Il Settecento – L'autore: Giuseppe Parini

L'AUTORE NEL TEMPO

Tra lodi e critiche
La fama di Parini si diffonde sin dal suo esordio con Alcune poesie di Ripano Eupilino. Accolto grazie a questi componimenti nell’Accademia dei Trasformati, il poeta diventa presto un’autorità nella Milano del tempo, suscitando ammirazione e qualche invidia.
Alessandro Verri e Pietro Secchi, primi recensori delle parti allora pubblicate del Giorno, paragonano Parini ai più grandi poeti satirici dell’antica Roma, Orazio e Giovenale; Pietro Verri non nasconde invece un certo astio nei suoi confronti, giudicando la sua satira troppo blanda e la descrizione dell’ambiente aristocratico troppo gradevole, tale da invogliare a frequentarlo.
Generoso di lodi nei confronti del poeta lombardo è il critico suo contemporaneo Giuseppe Baretti. Egli ritiene Parini «uno di que’ pochissimi buoni poeti che onorano la moderna Italia», ma allo stesso tempo, fortemente avverso com’è alla tradizione arcadica, gli rivolge una critica relativa alla finezza dello stile: «Temo però», scrive ancora Baretti, «che la sua satira non produca quel frutto che dovrebbe produrre, perché è scritta qui e qua con molta sublimità di poesia».

L’esaltazione risorgimentale della moralità pariniana
In virtù del suo impegno morale e civile e del suo amor di patria, durante il Risorgimento Parini verrà individuato come un eroe letterario. Ugo Foscolo, in un celebre episodio delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, fa parlare il vecchio poeta che, venerabile per il suo animo integerrimo, si esprime in tono profondamente critico nei confronti dei privilegi di casta e della corruzione. Foscolo offre inoltre una lettura critica di grande valore dell’opera pariniana, individuandone però anche qualche limite: una scarsa passionalità, un’eccessiva compostezza, un atteggiamento compassato e prudente verso lo spirito rivoluzionario.
Francesco De Sanctis, il critico italiano più importante dell’Ottocento, ritrae l’autore del Giorno come un moderato innovatore, la cui ironia «è il risveglio della coscienza dirimpetto a una società destituita di ogni vita interiore». Anche De Sanctis, tuttavia, rileva dei limiti nell’opera di Parini: a suo giudizio, l’attenzione preponderante ai contenuti impedisce al poeta di liberare la sua scrittura dai residui formali del passato. In questo senso, afferma il critico, «l’uomo valeva più dell’artista». Egli sostiene inoltre che quella di Parini sia una letteratura che non deriva dal popolo e non si rivolge al popolo, ma si limita a mostrarsi come «riflessa e classica»; nel complesso, insomma, per De Sanctis il poeta non riesce a liberarsi del tutto dalle scorie classicistiche e arcadiche.

La critica novecentesca
Il dibattito novecentesco è inaugurato da Benedetto Croce, che stigmatizza le finalità etiche e didascaliche eccessivamente scoperte di Parini (preferendogli Alfieri). Come già Foscolo, anche Croce non ritiene il protagonista del Giorno un personaggio a tutto tondo, ma un "burattino" o una "marionetta" (la critica successiva troverà in realtà interessante proprio questa caratteristica, ricondotta alla passione tipicamente settecentesca per gli automi).
Dalla seconda metà del Novecento, i critici tendono a rileggere Parini all’interno della cultura del suo tempo: Raffaele Spongano rileva i suoi rapporti con il sensismo; Mario Fubini analizza le scelte lessicali indicandone le radici nella cultura scientifica del XVIII secolo; Walter Binni ne sottolinea le componenti illuministiche e neoclassiche. Ancora, Giuseppe Petronio mette in luce la modernità di Parini, mentre il moralismo e il buonsenso del poeta sono ricollegati alla tradizione culturale lombarda da Sergio Antonielli. Le ultime parti del Giorno sono indicate infine, da critici quali Sergio Romagnoli e Lanfranco Caretti, come i momenti dell’opera pariniana in cui si assiste a un rinnovato approccio polemico alla società dell’epoca.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento