Il Seicento – L'autore: Galileo Galilei

invito ALLA LETTURA

Bertolt Brecht

Vita di Galileo


Io credo che la scienza abbia come unico scopo quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana.

Il grande poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (1898-1956) è autore di un celebre dramma teatrale dedicato alla vita di Galileo, andato in scena per la prima volta a Zurigo il 9 settembre 1943. Brecht era convinto che la conoscenza della fisica fosse necessaria alla formazione culturale dell’uomo moderno, e si era interessato a Galileo già dal 1933, in occasione del terzo centenario del processo al grande scienziato pisano. Sul finire degli anni Trenta, in pieno periodo nazista, Brecht, intellettuale fortemente avverso al regime hitleriano, decide di scrivere un dramma sulla vita di Galileo, principalmente per due motivi: in primo luogo per affrontare il tema della lotta per la verità in tempi nei quali il potere costituito si opponeva alla libera ricerca, in secondo luogo per indagare i rapporti tra scienza e società. 
La Vita di Galileo ha conosciuto diverse stesure. In una prima elaborazione del dramma, Galileo è considerato un grandioso esempio della scaltrezza dell’intellettuale che, piegandosi all’abiura, si sottrae al potere fingendo di accondiscendere alle sue richieste, con il solo scopo di continuare indisturbato le proprie ricerche. Nell’ultima stesura dell’opera si compie però una trasformazione rilevante: Brecht afferma che Galileo, abiurando, ha compiuto un crimine contro l’umanità, e che per salvarsi ha fatto un passo indietro nel percorso dell’uomo moderno verso la liberazione dal potere costituito. 
Riportiamo qui un passo tratto dalla penultima scena dell’opera brechtiana, in cui Galileo, ormai vecchio, rivolgendosi al suo ex allievo Andrea Sarti, riflette sul proprio ruolo di scienziato. 

« GALILEO (con le mani professoralmente congiunte sul ventre) [...] Che scopo si prefigge il vostro1 lavoro? [...] Io credo che la scienza abbia come unico scopo quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana. Se gli uomini di scienza, intimiditi dai potenti egoisti, si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata2 per sempre, e le vostre nuove meccaniche non saranno fonte che di nuovi triboli3 per l’uomo. E quando, con l’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che, un giorno, a ogni vostro eureka4 rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale. Nella mia vita di scienziato ho avuto un’opportunità senza pari: quella di vedere l’astronomia dilagare nelle pubbliche piazze. In circostanze così straordinarie, la fermezza di un uomo poteva produrre grandi rivolgimenti. Se io avessi resistito, i naturalisti5 avrebbero potuto sviluppare qualcosa di simile a ciò che per i medici è il giuramento d’Ippocrate:6 il voto solenne di far uso della scienza a esclusivo vantaggio dell’umanità! Così stando le cose, il massimo in cui si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo.7 [...] Per alcuni anni ebbi la forza di una pubblica autorità. Ma ho messo la mia sapienza a disposizione dei potenti perché la usassero, o non la usassero, o ne abusassero, a seconda dei loro fini. [...] Ho tradito la mia professione, quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può essere tollerata nei ranghi della scienza. » 

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento