Per approfondire - La Storia d’Italia: Guicciardini e la catastrofe della penisola

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Ricordi

PER APPROFONDIRE

La Storia d’Italia: Guicciardini e la catastrofe della penisola

In che modo Guicciardini cala il proprio pessimismo nella carne viva della Storia? Per rispondere a questa domanda basta leggere il proemio dell’opera più matura della sua produzione storiografica, la Storia d’Italia. L’irrimediabile catena di catastrofi che conduce alla disfatta politica dell’Italia è infatti inserita nella più vasta e generale concezione della vita, sottoposta all’instabilità dei venti della fortuna. Dalla discesa in Italia di Carlo VIII (1494) alla testa dell’esercito francese, un drammatico quarantennio di violenze ed egoismi ha fatto precipitare il paese nell’abisso della miseria: approdo reputato coerente e inevitabile, in quanto tutte le cose umane sono destinate a perire proprio quando appaiono splendide e immortali. In tal modo, Guicciardini introduce solennemente e non senza una sofferta implicazione soggettiva («Io» è la prima parola dell’opera) la propria narrazione di un’epoca instabile e negativa, sulla quale si distendono le ombre delle «calamità» che affliggono «i miseri mortali ». Più che una storia, Guicciardini si accinge così a raccontare una tragedia.

« Io ho deliberato di scrivere le cose accadute alla memoria nostra1 in Italia, dappoi che l’armi de’ franzesi, chiamate da’ nostri prìncipi medesimi, cominciorono con grandissimo movimento a perturbarla:2 materia, per la varietà e grandezza loro,3 molto memorabile e piena di atrocissimi accidenti;4 avendo patito tanti anni Italia tutte quelle calamità con le quali sogliono i miseri mortali, ora per l’ira giusta d’Iddio ora dalla empietà e sceleratezze degli altri uomini, essere vessati. Dalla cognizione de’ quali casi, tanto vari e tanto gravi, potrà ciascuno, e per sé proprio e per bene publico, prendere molti salutiferi documenti:5 onde6 per innumerabili esempli evidentemente apparirà a quanta instabilità, né altrimenti che uno mare concitato7 da’ venti, siano sottoposte le cose umane; quanto siano perniciosi,8 quasi sempre a se stessi ma sempre a’ popoli, i consigli male misurati9 di coloro che dominano, quando, avendo solamente innanzi agli occhi o errori vani10 o le cupidità presenti, non si ricordando delle spesse variazioni della fortuna, e convertendo in detrimento altrui11 la potestà conceduta loro per la salute12 comune, si fanno, o per poca prudenza o per troppa ambizione, autori di nuove turbazioni.13
Ma le calamità d’Italia (acciocché14 io faccia noto quale fusse allora lo stato suo, e insieme le cagioni dalle quali ebbeno15 l’origine tanti mali) cominciorono con tanto maggiore dispiacere e spavento negli animi degli uomini quanto le cose universali16 erano allora più liete e più felici. Perché manifesto è che, dappoi che lo imperio romano, indebolito principalmente per la mutazione degli antichi costumi, cominciò, già sono più di mille anni,17 di18 quella grandezza a declinare alla quale con maravigliosa virtù e fortuna era salito, non aveva giammai sentito Italia tanta prosperità, né provato stato tanto desiderabile quanto era quello nel quale sicuramente si riposava l’anno della salute cristiana mille quattrocento novanta, e gli anni che a quello e prima e poi furono congiunti. Perché, ridotta19 tutta in somma pace e tranquillità, coltivata non meno ne’ luoghi più montuosi e più sterili che nelle pianure e regioni sue più fertili, né sottoposta a altro imperio che de’ suoi medesimi,20 non solo era abbondantissima d’abitatori, di mercatanzie e di ricchezze; ma illustrata21 sommamente dalla magnificenza di molti prìncipi, dallo splendore di molte nobilissime e bellissime città, dalla sedia e maestà della religione,22 fioriva d’uomini prestantissimi23 nella amministrazione delle cose publiche, e di ingegni molto nobili in tutte le dottrine24 e in qualunque arte preclara25 e industriosa; né priva secondo l’uso di quella età di gloria militare e ornatissima di tante doti, meritamente appresso26 a tutte le nazioni nome e fama chiarissima riteneva.27 »



1 alla memoria nostra: contemporanee all’autore e quindi impresse nella sua memoria.
2 perturbarla: sconvolgerla. L’autore allude alla discesa in Italia di Carlo VIII, re di Francia, nel 1494.
3 loro: delle cose accadute.
4 accidenti: avvenimenti.
5 salutiferi documenti: utili insegnamenti (latinismo).
6 onde: dal momento che.
7 né… concitato: non diversamente da un mare agitato.
8 perniciosi: dannosi.
9 i consigli male misurati: le decisioni poco ponderate.
10 vani: causati dalla superficialità.
11 in detrimento altrui: a danno degli altri.
12 salute: salvezza.
13 turbazioni: turbamenti.
14 acciocché: affinché.
15 ebbeno: ebbero.
16 le cose universali: le condizioni generali.
17 già… anni: più di mille anni fa (l’Impero romano d’Occidente cadde nel 476 d.C.).
18 di: da.
19 ridotta: condotta.
20 de’ suoi medesimi: dei principi italiani.
21 illustrata: resa illustre.
22 sedia… religione: Guicciardini allude al fatto che l’Italia fosse la sede della cristianità, rappresentata dal seggio (sedia) di Pietro.
23 prestantissimi: abilissimi.
24 dottrine: discipline.
25 preclara: illustre, insigne.
26 meritamente appresso: a pieno merito presso.
27 riteneva: conservava.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento