Il Seicento – L'opera

Amleto

Composto nel 1600-1601, in un clima di ansia collettiva per l'attesa fine del regno di Elisabetta I (1533-1603), priva di eredi, l'Amleto inaugura la stagione delle grandi tragedie shakespeariane, nelle quali l'autore drammatizza le tensioni della prima età moderna, un'epoca in cui la visione medievale del mondo entra definitivamente in crisi a causa delle scoperte astronomiche, della frattura religiosa provocata dalla Riforma protestante e dell'affermazione dell'autonomia dell'individuo e della politica dalla religione. Ma ancor prima che una testimonianza dei tempi, nell'Amleto crisi e insicurezza rappresentano tratti essenziali della condizione umana. Nel protagonista il dubbio ha preso il posto delle certezze garantite in passato dalla religione e dalla tradizione dei padri, alla quale sente tuttavia di dover obbedire.

1 La vicenda e i personaggi

Quando Shakespeare decise di farne il grande protagonista dell'omonimo dramma, il personaggio di Amleto esisteva già. Questo principe danese, che tormentosamente tenta di vendicare l'assassinio del padre, ha infatti precedenti letterari che si ricollegano ad antichi miti nordici: in uno di questi, di origine finnica, ha nome Kullero, mentre nell'opera del danese Saxo Grammaticus (XIII secolo) diventa Amlethus. Il suo nome islandese, Amlodhi, prima forma di Hamlet-Amleto, significa "sciocco", e compare la prima volta nell'Edda di Snorri, manuale di poetica e mitologia islandese del XIII secolo. In tutte le versioni della storia, Amleto si finge pazzo per evitare che i suoi piani di vendetta vengano sventati prima di essere condotti a termine. Egli, infatti, è prima di tutto un vendicatore: avendo scoperto che il proprio padre è stato assassinato, deve a sua volta smascherare e uccidere l'assassino, un usurpatore che ha eliminato un consanguineo per impadronirsi del suo trono e sposarne la vedova.

II vendicatore aggressivo dei racconti originari diviene in Shakespeare un personaggio malinconico, protagonista di una vicenda tutta interiore. Attraverso i suoi soliloqui, il principe esprime il dramma del pensiero che corrode la volontà, e dunque l'azione: quella shakespeariana è una tragedia della debolezza e del dubbio. Amleto assume così i caratteri che lo rendono emblematico ancora oggi, al punto che l'espressione "dubbio amletico" indica nel linguaggio comune un dilemma di difficile soluzione, che paralizza chi ne è vittima.

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Amleto, in uno sconvolgente colloquio con il fantasma del padre, re di Danimarca, apprende che questi è stato assassinato dal fratello Claudio, il quale gli ha così sottratto il trono e la moglie. Il padre si fa promettere una vendetta che risparmi però la regina, in modo che il figlio non compia un matricidio. Da quel momento Amleto dubita di tutti e di tutto, tranne che dell'amico Orazio: dello spettro, temendo sia un diavolo che vuole indurlo a un'azione criminale; della madre Gertrude, ritenuta da lui colpevole quanto lo zio; della fanciulla amata, Ofelia, figlia del ciambellano Polonio; della propria ragione, che sente vacillare. Egli pensa che sia suo dovere compiere la vendetta, ma è tormentato dal bisogno di avere la certezza del misfatto compiuto dallo zio. Le azioni che intraprende, tuttavia, invece di confermargli la verità gli fanno sorgere nuovi dubbi.
Per non destare sospetti sul suo operato, Amleto finge la pazzia – dagli altri attribuita all'amore per Ofelia, che però ora tratta con durezza –, e per verificare il racconto del fantasma del padre organizza, con un gruppo di attori girovaghi, la rappresentazione di un dramma ("L'assassinio di Gonzago") che riproduce le circostanze del delitto davanti al re e alla regina. Questa scena centrale, con l'artificio drammatico del "teatro nel teatro", costituisce il momento del (parziale) disvelamento: il re, infatti, non sa dominare la propria agitazione, confermando i sospetti di Amleto pur senza dargli una prova certa.
Durante un colloquio con la madre Amleto uccide Polonio, scambiandolo per lo zio. Viene allora mandato in Inghilterra per una missione che è in realtà una trappola ordita dal re, ma alla quale egli sfugge. Al suo ritorno, assiste al funerale di Ofelia, morta annegata. Il fratello della ragazza, Laerte, ritiene Amleto responsabile della morte di Ofelia, e lo sfida a duello, intingendo però la propria spada – dietro suggerimento del re – in un veleno letale; la stessa sostanza è sciolta in una coppa destinata al vincitore, in modo che, anche qualora dovesse vincere, Amleto non scampi alla morte. Durante il combattimento, la regina beve dalla coppa del vincitore, morendo; i duellanti, inoltre, si scambiano il fioretto, ferendosi dunque entrambi con la punta avvelenata. Laerte muore per primo; Amleto, compreso che il piano è stato ordito dal re, lo uccide, prima di soccombere. L'opera si conclude con l'arrivo di Fortebraccio, principe di Norvegia, a cui Amleto, spirando, lascia il regno.

Amleto entra in scena vestito a lutto (il nero è il suo colore): ha infatti dovuto interrompere gli studi all'Università di Wittemberg per tornare a Elsinore, dove ha sede la corte, a piangere l'improvvisa morte del padre. Invece che al rito funebre, però, assiste alla festa per le nozze di sua madre con lo zio.
La tradizione delega ai figli la vendetta dei padri, e Amleto giura che la compirà. Tuttavia, si rivela tragicamente incapace di agire, indugiando e rinviando l'azione per meditare, cercare la verità, ottenere prove. Così facendo, compie una serie di errori, isolandosi da coloro che più gli sono fedeli: dall'amico Orazio, cui rimprovera la ragionevolezza e la disponibilità al compromesso; da Ofelia, che ha amato ma che ora rinnega come simbolo di fragilità femminile, provocandone la pazzia e poi la morte. Unico momento di felicità è l'arrivo a Elsinore di una compagnia di attori, cui Amleto affida una funzione decisiva: la rappresentazione di un crimine analogo a quello di Claudio, che induca quest'ultimo a rivelarsi colpevole. Ma la trappola funziona soltanto in parte, e l'azione, ancora una volta, resta incompiuta.

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Nulla veramente si compie, da parte di Amleto: ogni suo atto concreto è interrotto, o rinviato, o sbagliato (come l'uccisione di Polonio). Egli appare costantemente in preda a uno stato di malinconia e di accidia, che lo paralizza e lo rende inetto. La sua azione risiede altrove, sul piano della parola e dell'intelletto: il suo strumento di offesa e di difesa non è la spada, ma la follia (vera o presunta che sia). A scoraggiare il protagonista a intraprendere iniziative, del resto, è anche il pessimismo di fondo che lo domina.

Amleto domina la scena dall'inizio alla fine: è il protagonista incontrastato, e gli altri personaggi assumono spessore e consistenza in base ai ruoli e alle funzioni che rivestono nei suoi confronti. Accanto a lui troviamo innanzitutto Ofelia, la bella figlia di Polonio, sorella di Laerte. Il principe di Danimarca ne è innamorato, ma, convintosi del tradimento della madre, matura un sentimento di disgusto verso l'intero genere femminile. Spinge così l'innocente fanciulla a entrare in convento, determinandone la disperazione e la morte.
Ci sono poi i due re: il defunto padre di Amleto, che compare sulla scena come fantasma, e Claudio, che ne ha usurpato il trono. Essi vengono continuamente opposti l'uno all'altro, in base a caratterizzazioni antitetiche: luce e buio, bene e male, spiritualità e materialità.
Alla madre, Gertrude, il protagonista è legato da sentimenti contrastanti, che – in base a un'interpretazione della tragedia in chiave psicanalitica – rivelerebbero in lui la presenza di un "complesso di Edipo", giacché egli desidera ucciderne il marito, percepito come rivale.
Accanto al fedele Orazio, che incarna la saggezza e il buon senso, compaiono infine altri due giovani uomini: Fortebraccio, principe di Norvegia, che rappresenta, rispetto ad Amleto, una sorta di "aiutante", risoluto nel proposito di vendicare il re ucciso, e Laerte, che, amato da Amleto come un fratello, ne diventa nemico dopo l'uccisione del padre Polonio e la morte della sorella Ofelia.

2 I temi dell'opera 

In base alla visione rinascimentale di un mondo governato dall'ordine e dall'armonia, gli atti di omicidio, incesto e usurpazione perpetrati da Claudio nel regno di Danimarca hanno turbato e deturpato la naturale condizione delle cose. Tali crimini vengono metaforicamente indicati come una malattia profonda, una sorta di cancro che sta corrodendo il paese dall'interno (come afferma un personaggio minore nel primo atto, in una battuta diventata celebre: «C'è del marcio in Danimarca»). La morte di Gertrude, avvelenata (seppur involontariamente) dal marito, è anch'essa espressione della corruzione che avvolge una Danimarca "avvelenata" dal regicidio-fratricidio.
Nel suo desiderio di uccidere il re corrotto e di ripristinare un governo legittimo, Amleto si pone, oltre che come vendicatore, come restauratore dell'armonia violata. La sua follia, che inizialmente appare come la finzione necessaria a portare a compimento il suo piano, diventa però, a poco a poco, reale, rivelando che la lucidità e il senso della misura sono stati compromessi anche in lui. La perdita di equilibrio mentale nel protagonista è così un riflesso della perdita di equilibrio politico e morale che caratterizza il regno di Danimarca.

Il simbolico combattimento tra bene e male che domina la vicenda è reso esplicito anche sul piano linguistico da una serie di opposizioni e contrasti. Il dualismo riguarda in primo luogo l’essere umano, descritto come una creatura in perenne oscillazione tra il mondo animale e quello angelico (retaggio della cultura medievale, secondo cui la Terra era situata tra il Paradiso e l'Inferno, cosicché l'esistenza umana risultava condizionata da entrambe le dimensioni).
Altra antitesi che segna tematicamente la tragedia è quella tra reale e irreale, tra essere e non essere, tra sostanza e apparenza: la pazzia di Amleto è inizialmente fittizia, ma si fa poi concreta; la realtà è continuamente paragonata alla finzione scenica, e gli esseri umani ad attori che recitano un ruolo in un grande dramma di cui non sono autori.

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Nell'Amleto – come nell'intera produzione di Shakespeare – trova posto anche una riflessione sulla natura del teatro e sui suoi mezzi espressivi. Si tratta della cosiddetta " dimensione metateatrale", che affronta anch'essa il rapporto fra realtà e illusione.
La messa in scena che Amleto organizza insieme agli attori giunti alla corte di Elsinore dovrebbe smascherare il re, fornendo al giovane principe la certezza circa il responsabile dell'assassinio del padre. Ma se il re, sconvolto, ordina di interrompere lo spettacolo, è pur vero che la prova ottenuta è ambigua, anche perché all'epoca la rappresentazione scenica dell'assassinio di un sovrano era considerata un delitto di lesa maestà (questa è l'offesa che Gertrude rimprovererà ad Amleto). È come se Shakespeare volesse dirci che il teatro è uno strumento di conoscenza parziale che non prova nulla, se non la stessa impossibilità di una conoscenza certa.

L'ultimo motivo del dramma è la paura di conoscere. C'è chi ha definito l'Amleto una tragedia della conoscenza, più che una tragedia della vendetta: «Amleto non vuole vendicarsi, vuole sapere, sapere di sé, dello spettro, dell'ardua verità, della vita, ma teme a un tempo la conoscenza, e la ritarda, e muore quando sembra non sia più possibile evitarla, o non vi sia più nulla da conoscere» (Zazo).

3 I testi 

Temi e motivi dei brani antologizzati
T4
L’indecisione di Amleto 
Atto II, scena II
• l’irresolutezza del protagonista 
• Amleto come individuo moderno in crisi 
• la mescolanza dei registri stilistici
T5
«Essere... o non essere»
Atto III, scena I 
• la preoccupazione per la presunta pazzia di Amleto 
• la meditazione di Amleto sulla vita 
• il tormento interiore che impedisce l’azione 
• Ofelia eroina tragica, respinta senza colpa

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 2
Dal Seicento al primo Ottocento