I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2

Il primo Ottocento – L'opera: I promessi sposi

È da notare come i promessi sposi siano entrambi privi di figure paterne cui appoggiarsi (in questo senso, fra Cristoforo riveste un evidente ruolo di sostituto). Lucia in compenso ha dalla sua la madre Agnese, tratteggiata dal narratore con piglio bonario, come si può dire dell'intero universo paesano che ruota intorno a loro. Agli antipodi sta la rappresentazione della plebe milanese, abbrutita e resa diffidente dalla peste e dalla miseria. In ambito urbano Manzoni si sofferma sulla folla più che sui singoli, insistendo sull'irrazionalità e sulla forza bruta che ne fanno, al suo sguardo di liberale moderato, un mostro incontrollabile. Come sappiamo, intervengono al riguardo patologie psichiche personali: la moltitudine urbana in rivolta non gli appare – come ad altri scrittori romantici – espressione di una volontà popolare collettiva, ma un soggetto incontenibile, preda dell'egoismo, dell'ignoranza, degli istinti più biechi.

Sono ben quattro gli esponenti del clero ad avere un ruolo di primo piano nel romanzo. La negatività del pauroso don Abbondio e della corrotta monaca di Monza è compensata dall'eroismo di fra Cristoforo e del cardinale Federigo Borromeo, che si esplica su diversi piani. Il ritratto del cardinale restituisce l'immagine di un giusto esemplare: un nobile dallo spirito umile, difensore inflessibile del messaggio evangelico, pronto a vigilare sui torti subiti dalle pecorelle più deboli del suo gregge. Fra Cristoforo assurge a emblema della Chiesa militante: si spende in prima persona per combattere la prepotenza, "sporcandosi le mani" anche a costo di sbagliare, come capita quando manda Lucia a Monza. Ritraendo questi due campioni del bene, Manzoni si pone in controtendenza rispetto alla tradizione letteraria, che sin dal Medioevo (si pensi al Decameron) ha dipinto volentieri i frati come corporazione lasciva, avida, disonesta, e le gerarchie ecclesiastiche come oziose e indifferenti ai bisogni della povera gente.

Fatta eccezione per il cardinal Borromeo, i potenti sono ritratti in chiave negativa, siano essi ottusi come il padre della monaca di Monza, ipocriti come il gran cancelliere Ferrer (un'importante autorità spagnola a Milano), inetti come don Ferrante, sprezzanti e violenti come rinnominato prima della conversione, o prepotenti come don Rodrigo, vero e proprio compendio della malvagità nobiliare. Non è un caso che lunico in questo gruppo a cui Manzoni conferisca una grandezza sinistra, accresciuta dal mistero e dal terrore che si spandono intorno alla sua figura, sia anche il solo ad abbandonare la via della perdizione. L'Innominato, in effetti, è il personaggio che più si avvicina agli eroi del romanzo nero nordico.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento