Le diverse componenti del linguaggio
La Commedia si apre al lessico fiorentino quotidiano e popolare, esibendo parole che il De vulgari eloquentia declassava come «puerili» (mamma e babbo), come «selvatiche» (greggia), come «scivolose» e «squallide» (femina e corpo), come «municipali» (manicare, mangiare, e introcque, intanto).
Parole basse, plebee, idiomatiche, come grattare, porcile, sterco, tigna, oscene come
puttana, merda, fiche, magari poste in rima a scopo espressivo come incrocicchia (incrocia) –
nicchia (si lamenta) – picchia oppure scuffa (divora grufolando) – muffa – zuffa, si concentrano
nell’Inferno, e soprattutto in Malebolge, la zona di massima comicità (nel senso di realismo estremo e addirittura espressionistico) del poema. Ma ancora nel canto XXVII del
Paradiso san Pietro inveisce contro il suo successore che «fatt’ha del cimitero mio cloaca / del sangue e de la puzza» (vv. 25-26).