando taci, e par che tutto dorma
30   nel cipresseto, trema ancora il nido
        d’ogni vivente: ancor, nell’aria, l’orma
                                                      c’è del tuo grido.

 >> pag. 349 

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Riassumi in poche righe il contenuto della lirica.


2 Il titolo indica una presenza animale: a partire da quale verso essa si palesa?

3 In che modo si preannuncia la civetta, prima ancora della sua apparizione?


4 Qual è il valore simbolico assunto da questa singolare “protagonista”?


5 Rintraccia tutti i termini che fanno riferimento al motivo funebre.


6 Nel testo compare il tema del nido? Se sì, dove e con quale significato?


7 Tramite quale dei cinque sensi viene percepita, dalla quarta strofa in avanti, la presenza della civetta? Elenca i termini che fanno riferimento a esso.


8 Il lessico impiegato da Pascoli in questa lirica è piuttosto esiguo, essendo caratterizzato da frequenti ripetizioni degli stessi vocaboli e anche di medesimi sintagmi. Individua ed elenca gli elementi che ricorrono più volte nel testo, illustrandone il rilievo semantico.

INTERPRETAZIONE

Il tema della morte, come realtà che minaccia la serenità degli esseri umani, è presente in diverse liriche di Pascoli. Come viene affrontato dall’autore? Rispondi facendo riferimento ad altri testi pascoliani da te letti.

Pascoli, grande inattuale

In questo saggio del 2002, il critico Cesare Garboli (1928-2004) rifletteva sulle ragioni dell’inattualità di un grande poeta come Pascoli.

Chi sono, quanti sono, oggi, nel nostro paese, i lettori delle poesie di Giovanni 

Pascoli? Quanti parlanti nella nostra lingua, in qualche pomeriggio invernale e o 

domenicale, o la sera, prima di spegnere la TV, prendono da uno scaffale le Myricae 

o vanno a rileggersi la Cetra di Achille e i Poemi di Ate, o mandano giù come un’aranciata 

5 i Primi poemetti – che tanto piacevano a Pier Paolo Pasolini? Fino a qualche 

tempo fa, in Italia, non si usciva dal portone del liceo, dopo gli esami di maturità, 

senza conoscere il latino. E chi oggi spenderebbe il suo tempo sugli esametri dei 

Gladiatores, sul Senex Corycius, sul Fanum Apollinis, sulla polimetria del Catullocalvos

se non qualche addottorato in lettere ansioso di farsi largo nei concorsi con qualche 

10 titolo raro? La fortuna del Pascoli si celebra oggi quasi esclusivamente dentro le 

mura dei nostri Ginnasi e dei nostri Atenei, grazie al magistero di docenti sempre 

più attirati dalla qualità di un poeta capace di trattare indifferentemente il linguaggio 

vivo e la lingua morta, come se ciò che è vivo e ciò che è defunto fossero un solo 

strumento adattabile, docile alla stessa sensibilità, da suonare con le stesse mani 

15 sapienti e delicate. Come la sua opera, anche la circolazione dei testi pascoliani 

porta un’inconfondibile impronta scolastica.

 >> pag. 350 

Nelle nostre scuole, secondarie e superiori, durante il cosiddetto biennio, gli autori 

classici vengono dati in lettura gli studenti alla condizione, molto restrittiva, di occupare 

due percorsi obbligati, due aree di studio, una per anno. In uno scompartimento si legge 

20 l’epica, nell’altro il romanzo. Omero e Virgilio il primo anno, I promessi sposi il secondo; 

e intorno, prima e dopo, una scelta, una grigliata, una corona di poeti e narratori moderni; 

di tutto un po’, un misto, un “giardinetto”, come dicevano i gentiluomini napoletani 

in certe occasioni non proprio vereconde. Il Pascoli, in questo giardinetto, fa la sua parte 

e la sua figura, tenendo la scena quasi alla pari coi classici più collaudati. Miete e riscuote 

25 successi sorprendenti. Gli torna utile proprio quel che gli era rimproverato ai primi del 

secolo, l’oscurità mista all’arduo e complicato tasso tecnico. Le invenzioni ritmiche, le figure 

e gli ardimenti retorici, le allitterazioni, le anafore, i chiasmi, le onomatopee, le armonie 

imitative, il ronzare e il rombare dei gruppi di consonanti, la musica delle vocali 

toniche che si ripetono uguali, le rime esotiche in -u, la capacità di giocare coi suoni e coi 

30 timbri, l’orchestra, la strumentazione, la strana retorica pascoliana incanta più dei decasillabi 

di Manzoni e dei grandi interrogativi di Leopardi. I ragazzi capiscono che la poesia 

è un gioco, e si divertono con quelli che d’Annunzio chiamava i “segreti”. 

Non c’è da stupirsi, è anzi un fenomeno molto comprensibile, che l’odore e la polvere 

della scuola ravvivino il laboratorio di un poeta cresciuto bambino tra gli Scolopi, e 

35 passato poi a stretto contatto del Carducci. Si osservi piuttosto come il Pascoli, innovatore 

e inventore sotto tanti aspetti poetici e letterari, abbia divinato,1 grazie al duro training 

dell’insegnamento liceale tra il 1883 e il 1896 a Matera, a Massa e a Livorno, perfino i 

programmi scolastici di un secolo dopo di lui. Basta gettare uno sguardo alle quattro antologie 

compilate con l’aiuto della sorella fra il 1895 e i primi del secolo, a uso degli studenti 

40 delle scuole secondarie. Nel loro insieme, Lyra, Epos, Sul limitare, Fior da fiore spartiscono 

i classici proprio come a il nostro attuale biennio: un binario all’epica e l’altro al 

“romanzo moderno”, con selezione sempre cospicua dei Promessi sposi, e intorno, attiguo 

alle grandi costruzioni epiche e narrative, in periferia, dove crescono i cespugli e si aprono 

gli orti, un po’ di tutto: la lirica, i “quadri e suoni”, le scene campestri, le favole, e leggende, 

45 le novelle, i racconti storici, i “maestri contemporanei”, il fiore delle Odi barbare

delle Rime nuove. Insomma, il “giardinetto”. 

Ma si deve credere alle letture coatte?2 Quel che si legge a scuola lo si dimentica, non 

appena varcato il portone del vecchio Ginnasio-Liceo con la certezza in tasca della maturità. 

La presenza di un poeta nei programmi scolastici può rappresentare, nel migliore dei 

50 casi, la curiosità di un momento, ma non basta a documentare e a provare la vitalità di 

un’esperienza culturale. La poesia del Pascoli suggella una lunghissima tradizione, si qualifica 

ancora oggi come un monumento insigne della nostra letteratura. Ma ha cessato di 

promuovere degli interessi attuali e vitali. Non è un punto di riferimento né un passaggio 

obbligato. È un’acqua morta come il fosso bolognese dell’Aposa, che scorreva, prima di 

55 essere interrato, e ristagnava fuori mura, lontano dal centro abitato. Due fattori convergenti 

contribuiscono a penalizzare l’interesse e a frenare la diffusione. 

Si sorvoli sul fastidio che può suscitare, in tempi un po’ più duri di quelli che dell’Italia 

post-umbertina, il buonismo pascoliano, quell’eterno e irritante piagnisteo di poeta 

che canta e predica il bene senza mai cessare di ricordare il male di cui è stato vittima. 

60 Lo si consideri un accessorio. Fare gli spiriti forti, in certi casi, non è molto di buon gusto.

 >> pag. 351 

Più importante è che la società in cui è prosperata nel nostro paese la fortuna del Pascoli, 

la piccola borghesia fin-de siècle dalle passioni intime e tremebonde e dalla lacrima facile, 

dai solidi nodi famigliari più forti e tenaci di qualunque altro ideale o bandiera, la piccola 

borghesia dei mezzi sogni, delle dame acculturate e ispirate, dei burocrati del neo-Stato 

65 unitario non incapaci di esaltarsi e di fremere davanti agli eroi dell’Iliade non meno 

che sui caduti di Adua,3 si è trasformata lungo l’arco del secolo fino a rendersi letteralmente 

riconoscibile: una classe integralista- il ceto medio- dalle idee chiare e dai denti di 

lupo, non più frustrata né vulnerabile, che si è conquistata ormai il diritto di governarsi e 

di governare. Nel frattempo, nello spazio di un secolo è uscita di scena l’Italia rurale, come 

70 la chiamavano i fascisti, o l’Italia georgica, per dirla coi professori, insomma la civiltà 

contadina, per dirla con Pier Paolo Pasolini. È come dire che non esiste più, della poesia 

pascoliana, neppure il referente. 


Cesare Garboli, Al lettore, in Giovanni Pascoli, Poesie e prosce scelte, I, Mondadori, Milano 2002

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Che cosa afferma Garboli a proposito dell’odierna ricezione della poesia latina di Pascoli?


2 Quali sono gli aspetti tecnici tipici della poesia pascoliana evidenziati dal critico? Sintetizzali in una frase.

3 In che cosa il lavoro di Pascoli come autore di antologie per gli studenti ha anticipato i contenuti degli odierni programmi scolastici?


4 In quale luogo oggi continua la fortuna di Pascoli? Perché, secondo Garboli?


5 Quali sono le ragioni dell’inattualità della poesia pascoliana nell’attuale contesto storico-sociale?


6 Che cosa significa che non esiste più, della poesia pascoliana, neppure il referente (rr. 71-72)?

PRODUZIONE

Sviluppa una delle seguenti tracce. 

  • Cesare Garboli sostiene che Pascoli sia un grande “inattuale”. Condividi la sua visione oppure no? Argomenta il tuo punto di vista in proposito, facendo riferimenti alle poesie pascoliane da te lette. 
  • Scrive a un certo punto Garboli: Quel che si legge a scuola lo si dimentica, non appena varcato il portone del vecchio Ginnasio-Liceo con la certezza in tasca della maturità (rr. 47-49). Sei d’accordo con questa affermazione? Se essa è vera, perché ciò accade? Elabora la tua risposta portando argomenti tratti dalla tua personale esperienza scolastica.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 3
Dal secondo Ottocento a oggi