T8 - In che modo i principi devono tenere fede alla parola data (XVIII)

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Il Principe

 T8 

In che modo i principi devono tener fede alla parola data

Il Principe, XVIII


È questo il capitolo che ha legittimato la falsa attribuzione a Machiavelli dell’espressione “il fine giustifica i mezzi”. Infatti, qui l’autore ribalta il punto di vista etico tradizionale, mettendo in discussione la necessità che il principe sia fedele e leale.
Il testo che proponiamo è in italiano moderno, nella riscrittura di Carmine Donzelli.

Quanto sia lodevole per un principe mantenere la parola data e vivere con trasparenza
e senza astuzia, tutti lo capiscono: nondimeno l’esperienza dei nostri tempi
mostra che hanno fatto grandi cose quei principi che hanno tenuto in scarso conto
la parola data e che hanno saputo raggirare con l’astuzia i cervelli altrui; alla fine,
5 questi principi sono stati superiori a quelli che si sono fondati sulla sincerità.
Dovete dunque sapere che ci sono due modi di combattere; l’uno, con le leggi;
l’altro, con la forza. Il primo è proprio dell’uomo; il secondo, delle bestie. Ma
siccome il primo molte volte non basta, è opportuno ricorrere al secondo: perciò a
un principe è necessario sapere usare bene sia la bestia che l’uomo. Questo punto
10 è stato insegnato ai principi in modo velato dagli scrittori antichi, i quali hanno
raccontato come Achille e molti altri principi antichi furono dati da allevare al
centauro Chirone,1 perché li mantenesse sotto la sua disciplina. Il che – avere per
precettore qualcuno che è mezza bestia e mezzo uomo – non vuol dire altro se non
che un principe deve sapere adoperare l’una e l’altra natura; e che l’una senza l’altra
15 non può durare.
Essendo dunque necessario che un principe sappia usare la bestia, da quest’ultima
deve prendere la volpe e il leone, perché il leone non sa difendersi dalle trappole,
e la volpe non sa difendersi dai lupi; bisogna dunque essere volpe e riconoscere
le trappole, e leone e spaventare i lupi; quelli che usano soltanto i modi del leone
20 non se ne intendono.2 Perciò un signore che sia saggio non può né deve mantenere
la parola data quando questo gli risulti dannoso, e quando si siano esaurite
le ragioni che gliela avevano fatta promettere. E se gli uomini fossero tutti buoni,
questo precetto non sarebbe buono; ma siccome sono malvagi, e non manterrebbero
la parola con te, neppure tu la devi mantenere con loro; e a un principe non
25 sono mai mancate ragioni legittime da accampare per camuffare l’inadempienza.
Se ne potrebbero dare innumerevoli esempi recenti, mostrando quante paci, quante
promesse sono state disattese e annullate dall’infedeltà dei principi: e chi meglio
ha saputo usare la volpe, meglio è riuscito. Ma è necessario saperla ben camuffare,
questa natura, ed essere grande simulatore e dissimulatore: d’altro canto gli uomini
30 sono tanto ingenui, e tanto condizionati dalle necessità del momento, che chi
inganna troverà sempre chi si lasci ingannare.
Tra gli esempi recenti voglio ricordarne uno. Alessandro VI3 non fece mai altro,
non pensò mai ad altro, che a tessere inganni, e trovò sempre materia per poterlo
fare; e non ci fu mai nessuno che fosse più convincente di lui nel promettere, e che

 >> pag. 796 

35 con reiterati giuramenti affermasse una cosa, per poi non rispettarla; ciononostante,
gli inganni gli riuscirono sempre nel modo desiderato, perché conosceva bene
questo aspetto del mondo.
Non è dunque necessario che un principe possieda effettivamente tutte le qualità
sopra descritte,4 ma è assolutamente necessario che faccia mostra di averle;
40 anzi, mi azzarderò a dire che se si possiedono e si applicano sempre, sono dannose,
e se si fa mostra di averle sono utili; come è utile apparire pietoso, fedele,
umano, onesto, religioso – ed esserlo, ma avendo l’animo disposto in modo che,
dovendo non esserlo, tu possa e sappia agire al contrario. Bisogna infatti tenere
presente che un principe, e soprattutto un principe nuovo, non può attenersi solo
45 a quelle cose per le quali gli uomini sono definiti buoni, perché spesso è costretto,
per mantenere lo stato, ad operare contro la fede, contro la carità, contro l’umanità,
contro la religione.5 E quindi bisogna che egli abbia un animo disposto a
voltarsi dalla parte che i venti della fortuna e il variare delle cose gli comandano; e
come prima ho detto, che non si discosti dal bene, se può, ma che sappia varcare
50 la soglia del male, se deve.
Un principe, insomma, deve stare ben attento che non gli esca mai di bocca
cosa che non sia piena delle cinque qualità sopra indicate; deve sembrare, a udirlo
e a vederlo, tutto pietà, tutto fede, tutto onestà, tutto umanità, tutto religione; e
quest’ultima qualità è la più necessaria da far credere di avere. Gli uomini, in genere,
55 giudicano più con gli occhi che con le mani, perché tutti sono capaci di vedere,
pochi di percepire;6 tutti vedono quello che tu sembri, pochi percepiscono quello
che tu sei, e quei pochi non osano opporsi all’opinione dei molti, specie se questi
ultimi hanno dalla loro la maestà dello stato; e nelle azioni di tutti gli uomini, e
soprattutto dei principi, per i quali non c’è un giudice a cui appellarsi, si guarda al
60 fine.7
Faccia dunque in modo, un principe, di conquistare e mantenere lo stato: i
mezzi saranno sempre giudicati onorevoli, e da ciascuno saranno lodati; perché il
volgo lo si conquista con le apparenze e con il buon esito dell’impresa: e nel mondo
non c’è altro che volgo, e i pochi nulla possono, quando i molti abbiano qualcuno
65 a cui appoggiarsi. Qualche principe dei tempi d’oggi,8 che non è opportuno
nominare, non fa altro che predicare pace e fede, e dell’una e dell’altra è nemico
giurato; sia l’una che l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero tolto più volte la
reputazione e lo stato.

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
Dalle origini al Cinquecento