I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO -

La poesia romantica in Italia La voce del popolo Al centro della scena è invariabilmente un personaggio del popolo, a cui l autore presta la voce facendogli esprimere senza filtri la propria verità alternativa a quella della classe dominante. Tuttavia l intento di Belli non è quello di criticare una società corrotta rappresentando per contrasto personaggi ingenui che ne sarebbero le vittime, portatori di una sana e per questo apprezzabile naturalezza da selvaggi . L interesse di ascendenza romantica verso gli strati inferiori della società si esprime nel poeta in modi che escludono a priori le idealizzazioni populiste. A parte rare concessioni al patetico o al pittoresco, i popolani di Belli esprimono infatti una visione del mondo improntata a un crudo cinismo. Abituati dagli stenti a fare di necessità virtù, sono dotati di un innata tendenza a dissacrare gli idoli del potere, ad andare dritti al cuore delle questioni. Belli rappresenta uno spaccato della società romana, rinunciando al proprio punto di vista e affidando interamente alle voci dei personaggi il compito di raccontare sé stessi. Un pessimismo radicale Relegati ai margini della Storia, privi di speranze e di illusioni, questi popolani tuttavia conservano il privilegio del sarcasmo verso la messa in scena delle classi più alte. La scintilla, in particolare, scatta al cospetto dello smisurato spettacolo offerto dalla corte papale, sotto forma di celebrazioni, feste, spettacoli, esecuzioni capitali. Lungi dal fomentare velleità ribellistiche, tutta questa varietà di situazioni non fa che confermare la presenza di un ordine immutabile: in ciò il pessimismo del poeta non ammette eccezioni, assegnando a questa miserabile umanità un destino di patimento e rassegnazione. Persino le Sacre Scritture, reinterpretate dalla mentalità popolare, sono ridotte a grottesca parodia e piegate a confermare una condizione di inferiorità che neppure la morte, in agguato a ogni angolo, potrà ribaltare. Lo stile L impulso a comporre in romanesco venne a Belli dalla lettura delle poesie di Carlo Porta. Durante un soggiorno in Lombardia nel 1827 ne aveva comperato l edizione da poco stampata a Lugano, trovandovi insieme ai capolavori i testi licenziosi che più tardi si sarebbe divertito a imitare. Come il poeta milanese, anche Belli parte dal tentativo di riprodurre con il massimo scrupolo l effettiva parlata del popolo. Da questo punto di vista, diversi sonetti si configurano come veri e propri pezzi di bravura: è il caso dei gustosi battibecchi fra comari, dei versi in cui a esprimersi è un tartajione (ovvero un balbuziente), degli equivoci dovuti all impiego di un termine latino deformato o frainteso. In questo sapiente utilizzo realistico del dialetto, Belli tiene presente il modello di Porta. Tuttavia un punto cruciale spinge i due poeti su sentieri diversi: se il milanese era un idioma normalmente parlato a tutti i livelli della società cittadina (anche Manzoni era solito servirsene), il romanesco è per Belli una «favella tutta guasta e corrotta , adoperata soltanto dagli strati subalterni della popolazione e perciò adatta ad accogliere quella tendenza al grottesco che costituisce il marchio più evidente del suo stile. Fran ois-Marius Granet, Trinit dei Monti e Villa Medici, XIX sec. Parigi, Museo del Louvre. 591

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento