Umanesimo e Rinascimento – L'autore: Ludovico Ariosto

  LABORATORIO verso l'esame

Angelica e l’orca

Orlando furioso, X, ott. 93; 95-102; 106-107; 109-111

Angelica, l’oggetto del desiderio di tutti i cavalieri dell’Orlando furioso, è stata catturata dagli abitanti dell’isola di Ebuda e legata a uno scoglio, offerta in sacrificio a un orribile mostro marino. Accorre a salvarla uno dei suoi spasimanti, Ruggiero, in sella all’ippogrifo, il magico destriero alato.

         93
         Al nudo sasso, all’Isola del pianto;
         che l’Isola del pianto era nomata
         quella che da crudele e fiera tanto
         et inumana gente era abitata,
 5     che (come io vi dicea sopra nel canto)
         per varii liti sparsa iva in armata
         tutte le belle donne depredando,
         per farne a un mostro poi cibo nefando.

         […]

         95
         La fiera gente inospitale e cruda
 10   alla bestia crudel nel lito espose
         la bellissima donna, così ignuda
         come Natura prima la compose.
         Un velo non ha pure, in che richiuda
         i bianchi gigli e le vermiglie rose,
 15   da non cader per luglio o per dicembre,
         di che son sparse le polite membre.

         96
         Creduto avria che fosse statua finta
         o d’alabastro o d’altri marmi illustri
         Ruggiero, e su lo scoglio così avinta
 20   per artificio di scultori industri;
         se non vedea la lacrima distinta
         tra fresche rose e candidi ligustri
         far rugiadose le crudette pome,
         e l’aura sventolar l’aurate chiome.

         97
 25   E come ne’ begli occhi gli occhi affisse,
         de la sua Bradamante gli sovvenne.
         Pietade e amore a un tempo lo trafisse,
         e di piangere a pena si ritenne;
         e dolcemente alla donzella disse,
 30   poi che del suo destrier frenò le penne:
         «O donna, degna sol de la catena
         con chi i suoi servi Amor legati mena,

 >> pag. 730 

         98
         e ben di questo e d’ogni male indegna,
         chi è quel crudel che con voler perverso
 35   d’importuno livor stringendo segna
         di queste belle man l’avorio terso?».
         Forza è ch’a quel parlare ella divegna
         quale è di grana un bianco avorio asperso,
         di sé vedendo quelle parte ignude,
 40   ch’ancor che belle sian, vergogna chiude.

         99
         E coperto con man s’avrebbe il volto,
         se non eran legate al duro sasso;
         ma del pianto, ch’almen non l’era tolto,
         lo sparse, e si sforzò di tener basso.
 45   E dopo alcun’ signozzi il parlar sciolto,
         incominciò con fioco suono e lasso:
         ma non seguì; che dentro il fe’ restare
         il gran rumor che si sentì nel mare.

         100
         Ecco apparir lo smisurato mostro
 50   mezzo ascoso ne l’onda e mezzo sorto.
         Come sospinto suol da borea o d’ostro
         venir lungo navilio a pigliar porto,
         così ne viene al cibo che l’è mostro
         la bestia orrenda; e l’intervallo è corto.
 55   La donna è mezza morta di paura;
         né per conforto altrui si rassicura.

         101
         Tenea Ruggier la lancia non in resta,
         ma sopra mano, e percoteva l’orca.
         Altro non so che s’assimigli a questa,
 60   ch’una gran massa che s’aggiri e torca;
         né forma ha d’animal, se non la testa,
         c’ha gli occhi e i denti fuor, come di porca.
         Ruggier in fronte la ferìa tra gli occhi;
         ma par che un ferro o un duro sasso tocchi.

 >> pag. 731 

        102
 65   Poi che la prima botta poco vale,
         ritorna per far meglio la seconda.
         L’orca, che vede sotto le grandi ale
         l’ombra di qua e di là correr su l’onda,
         lascia la preda certa litorale,
 70   e quella vana segue furibonda:
         dietro quella si volve e si raggira.
         Ruggier giù cala, e spessi colpi tira.

         […]

         106
         Sì forte ella nel mar batte la coda,
         che fa vicino al ciel l’acqua inalzare;
 75   tal che non sa se l’ale in aria snoda,
         o pur se ’l suo destrier nuota nel mare.
         Gli è spesso che disia trovarsi a proda;
         che se lo sprazzo in tal modo ha a durare,
         teme sì l’ale inaffi all’ippogrifo,
 80   che brami invano avere o zucca o schifo.

         107
         Prese nuovo consiglio, e fu il migliore,
         di vincer con altre arme il mostro crudo:
         abbarbagliar lo vuol con lo splendore
         ch’era incantato nel coperto scudo.
 85   Vola nel lito; e per non fare errore,
         alla donna legata al sasso nudo
         lascia nel minor dito de la mano
         l’annel, che potea far l’incanto vano:

         […]

         109
         Lo dà ad Angelica ora, perché teme
 90   che del suo scudo il fulgurar non viete,
         e perché a lei ne sien difesi insieme
         gli occhi che già l’avean preso alla rete.
         Or viene al lito e sotto il ventre preme
         ben mezzo il mar la smisurata cete.
 95   Sta Ruggiero alla posta, e lieva il velo;
         e par ch’aggiunga un altro sole al cielo.

 >> pag. 732 

         110
         Ferì negli occhi l’incantato lume
         di quella fera, e fece al modo usato.
         Quale o trota o scaglion va giù pel fiume
100  c’ha con calcina il montanar turbato,
         tal si vedea ne le marine schiume
         il mostro orribilmente riversciato.
         Di qua di là Ruggier percuote assai,
         ma di ferirlo via non truova mai.

         111
105  La bella donna tuttavolta priega
         ch’invan la dura squama oltre non pesti.
         «Torna, per Dio, signor: prima mi slega
         (dicea piangendo), che l’orca si desti:
         portami teco e in mezzo il mar mi anniega:
110  non far ch’in ventre al brutto pesce io resti».
         Ruggier, commosso dunque al giusto grido,
         slegò la donna, e la levò dal lido.

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Riassumi il contenuto del brano in circa 10 righe.


2 Che cosa fa capire a Ruggiero che a essere legata allo scoglio sia una creatura in carne e ossa?


3 Quale effetto determina in lui alla vista di Angelica?


4 A quale altro animale può essere paragonata l’orca secondo Ariosto?


5 Nell’ottava 106 Ariosto descrive le ragioni che inducono Ruggiero a operare un cambio di strategia. Quali sono?


6 Perché Ruggiero cede l’anello ad Angelica?


7 Il passo si conclude con la preghiera rivolta da Angelica al suo salvatore. Qual è il suo contenuto?

INTERPRETAZIONE

L’elemento magico è uno dei tratti caratterizzanti dell’Orlando furioso. Spiega qual è la sua funzione nel poema, facendo riferimento anche ad altri brani da te studiati. Soffermati poi sul successo che ha presso i lettori più giovani il genere fantasy (non solo in letteratura, ma anche nel cinema: è il caso delle saga del Signore degli Anelli o di quella di Harry Potter), di cui il capolavoro di Ariosto rappresenta uno dei più illustri antecedenti. Quali sono, a tuo giudizio, le ragioni di una così diffusa fascinazione? Anche tu sei appassionato/a delle storie fantastiche?

 >> pag. 733 

Ariosto uno di noi

Il critico Matteo Marchesini (n. 1979) argomenta l’esistenza di alcuni importanti punti di contatto tra l’epoca di Ariosto e la nostra, nonché tra l’universo ideologico dell’Orlando furioso e la cultura di oggi.

A mezzo millennio dalla prima edizione dell’Orlando furioso (1516), ci si potrebbe 

divertire a cogliere qualche affinità tra il nostro presente e il contesto storico 

riflesso fantasticamente nel poema. Mentre il giovane Ludovico imbastisce la sua 

“gionta”1 all’Innamorato del Boiardo, gli stati italiani perdono l’indipendenza e si 

5 riducono a fragili pedine sulla scacchiera delle potenze europee. Finisce la primavera 

carnascialesca del Quattrocento, tempo di letterature acerbe e interregionali 

in cui i tratti plebei e raffinati si mescolavano in una rorida poesia d’occasione. 

Nel 1494, la calata dei francesi rompe dopo quarant’anni gli equilibri della pace 

di Lodi, piccola guerra fredda che ha garantito una tregua insolitamente lunga alla 

10 penisola. La Storia ricomincia a muoversi con i suoi eserciti, dotati degli archibugi 

che l’eroe del Furioso prova invano a seppellire in mare per difendere l’ideale della 

cavalleria: un ideale ormai remoto, come nel XXI secolo, davanti ai droni, appaiono 

remote le pesanti divise novecentesche. Di lì a poco le guerre tra stati diventano 

guerre religiose, combattute anche coi nuovi mezzi della stampa, un’arma di propaganda 

15 ideologica formidabile quanto oggi il web. 

La rivoluzione gutenberghiana agisce sull’intera cultura: diffonde una mole d’informazioni 

presto incontrollabile, fissa la versione corretta dei testi, standardizza i 

volgari regionali, e così invita a codificare una lingua letteraria nazionale. Nella seconda 

e nella terza edizione del poema, Ariosto cercherà appunto di cancellarne la 

20 residua patina padana seguendo i precetti di Bembo, che indicava come modelli Petrarca 

e Boccaccio. Però il pontefice del volgare fiorentino tace sul Furioso, forse perché 

questa colta rielaborazione dei cantari non rientra tra i generi che ha previsto. E del 

resto nelle “corbellerie” di messer Ludovico ogni citazione stilistica o tematica dai 

grandi toscani, Dante compreso, perde i connotati originari e diventa subito ariostesca: 

25 a una trama funambolicamente eterogenea fa da contrappeso l’uniformità di stile 

e di passo testimoniata dalle ottave sinuose, panneggiate e insieme rapidissime. Tutto 

il Furioso si regge sul difficile equilibrio raggiunto tra spinte e caratteri opposti: da una 

parte l’ironia, dall’altra il fondo malinconico; da una parte gli eroi invulnerabili da 

fumetto che infilano sull’asta mucchi di nemici come tortellini, dall’altra gli eroi troppo 

30 umani che soccombono; da una parte le nobili scenografie cavalleresche, dall’altra 

i paragoni domestici che riconducono i duelli più solenni alla misura di una pesca 

sul Po o di un interno d’osteria ferrarese. Lo stesso Ariosto è duplice: sedentario e 

mercuriale, ragionevole e languido, sboccato e classicista. Queste doppiezze riflettono 

un mondo ovidianamente metamorfico, volubile e senza pace. È il mondo in cui le 

35 alleanze politico-militari cambiano di continuo e in cui al poeta-funzionario, se porta 

dagli Este al papa un’ambasciata sgradita, tocca vedere troppo da vicino il Tevere; il 

mondo della fortuna machiavelliana e della contagiosa follia già registrata da Alberti 

e poi messa in scena, oltre che dal Furioso, da Erasmo, Shakespeare e Cervantes. 

Con una suspense da videogioco o da serie tv, e con le interminabili catene di novelle 

40 che dilatano la pancia del suo poema senza inizio né fine, Ariosto ci ripete che 

la vita è un ininterrotto inseguimento d’ombre e di chimere. Insieme ossessivi e distratti, 

gli uomini corrono dietro prima a una donna e poi a un elmo, a un cavallo o 

a un anello, con la stessa stordita testardaggine. E dato che la realtà è imprevedibile e 

indomabile, nessuno raggiunge l’oggetto dei suoi desideri: “Angelica che fugge”, che 

45 di questo eterno desiderare è l’emblema più esplicito, viene conquistata solo da chi 

mai s’è sognato di cercarla, da un povero fante privo di qualunque curriculum epico.

 >> pag. 734 

Il cosmo ariostesco somiglia tutto al castello di Atlante, la fortezza fatta d’illusione 

in cui il mago trattiene il suo pupillo Ruggiero per impedirgli di andare 

incontro a un precoce destino di morte. Il castello è un rifugio ma anche una sineddoche 

50 del mondo; è un luogo protetto, ma anche un inganno. Stare lì dentro, 

procrastinare la sorte, significa vivere nell’irrealtà, cioè non vivere; mentre uscire, 

cioè vivere, significa morire. In ogni caso, dentro e fuori, agli uomini manca la terra 

sotto i piedi. Perciò la fantasia di Ariosto non è mai solo umoristica e ludica, ma è 

sempre avvolta in un’ombra ambigua, misteriosa, sfuggente, sempre abitata dalla 

55 coscienza che i progetti umani mancano il loro approdo. 

In questo senso, più di Croce2 che gli ha appiccicato addosso l’etichetta critica 

dell’“armonia”, e più di Calvino3 che l’ha affrontato come una partita di scacchi, 

sembra averlo capito bene Fortini,4 che non lo amava e che parlava con disagio di un 

“taoismo alla ferrarese”: dire che niente ha scopo, che tutto è scherzo, non è affatto 

60 uno scherzo ma una constatazione nichilista. È la ragione per cui la nostra epoca 

virtuale, così distante dai suoi tarocchi, lo sente a volte oscuramente fraterno. Tornando 

al gioco dei paragoni, proporrei di guardarci intorno e di chiederci se per caso 

oggi non si aggiri tra noi un Ariosto, o almeno qualcuno che ricopre le sue funzioni 

nell’immaginario del Duemila. Ho il sospetto che sia Quentin Tarantino.5 


Matteo Marchesini, Ariosto, mezzo millennio dopo, è oscuramente fraterno alla nostra era, “Il Foglio”, 11 ottobre 2016

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Quando Ariosto pubblica la prima edizione dell’Orlando furioso, la guerra ha già profondamente cambiato il proprio volto. Perché l’“ideale” del protagonista del poema è ormai anacronistico?


2 Quale svolta segna profondamente l’universo culturale del tempo di Ariosto? Come si ripercuote sulle scelte artistiche dell’autore?


3 Le ottave di Ariosto vengono definite sinuose, panneggiate e insieme rapidissime (r. 26). Anche ripensando a quanto hai studiato, spiega il significato di tale espressione.


4 Perché il carattere contraddittorio della personalità di Ariosto rispecchia quello della sua epoca?


5 Che cosa simboleggia la fuga continua di Angelica nell’Orlando furioso?


6 Che cosa significa che il castello di Atlante è un rifugio ma anche una sineddoche del mondo (rr. 49-50)?


7 Tra l’interpretazione di Croce e quella di Fortini, per quale propende Marchesini? Con quali motivazioni?


8 Trova ed elenca i paragoni addotti da Marchesini tra l’epoca in cui uscì l’Orlando furioso e quella attuale. Quali tratti in comune emergono tra questi due momenti storici, seppure così lontani tra loro?

PRODUZIONE

Leggiamo a un certo punto nell’articolo di Marchesini: Ariosto ci ripete che la vita è un ininterrotto inseguimento d’ombre e di chimere (rr. 40-41). In questa immagine c’è, in fondo, la sintesi della riflessione pessimistica di Ariosto sulla vita e sulle ambizioni umane, che emerge – pur sotto una superficie di sorridente spensieratezza – dal suo capolavoro. Condividi anche tu una simile visione dell’esistenza umana? Esponi la tua tesi facendo riferimento alla tua esperienza personale e all’osservazione della realtà storico-sociale a te contemporanea.

 >> pag. 735 

Follia o normalità?

Il filosofo francese Michel Foucault (1926-1984) ha indagato, prendendo ad esempio lo sviluppo storico della medicina, il costituirsi della follia come “oggetto scientifico”: alla follia, divenuta malattia mentale, la società occidentale ha imposto a un certo punto il silenzio, recludendo i “pazzi” nei manicomi, luoghi di segregazione che sono stati per molto tempo tra i più terribili. A partire dagli anni Sessanta del Novecento, quando Foucault si occupava di questo argomento, si incominciavano a rivedere le tradizionali concezioni della malattia mentale e i modi di trattare i pazienti. Forse per questo, l’autore si chiedeva che cosa sarebbe avvenuto in futuro della follia.

Forse, un giorno, non sapremo più esattamente che cosa ha potuto essere la follia. 

La sua figura si sarà racchiusa su sé stessa non permettendo più di decifrare le tracce 

che avrà lasciato. Queste stesse tracce non appariranno, a uno sguardo ignorante, se 

non come semplici macchie nere? Tutt’al più faranno parte di configurazioni che a 

5 noi ora sarebbe impossibile disegnare, ma che saranno nel futuro le indispensabili 

griglie attraverso le quali render leggibili noi e la nostra cultura a noi stessi. Artaud1 

apparterrà alla base del nostro linguaggio, e non alla sua rottura; le nevrosi, alle 

forme costitutive (e non alle deviazioni) della nostra società. Tutto quel che noi 

oggi proviamo relativamente alla modalità del limite, o della estraneità, avrà raggiunto 

10 la serenità del positivo. 


Michel Foucault, Storia della follia nell’età classica, traduzione di Franco Ferrucci, Rizzoli, Milano 1963 [edizione originale 1961]

COMPRENSIONE E ANALISI

1 Qual è la tesi principale del brano (seppure espressa in forma dubitativa)?


2 Che cosa significa che le tracce lasciate dalla follia saranno le indispensabili griglie attraverso le quali rendere leggibili noi e la nostra cultura a noi stessi (rr. 5-6)?


3 Come potrebbero essere viste in futuro le nevrosi?


4 Su quali aspetti oggi considerati negativamente scenderà un giudizio positivo?

PRODUZIONE

Ritieni la posizione di Foucault realisitica o utopica? Quali sono, secondo te, i confini tra “normalità” e “follia”? Argomenta la tua posizione facendo riferimento all’osservazione della realtà sociale e al tuo bagalio di conoscenze personali sull’argomento (anche in campo letterario, cinematografico, musicale ecc.).

I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
I colori della letteratura ed. NUOVO ESAME DI STATO - volume 1
Dalle origini al Cinquecento