L’esperienza dell’esilio
La coerenza con cui Dante cerca di mettere in pratica i propri ideali politici, sin dagli anni in cui partecipa attivamente alla vita civile del Comune di Firenze, gli costerà la condanna a un esilio dal quale non tornerà più in patria.
L’esilio è un avvenimento capitale non soltanto per la sua biografia: quest’esperienza, da Dante profondamente sofferta, condizionerà nettamente lo svolgimento del suo pensiero e della sua poesia. Dapprima il poeta lotta insieme ai guelfi bianchi e con loro cerca di rientrare a Firenze, ma già prima del luglio 1304, disgustato dalla «compagnia malvagia e scempia [stolta]» (Paradiso, XVII, 62), se ne allontana e decide di rifiutare ulteriori contatti con quel gruppo.