TEMI nel TEMPO - Il suicidio: un topos letterario

TEMI nel TEMPO

Il suicidio: un topos letterario

È impossibile citare in modo esaustivo titoli e autori che hanno affrontato il tema del suicidio. Ci limiteremo perciò a qualche testo esemplare, senza considerare l’epoca romana, la quale, influenzata dalla filosofia stoica, riteneva il suicidio un’eroica espressione della libertà personale, uno strumento per affermare la propria individualità nelle avversità.

Tra disperazione e orgoglio

Togliersi la vita appare spesso come la tragica via di fuga da una situazione insostenibile. È ciò che accade a Pier delle Vigne, come narrato nel canto XIII dell’Inferno di Dante. Egli si uccide per non sottostare all’ingiusto allontanamento da parte dell’imperatore Federico II, che aveva prestato orecchio ai calunniatori. Ma l’autore della Divina Commedia è un poeta cristiano e come tale, pur comprendendo le ragioni del gesto estremo e pur riconoscendo l’altezza d’animo del personaggio, non può non condannarlo alla dannazione eterna: nella spettrale selva dei suicidi, appunto, con le anime dei colpevoli trasformate in alberi e arbusti. Lo stesso rigore non si esercita invece su Catone, il partigiano di Pompeo uccisosi a Utica, stoico campione delle virtù repubblicane di Roma, posto anzi a guardiano del Purgatorio: per Dante, più che il suicidio in sé in questo caso è importante la dimostrazione di libertà dell’eroe, che non sottomette sé stesso e le proprie idee al nemico.

Titani ed eroine

Muoiono per propria mano anche diversi personaggi di Vittorio Alfieri (1749-1803), come Saul e Mirra, protagonisti delle omonime tragedie. Il loro titanismo li porta ad affrontare eroicamente un destino considerato inaccettabile: la sconfitta militare di Saul e l’insana passione incestuosa di Mirra.

Le delusioni amorose e politiche inducono il foscoliano Jacopo Ortis a darsi la morte, così come Werther, protagonista del romanzo di Goethe. Il suicidio di Emma – eroina del romanzo Madame Bovary (1857) di Gustave Flaubert (1821-1880) – è invece il risultato dell’impossibile realizzazione dei suoi sogni, nati leggendo romanzi sentimentali e romantici che le avevano prospettato una vita troppo diversa dalla sua, moglie di un semplice medico condotto in un villaggio della campagna francese.

Oggi

Anche nella letteratura del Novecento il gesto estremo diviene talora espressione di un io lacerato e diviso, senza più certezze, e altre volte conseguenza dell’alienazione prodotta sugli individui da parte della società di massa. Si conclude con il suicidio del protagonista, Alfonso Nitti, il primo romanzo di Italo Svevo (1861-1928); l’identificazione del protagonista con un suicida è all’origine della trama del romanzo più celebre di Luigi Pirandello (1867-1936), Il fu Mattia Pascal (1904). Infine, nella lirica In memoria (scritta nel 1916 e facente parte della raccolta Il porto sepolto) di Giuseppe Ungaretti (1888-1970) la morte dell’amico Moammed è il tragico effetto di uno sradicamento sociale ed esistenziale: «Discendente / di emiri di nomadi / suicida / perché non aveva più / Patria […] Riposa / nel camposanto d’Ivry […] E forse io solo / so ancora / che visse». A questo suicidio, l’autore può contrapporre la salvezza offertagli dalla poesia, che attenua il suo senso di esclusione.

Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi
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