T9 - Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla (XXV)

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Il Principe

 T9 

Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo sia possibile arginarla

Il Principe, XXV


Siamo nell’ultima parte del Principe, quella in cui si analizzano le cause della crisi italiana. Nell’approfondire la questione, Machiavelli si sofferma su un tema caro alla trattatistica umanistico-rinascimentale: il rapporto tra la virtù e la fortuna.

QUANTUM FORTUNA IN REBUS HUMANIS POSSIT ET QUOMODO ILLI SIT
OCCURRENDUM1
È non mi è incognito2 come molti hanno avuto e hanno opinione che le cose
del mondo sieno in modo governate, da la fortuna e da Dio, che li uomini con la
5 prudenza loro non possino correggerle,3 anzi non vi abbino remedio alcuno; e per
questo potrebbono iudicare che non fussi da insudare molto nelle cose, ma lasciarsi
governare alla sorte.4 Questa opinione è suta5 più creduta ne’ nostri tempi per
la variazione grande6 delle cose che si sono viste e veggonsi ogni dì, fuora di ogni
umana coniettura.7 A che pensando io qualche volta, mi sono in qualche parte inclinato
10 nella opinione loro.8 Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia
spento,9 iudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni
nostre, ma che etiam10 lei ne lasci governare l’altra metà, o presso,11 a noi. E assimiglio
quella12 a uno di questi fiumi rovinosi che, quando si adirano,13 allagano
e’ piani, rovinano14 li arbori e li edifizi, lievano da questa parte terreno, pongono
15 da quella altra:15 ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede all’impeto loro sanza
potervi in alcuna parte ostare.16 E, benché sieno così fatti,17 non resta18 però che
gli uomini, quando sono tempi queti,19 non vi potessino20 fare provedimento e
con ripari e con argini: in modo che, crescendo poi, o egli andrebbono per uno
canale21 o l’impeto loro non sarebbe né sì dannoso né sì licenzioso.22 Similmente
20 interviene23 della fortuna, la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata24
virtù a resisterle: e quivi volta e’ sua impeti, dove la sa che non sono fatti gli argini
né e’ ripari a tenerla. E se voi considerrete la Italia, che è la sedia di queste variazioni
e quella che ha dato loro il moto,25 vedrete essere una campagna26 sanza argini
e sanza alcuno riparo: che, s’ella fussi riparata da conveniente virtù, come è la 

 >> pag. 800 

25 Magna,27 la Spagna e la Francia, o questa piena non arebbe fatto le variazioni grande
che la ha, o la non ci sarebbe venuta. E questo voglio basti aver detto, quanto allo
opporsi alla fortuna, in universali.28
Ma ristringendomi più a’ particulari, dico come si vede oggi questo principe
felicitare 29 e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna;
30 il che credo che nasca, prima, da le cagioni che si sono lungamente per lo addreto
discorse: cioè che quel principe, che si appoggia tutto in su la fortuna, rovina
come quella varia.30 Credo ancora che sia felice quello che riscontra31 il modo del
procedere suo con la qualità de’ tempi:32 e similmente sia infelice quello che con il
procedere suo si discordano e’ tempi. Perché si vede gli uomini, nelle cose che gli
35 conducono al fine quale ciascuno ha innanzi,33 cioè gloria e ricchezze, procedervi
variamente:34 l’uno con rispetto,35 l’altro con impeto; l’uno per violenzia, l’altro
con arte;36 l’uno con pazienza,37 l’altro col suo contrario; e ciascuno con questi
diversi modi vi può pervenire. E vedesi ancora dua respettivi,38 l’uno pervenire al
suo disegno, l’altro no; e similmente dua equalmente felicitare con diversi studii,39
40 sendo l’uno respettivo e l’altro impetuoso: il che non nasce da altro, se non da la
qualità de’ tempi che si conformano, o no, col procedere loro. Di qui nasce quello
ho detto,40 che dua, diversamente operando, sortiscono41 el medesimo effetto: e
dua equalmente operando, l’uno si conduce al suo fine e l’altro no. Da questo
ancora depende la variazione del bene; perché se uno, che si governa42 con rispetti
45 e pazienza, e’ tempi e le cose girono in modo che il governo suo sia buono, e’
viene felicitando: ma se e’ tempi e le cose si mutano, rovina, perché e’ non muta
modo di procedere. Né si truova uomo sì prudente che si sappia accommodare a
questo:4344 perché non si può deviare da quello a che la natura lo inclina,45
etiam perché, avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può
50 persuadere che sia bene partirsi46 da quella. E però l’uomo respettivo, quando e’ gli
è tempo di venire allo impeto,47 non lo sa fare: donde e’ rovina; che se si mutassi
natura con e’ tempi e con le cose, non si muterebbe fortuna.48
Papa Iulio II49 procedé in ogni sua azione impetuosamente, e trovò tanto e’ tempi
e le cose conforme a quello suo modo di procedere che sempre sortì felice fine.
55 Considerate la prima impresa ch’e’ fe’ di Bologna,50 vivendo ancora messer Giovanni
Bentivogli. Viniziani non se ne contentavano; el re di Spagna, quel medesimo; con
Francia aveva ragionamenti di tale impresa.51 E lui nondimanco con la sua ferocità52

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e impeto si mosse personalmente a quella espedizione. La qual mossa fece stare
sospesi e fermi Spagna e viniziani, quegli per paura e quell’altro53 per il desiderio
60 aveva54 di recuperare tutto el regno di Napoli; e da l’altro canto si tirò dietro il re di
Francia perché, vedutolo quel re mosso55 e desiderando farselo amico per abbassare56
e’ viniziani, iudicò non poterli negare gli eserciti sua sanza iniuriarlo manifestamente.57
Condusse58 adunque Iulio con la sua mossa impetuosa quello che mai altro
pontefice, con tutta la umana prudenza, arebbe condotto. Perché, se egli aspettava di
65 partirsi da Roma con le conclusioni ferme e tutte le cose ordinate,59 come qualunque
altro pontefice arebbe fatto, mai gli riusciva:60 perché il re di Francia arebbe avuto
mille scuse e li altri li arebbono messo61 mille paure. Io voglio lasciare stare le altre
sua azioni, che tutte sono state simili e tutte gli sono successe bene:62 e la brevità della
vita non li ha lasciato sentire63 il contrario; perché, se fussino sopravvenuti tempi
70 che fussi bisognato procedere con respetti, ne seguiva la sua rovina: né mai arebbe
deviato da quegli modi alli quali la natura lo inclinava.
Concludo adunque che, variando la fortuna e’ tempi e stando li uomini ne’
loro modi ostinati,64 sono felici mentre concordano insieme e, come65 e’ discordano,
infelici. Io iudico bene questo,66 che sia meglio essere impetuoso che respettivo:
75 perché la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto,67 batterla e
urtarla.68 E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quegli che freddamente69
procedono: e però70 sempre, come71 donna, è amica de’ giovani, perché
sono meno respettivi, più feroci72 e con più audacia la comandano.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Il capitolo si struttura in due parti evidenziate dallo stesso autore: nella prima (rr. 1-27), egli ragiona in una prospettiva universale affermando in teoria la fondatezza del suo ragionamento; nella seconda, invece (rr. 28-78), intende restringersi a’ particulari (r. 28). È questo un caso in cui Machiavelli sceglie il metodo deduttivo: la teoria generale serve a spiegare il particolare.

La prima parte inizia subito con un’opposizione al giudizio dominante. L’opinione comune (a cui Machiavelli riconosce di aver aderito qualche volta, r. 9) è che la sorte e Dio governino la vita degli uomini senza che questi ultimi possano modificarla. Tale fatalismo si traduce nella passività, nel lasciarsi governare alla sorte (rr. 6-7), che è quanto accade da tempo in Italia, dove l’inerzia è la causa prima della rovina. Proprio in contrapposizione con tale apatia, il consueto nondimanco (r. 10) introduce il punto di vista dell’autore, il quale, sulla scia tracciata dal pensiero umanistico, rivaluta il libero arbitrio e considera la fortuna arbitra della metà delle azioni nostre (rr. 11-12). Fortuna e virtù sono dunque sullo stesso piano, dividendosi il potere di incidere sulla vita e sulle azioni dell’uomo.

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A sostegno della tesi, Machiavelli introduce una metafora: la fortuna è assimilata a uno di questi fiumi rovinosi (r. 13) capaci di abbattere ogni cosa; fiumi che tuttavia, quando le condizioni esterne siano propizie, cioè nei tempi queti (r. 17), possono essere incanalati e resi inoffensivi. La metafora non ha in Machiavelli una funzione di semplice abbellimento del discorso; rivelandosi funzionale all’argomentazione, essa viene infatti spiegata e per così dire commentata ai fini di una maggiore incisività e chiarezza: la fortuna dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle (rr. 20-21).
Seguono poi l’esempio della realtà storica e il confronto tra i grandi paesi europei, Germania, Spagna e Francia, che, grazie alle loro salde monarchie, si sono dotati degli argini per far fronte alla violenza della fortuna (e quindi alle turbolenze politiche), e l’Italia, che è invece campagna […] sanza alcuno riparo (rr. 23-24), cioè inerte dinanzi alle scorrerie degli stranieri.

La seconda parte si apre con un’affermazione che sembra negare in partenza ogni possibilità umana di indirizzare il corso degli eventi: dico come si vede oggi questo principe felicitare e domani ruinare, sanza avergli veduto mutare natura o qualità alcuna (rr. 28-29). Il successo e l’insuccesso dipenderebbero quindi da circostanze esterne e fortuite, indipendenti dalla volontà umana. Tuttavia, un rimedio, anche se parziale e probabilmente fallibile, esiste ancora: il saper “riscontrare”, cioè adattarsi. Diremmo oggi: la capacità di essere camaleontici, di mutare indole a seconda della convenienza, accordandosi a come e’ tempi e le cose girono (r. 45). Le circostanze possono consigliare di avere ora un atteggiamento respettivo, cioè prudente e guardingo, ora impetuoso (r. 40). A quest’ultima condotta si è ispirato papa Giulio II, che proprio grazie alla sua natura impetuosa ha potuto accordarsi con successo allo spirito del suo tempo.

Nella conclusione del capitolo, Machiavelli raccoglie le fila del discorso per preparare il terreno alla conclusione militante del trattato. Infatti, dopo aver sottolineato la necessità di adeguare alle situazioni contingenti i comportamenti da adottare per contrastare la fortuna, dichiara apertamente di propendere per l’azione energica del principe. Riprendendo una diffusa tradizione misogina che identifica nella donna una creatura irrazionale, istintiva e capricciosa, l’autore afferma che la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla (rr. 75-76). Dunque l’aggressività virile si fa preferire alla cautela e alla misura: una conclusione che si spiega del tutto solo dopo aver letto il capitolo finale del Principe, nel quale Machiavelli esorta i Medici a liberare l’Italia dall’oppressione straniera. Per far ciò, non era più possibile temporeggiare: solo l’impeto avrebbe permesso di raggiungere l’obiettivo.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Spiega le grandi immagini metaforiche della fortuna come un fiume in piena e come una donna.


2 Perché l’Italia è senza argini e riparo (rr. 23-24)?


3 Il capitolo si divide in due parti: alla parte iniziale, che si sofferma in universali (“in generale”) su come opporsi alla fortuna, subentra poi quella sui particulari. Riassumi in 10 righe il contenuto di ciascuna delle due parti.

ANALIZZARE

4 Individua le strategie retoriche (verbi, sostantivi, congiunzioni, connettivi ecc.) utilizzate da Machiavelli per rendere il suo stile così perentorio.


5 Fai l’analisi del periodo dell’ultimo paragrafo (da Concludo a comandano, rr. 72-78).

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INTERPRETARE

6 Perché è opportuno legare la preferenza finale accordata da Machiavelli per l’impetuosità alla finalità pratica e operativa del Principe?

PRODURRE

La tua esperienza

7 Machiavelli è convinto che la fortuna sia, almeno in parte, ancora indirizzabile dalla virtù. Sulla base della tua esperienza personale, riponi anche tu la medesima fiducia sulle possibilità dell’uomo di determinare il corso della propria esistenza? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 20 righe.


8 Forzare o temporeggiare? Il dilemma è antico: tu sei un sostenitore del coraggio o della prudenza? In quali occasioni ti sei servito dell’uno o dell’altra? Scrivi un testo di circa 20 righe.


 T10 

Esortazione a conquistare l’Italia e a liberarla dalle mani dei barbari

Il Principe, XXVI


Il Principe si chiude con un’appassionata e vibrante esortazione rivolta ai Medici affinché riscattino l’Italia dalla schiavitù cui l’ha condotta l’ignavia dei principi italiani. Il testo che proponiamo è in italiano moderno, nella riscrittura di Carmine Donzelli.

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Ad alta voce

Considerate tutte le cose di cui ho fin qui trattato, mi sono chiesto se le circostanze
presenti, in Italia, erano tali da rendere onore a un nuovo principe, e se c’era modo
di consentire a un principe saggio e capace di introdurre novità istituzionali tali da
assicurare gloria a lui e benefici alla collettività. Ora a me sembra che concorrano
5 tali e tante circostanze favorevoli a un principe nuovo, che io non so se ci fu mai
un’epoca più propizia di questa. E se, come dissi già al capitolo 6,1 era necessario
per mettere in evidenza le grandi qualità di Mosè, di Ciro e di Teseo, che il popolo
d’Israele fosse schiavo in Egitto, che i Persiani fossero oppressi dai Medi e che gli
Ateniesi fossero dispersi, così ora, per riconoscere il valore di uno spirito italiano,
10 era necessario che l’Italia si riducesse nelle condizioni in cui si trova, e che essa
fosse più schiava degli Ebrei, più serva dei Persiani e più dispersa degli Ateniesi;
senza guida, senza ordine, battuta, spogliata, lacera, saccheggiata e percorsa dallo
straniero,2 dopo aver sopportato ogni genere di calamità.
Qualche spiraglio di luce si è manifestato talvolta in qualche italiano,3 tale da
15 poter far pensare che egli fosse mandato da Dio per la redenzione dell’Italia. Tuttavia
si è poi visto che, nel momento decisivo, la fortuna non lo ha assistito. Di modo
che, rimasta quasi senza vita, l’Italia attende di vedere quale possa essere l’uomo
capace di sanare le sue ferite, di porre fine ai saccheggi della Lombardia, alle imposizioni
fiscali del Regno di Napoli e della Toscana, e di guarirla dalle piaghe già da
20 lungo tempo incancrenite. Vediamo come essa preghi Dio che le mandi qualcuno
per redimerla dalle crudeltà e dalle prepotenze dei barbari. La vediamo ancora tutta
pronta e disposta a seguire una bandiera, purché ci sia uno che la afferri.
Né si vede, oggi, in quale casa regnante essa possa sperare più che nella Casa
dei Medici, l’illustre Casa Vostra, la quale, grazie alla sua fortuna e capacità politica,

 >> pag. 804 

25 favorita da Dio e dalla Chiesa, della quale ora è a capo,4 possa mettersi
alla testa di questa redenzione. Ciò non sarà molto difficile se terrete presenti
le imprese e la vita degli eroi sopra nominati.5 E benché quegli uomini fossero
eccezionali e meravigliosi, nondimeno furono uomini, e ognuno di loro agì in
circostanze meno favorevoli delle attuali, perché l’impresa cui misero mano non
30 fu più giusta di questa di cui qui stiamo parlando, né più facile, né Dio fu con
loro più amico che con voi. Nell’impresa di cui stiamo parlando c’è una grande
giustizia: «È giusta la guerra per coloro ai quali è necessaria; e sacre sono le armi
quando in esse è riposta l’unica speranza»6. Tutto sembra essere disposto in favore
dell’impresa e, in tali circostanze, non possono esserci grandi difficoltà, purché
35 si prenda esempio da coloro che ho proposti per modello. Oltre a tutto possono
esserci prodigi incomparabili guidati da Dio: il mare si è aperto; una nube vi ha
indicato il cammino; da una pietra è scaturita l’acqua; qui la manna è piovuta dal
cielo;7 ogni cosa ha contribuito alla vostra grandezza. Il resto dovete farlo voi. Dio
non vuole fare tutto, per non privarci del libero arbitrio e di quella parte di gloria
40 che ci spetta.
Non c’è da meravigliarsi se nessuno dei predetti8 Italiani ha potuto fare ciò
che si può sperare sarà fatto dall’illustre Casa Vostra, anche se in tanti rivolgimenti
avutisi in Italia e in tanti esercizi di guerra, ci sembra sempre che il valore militare
dell’Italia sia finito. Ciò dipende dal fatto che i vecchi ordinamenti italiani
45 non erano più buoni, e non c’è stato nessuno capace di trovarne di nuovi. Niente,
tuttavia, dà tanta gloria e rispetto a un uomo nuovo, quanto il creare nuove leggi
e nuovi ordinamenti, che siano ben fondati e possiedano una loro grandiosità. E
in Italia non manca la materia a cui dare forma: c’è il grande valore del popolo,
anche se manca il valore dei capi. Osservate fino a qual punto nei duelli e nei
50 combattimenti fra pochi9 gli Italiani siano superiori per forza, per destrezza e per
ingegno; ma non appena si passa agli eserciti, fanno cattiva figura. Tutto dipende
dalla debolezza dei capi. Coloro che sanno non sono obbediti, e ognuno crede
di saper comandare, non essendoci stato finora nessuno in grado di distinguersi,
grazie alla capacità politica e alla fortuna, in modo da umiliare gli altri. Da ciò
55 dipende se da tanto tempo, nelle numerose guerre avutesi durante gli ultimi
vent’anni, ogni esercito interamente italiano ha sempre dato cattiva prova di sé.
Ne sono prova le battaglie del Taro, di Alessandria, di Capua, di Genova, di Agnadello,
di Bologna, di Mestre.10
Volendo dunque la illustre Casa Vostra imitare gli eccellenti uomini che liberarono
60 le loro terre, è necessario innanzi tutto, per render sicura l’impresa, provvedersi

 >> pag. 805 

di un proprio esercito. Sarà il più fidato, il più vero, il migliore. Dato che
ciascuno dei soldati ha buone qualità, tutti insieme diventeranno migliori, se vedranno
che a comandarli, a coprirli di gloria e a trattarli umanamente sarà un loro
principe. È necessario, pertanto, predisporre questo esercito per potere, col valore
65 degli italiani, difendersi dai nemici esterni.
Benché la fanteria svizzera e quella spagnola siano considerate terribili, tuttavia
ambedue possiedono alcuni difetti, per cui un terzo tipo di esercito potrebbe non
solamente opporsi a esse, ma contare di batterle. Gli Spagnoli, infatti, non possono
sostenere l’urto della cavalleria e gli Svizzeri debbono temere le altre fanterie,
70 quando queste siano egualmente determinate a combattere, Perciò si è visto, e si
continuerà a vedere, che gli Spagnoli non possono sostenere l’urto della cavalleria
francese, e che gli Svizzeri possono essere battuti da una fanteria spagnola.
Quest’ultimo fatto dovrebbe essere sottoposto ad altre prove, ma se ne è avuto un
saggio alla battaglia di Ravenna,11 quando le fanterie spagnole affrontarono i battaglioni
75 tedeschi che adottano lo stesso schieramento degli Svizzeri. Gli Spagnoli,
con l’agilità del corpo e con l’aiuto dei loro piccoli scudi rotondi, penetrarono
sotto le picche nemiche e colpirono i Tedeschi incapaci di difendersi; li avrebbero
annientati tutti, se non fosse arrivata la cavalleria. Individuato il lato debole dell’una
e dell’altra di queste fanterie, se ne può dunque istituire una di tipo nuovo, la
80 quale resista alla cavalleria e non abbia paura degli altri fanti, il che sarà frutto
della qualità delle armi e di un nuovo modo di schierarsi. Proprio queste sono le
innovazioni che dànno prestigio e grandezza a un principe nuovo.
Non si faccia dunque passare invano l’occasione di dare all’Italia, dopo tanto
tempo, un suo redentore. E non ho parole per esprimere con quale amore egli sarebbe
85 accolto in tutte quelle regioni che hanno sofferto per le invasioni straniere;
con quale sete di vendetta, con quale ostinata fede, con quale devozione e quali
lacrime. Quali porte gli resterebbero chiuse? Quale popolazione gli rifiuterebbe
obbedienza? Quale ambizione oserebbe ostacolarlo? Quale Italiano gli negherebbe
il rispetto? A tutti riesce intollerabile questo barbaro dominio! Prenda dunque,
90 l’illustre Casa Vostra, questa iniziativa, con l’animo e con la speranza che si addicono
alle imprese giuste, affinché sotto l’insegna dei Medici la patria sia nobilitata
e sotto i suoi auspici si avveri la predizione del Petrarca:

         Virtù contra furore
         Prenderà l’arme; e fia ‘l combatter corto:
95    Che l’antico valore
         Nell’italici cor non è amor morto.
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I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
Dalle origini al Cinquecento