2 - Le opere

Umanesimo e Rinascimento – L'autore: Francesco Guicciardini

2 Le opere

Nonostante l’attività letteraria rivesta per Guicciardini un’importanza marginale rispetto a quella politica, la mole dei suoi scritti è imponente. Eppure, egli immagina di pubblicare soltanto la Storia d’Italia, ma anche questa, come tutte le altre opere, viene stampata postuma, scampando alla volontà dell’autore morente, che ha ordinato ai familiari di bruciarla. A esclusione della Storia e dei Ricordi (che vengono pubblicati, peraltro parzialmente e con molte manipolazioni, nel corso del XVI secolo), la sua produzione diviene nota solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando riemerge dalle carte di famiglia: relazioni, diari di viaggio, un vasto epistolario (circa 5000 lettere), opere politico-teoriche, altre redatte a uso privato e testi storiografici.

Opere politico-teoriche

È una produzione che ben si inserisce nell’intenso dibattito sull’assetto politico-costituzionale di Firenze fiorito a cavallo della caduta della Repubblica e del ritorno al potere dei Medici (1512).
In sintesi, riportiamo il contenuto delle opere di maggior rilievo.

Discorso di Logrogno

In quest’opera, che prende il nome dalla città spagnola in cui viene scritta nel 1512, Guicciardini esprime le proprie simpatie per il regime aristocratico: auspicando per Firenze un governo di «savi» e «prudenti», lo scrittore rivela già la lontananza da ogni prospettiva di governo democratico.

Dialogo del reggimento di Firenze

Scritto tra il 1521 e il 1526 e diviso in 2 libri, è un dialogo che Guicciardini immagina avvenuto a Firenze nel 1494 fra alcuni repubblicani fiorentini e Bernardo del Nero, storico esponente del partito mediceo, condannato a morte nel 1497 per aver tramato contro la Repubblica. Quest’ultimo, alter ego dell’autore, mette in luce gli aspetti negativi sia del sistema monarchico mediceo sia di quello repubblicano. A suo giudizio si rivela adatto alla particolare situazione di Firenze un governo oligarchico, nel quale il potere di un gonfaloniere a vita sia bilanciato da un senato composto dai rappresentanti delle famiglie più agiate.

Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli sopra la Prima Deca di Tito Livio

In queste pagine, scritte probabilmente nel 1530, Guicciardini trae spunto dalle affermazioni contenute in 38 capitoli dei Discorsi di Machiavelli, per contrapporvisi analiticamente. La confutazione nasce soprattutto dal rifiuto di Guicciardini di considerare gli ordinamenti romani – come quelli di ogni altro popolo e di ogni altra epoca – alla stregua di modelli per il presente.
Anche il progetto nazionale unitario, sostenuto da Machiavelli nell’esortazione finale del Principe, viene visto come un’ipotesi utopistica e non condivisibile. Guicciardini infatti non è d’accordo con l’amico sul fatto che l’unità politica sia da preferire alla frammentazione in tanti principati, visto che nella nostra penisola è sempre stato vivo il sentimento dell’autonomia cittadina e della libertà dei singoli comuni.
Il particolarismo è un’attitudine connaturata agli italiani: combatterla è inutile, anzi controproducente.

 >> pag. 823 

Opere a uso privato

Come si è detto, tutte le opere di Guicciardini, a eccezione della Storia d’Italia, non nascono per essere pubblicate. Alcune di esse, in particolare, hanno per loro stessa natura un carattere privato, com’era tipico della tradizione fiorentina dei cosiddetti “libri di famiglia”.

Memorie di famiglia e Ricordanze

Era abitudine a Firenze che i capi delle famiglie più illustri lasciassero ai propri discendenti le informazioni relative alla storia della famiglia: alberi genealogici, resoconti patrimoniali, biografie di antenati illustri, precetti educativi. Anche Guicciardini scrive nel 1508 le Memorie di famiglia e le Ricordanze per tramandare le glorie domestiche.

Ricordi

Si tratta di una nutrita raccolta di pensieri e appunti sparsi, raccolti da Guicciardini. Pur mancando della disciplinata metodicità del Principe, essi esprimono pienamente la sostanza originale del pensiero dell’autore. A quest’opera dedichiamo la seconda parte dell’Unità (► p. 825).

Opere storiche

La riflessione guicciardiniana, condotta in modo asistematico nei Ricordi, trova nel racconto storico una più organica conferma pratica. La passione per la produzione storiografica accompagna lo scrittore lungo l’arco di tutta la sua avventura politica.

Storie fiorentine

Prendendo in esame gli eventi che vanno dal tumulto dei Ciompi (1378) sino al 1509, quest’opera giovanile, risalente proprio al 1509 e rimasta incompiuta, mostra le caratteristiche tipiche del Guicciardini storico. L’analisi delle vicende esclude l’idea di qualsiasi intervento trascendente nella vita degli uomini, che viene indagata nelle sue più intime pieghe e sfaccettature. Lo studio delle fonti è limitato per lo più ai documenti presenti nell’archivio familiare, ma appare già chiara la volontà dello storico di approfondire le cause delle azioni e la rappresentazione dei personaggi e degli ambienti.

Cose fiorentine

Quest’altra opera storica (1528), anch’essa incompiuta, è stata ritrovata tra le carte dell’autore solo negli anni Quaranta del Novecento. L’arco temporale che doveva coprire andava dal 1375 al 1441, ma gli ultimi anni ci sono pervenuti solo allo stadio di abbozzo. Interessante è però la narrazione, contenuta nel Proemio, delle origini di Firenze, che Guicciardini allestisce impiegando fonti diverse, da quelle d’archivio ai testi classici come lo scrittore latino Plinio il Vecchio (I secolo d.C.).

Storia d’Italia

Unica tra le opere di Guicciardini a essere destinata alla pubblicazione, la Storia d’Italia viene scritta nei suoi ultimi anni di vita, a partire dal 1537.

L’opera va dalla discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII, nel 1494, fino alla morte di papa Clemente VII, nel 1534. L’evento che apre la narrazione è considerato dall’autore come l’inizio di un periodo di crisi profonda, segnato in Italia dal dominio straniero e da una grave instabilità. Quel periodo non è ancora stato superato quando Guicciardini scrive la sua opera: ciò spiega la visione pessimistica che emerge dalla tensione tragica con cui viene narrata la progressiva rovina d’Italia, vittima passiva nelle mani dello straniero.

 >> pag. 824 

Divisa dagli editori ottocenteschi in 20 libri, l’opera riflette il rifiuto dell’autore di ragionare sulla base di teorie astratte. Nessuno schema precostituito infatti condiziona il racconto e il giudizio dei fatti, che vengono analizzati con tono distaccato e tendenzialmente oggettivo, con apparente indifferenza.

Nell’approccio storiografico di Guicciardini è possibile cogliere l’influenza delle sue esperienze politiche e diplomatiche, benché egli parli di sé in terza persona. La conoscenza diretta dei protagonisti gli permette di approntare una galleria di ritratti delle grandi personalità dell’epoca. In qualche caso, per metterne meglio a fuoco caratteri e psicologie, Guicciardini, ricorrendo a un artificio tipico della storiografia classica, li fa parlare ed esprimere direttamente in discorsi fittizi, pensieri e progetti.
Ma, a differenza di tutta la tradizione precedente, Guicciardini impiega, in modo sistematico e approfondito, le fonti documentarie, confrontandole tra loro. Ogni documento viene infatti accuratamente vagliato: uno scrupolo di verità, questo, che fa della Storia d’Italia la prima opera storiografica moderna.

Lo stile è assai diverso da quello che troviamo nei Ricordi. Ciò non deve sorprendere. Guicciardini infatti affida alla Storia d’Italia quasi il ruolo di un testamento da tramandare ai posteri: è l’opera con cui aspira alla fama tanto ambita. Perciò la sintassi è complessa, fatta di periodi molto ampi e articolati, tesa a riprodurre le solenni caratteristiche formali della grande storiografia classica. Il lessico si ispira alle direttive di Pietro Bembo, di cui Guicciardini aveva letto e apprezzato le Prose della volgar lingua (1525): per questo, la Storia d’Italia si libera dalla patina popolaresca del fiorentino contemporaneo così come raccomandava Bembo, fautore, per la prosa, del modello boccacciano e trecentesco.

La vita
Le opere
• Nasce a Firenze 1483  
• Inizia lo studio del diritto 1498  
• Insegna Istituzioni civili a Firenze 1505  
• Sposa Maria Salviati 1507

1508 Memorie di famiglia
Ricordanze
1509 Storie fiorentine
• Ambasciatore in Spagna 1511

1512 Discorso di Logrogno
1512-1530 Ricordi
• Governatore di Modena e Reggio 1516-1517

1521-1526 Dialogo del reggimento di Firenze
• Governatore della Romagna 1524  
• È tra i promotori della Lega di Cognac 1526  
• Il ritorno della Repubblica a Firenze lo esclude da incarichi pubblici 1527

1528 Cose fiorentine
1530 Considerazioni intorno ai “Discorsi” del Machiavelli sopra la Prima Deca di Tito Livio
• Restaurazione dei Medici e nuova carica pubblica 1531  
• Si ritira a vita privata 1534

1537-1540 Storia d’Italia
• Muore ad Arcetri (presso Firenze) 1540  

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
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Dalle origini al Cinquecento