T4 - La fondazione di un giornale «inutile» (dal Preambolo allo “Spettatore fiorentino”)

T4

La fondazione di un giornale «inutile»

Preambolo allo “Spettatore fiorentino”

Nel 1831, mentre è a Firenze, Leopardi studia il progetto di un’impresa giornalistica. Il settimanale da lui messo in cantiere avrebbe dovuto chiamarsi “Lo Spettatore fiorentino”. L’iniziativa non andrà a buon fine, naufragando prima ancora di iniziare (probabilmente per l’opposizione governativa), ma riveste una certa importanza nel sottolineare il bisogno del poeta di confrontarsi con le ragioni del mondo intellettuale a lui contemporaneo. Qui riportiamo un passo tratto dal Preambolo, nel quale l’autore, nei panni del giornalista, delinea lo scopo della pubblicazione.

Se la natura del nostro Giornale è difficile a definire, non così lo scopo. In questo

non v’è misteri. Noi non miriamo né all’aumento dell’industria, né al miglioramento 

degli ordini sociali, né al perfezionamento dell’uomo. Non intendiamo di

essere né coronati né lapidati. Confessiamo schiettamente che il nostro Giornale

5       non avrà nessuna utilità. E crediamo ragionevole che in un secolo in cui tutti i libri, 

tutti i pezzi di carta stampata, tutti i fogliolini di visita sono utili, venga fuori

finalmente un Giornale che faccia professione1 d’essere inutile […].

Il nostro scopo dunque non è giovare al mondo, ma dilettare quei pochi che

leggeranno. Lasciamo stare che lo scopo finale d’ogni cosa utile essendo il piacere,

10    il quale poi all’ultimo si ottiene rarissime volte, la nostra privata opinione è che il

dilettevole sia più utile che l’utile. Noi abbiamo torto certamente, poiché il secolo

crede il contrario. Ma in fine se nel gravissimo secolo decimonono, che fin qui non

è il più felice di cui s’abbia memoria, v’è ancora di quelli che vogliono leggere per

diletto, e per avere dalla lettura qualche piccola consolazione a grandi calamità,

15    questi tali sottoscrivano alla nostra impresa. […] Benché proponghiamo2 di ridere

molto, ci serbiamo però intera la facoltà di parlar sul serio: il che faremo forse altrettanto 

spesso, ma sempre ad oggetto e in maniera di dover dilettare, anco se si

desse il caso di far piangere.

Perché, per confessare il vero, l’inclinazione nostra sarebbe piuttosto di piangere 

20    che di ridere. Ma per non annoiare gli altri, ci attenghiamo3 a questo più che

a quello, considerando che se il riso par che sia poco fortunato in questo secolo, il

pianto fu e sarà sfortunatissimo in tutti i secoli.

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Il programma pensato da Leopardi per il suo giornale evidenzia chiaramente la posizione di radicale dissenso ideologico, da lui assunta rispetto al contemporaneo dibattito delle idee. La contrapposizione con il secolo (r. 5) in cui ogni gazzetta e quindi ogni intellettuale pretendono di cambiare il mondo giovando al suo benessere è ironica, ma decisa e inequivocabile. Tuttavia, benché non intenda unirsi al coro di quanti mirano al perfezionamento dell’uomo (r. 3), il poeta non ha scelto la facile strada della diserzione intellettuale: egli infatti non abdica rinunciando alla scena della Storia, ma al contrario intende misurarsi con le «grandi scoperte del secolo decimonono» (Dialogo di Tristano e di un amico), in modo da smascherarne il carattere fittizio e ingannevole.

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L’apologia dell’inutile (r. 7) e del dilettevole (r. 11) suona come una presa di distanza dall’idea della cultura dispensatrice di benessere e rosee certezze. Al tempo stesso viene polemicamente rivendicato il valore esistenziale della poesia, considerata uno strumento superfluo, se lo si considera dal punto di vista del potere o del guadagno, ma essenziale per la coscienza o per difendere la propria libertà intellettuale rispetto alle idee correnti, in quanto valore in sé, base di «una dignità dell’essere e dell’esistere che non si può vendere né comprare» (Tellini).
In quest’ottica, Leopardi riconosce le potenzialità demistificanti del riso, inteso come una nobile forma di ammaestramento morale e come mezzo capace di svelare le illusioni e comunicare una «filosofia dolorosa, ma vera» (Dialogo di Tristano e di un amico): proprio dal saper ridere dei mali umani può germogliare il diletto (r. 14), cioè il conforto che allevia e rende tollerabili le disgrazie quotidiane.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Qual è lo scopo rivendicato dal programma del giornale?

Analizzare

2 Il nostro scopo dunque non è giovare al mondo, ma dilettare (r. 8). Individua le parole e le espressioni che si riferiscono all’area semantica del giovare, e quelle invece che rimandano all’area semantica del dilettare.


 Giovare

Dilettare


 


 


 


 

Interpretare

3 Perché Leopardi, nell’esporre la propria strategia editoriale, afferma di aver torto certamente (r. 11)?


4 In che modo ti sembra che lo stile leopardiano si adatti qui alla comunicazione giornalistica?

Produrre

5 Scrivere per rielaborare. Immagina che ti sia affidata la direzione di un nuovo giornale, magari studentesco. Scrivi un breve editoriale di circa 20 righe in cui dichiari la natura e gli obiettivi della pubblicazione.

Dibattito in classe

6 Leopardi afferma di voler realizzare un giornale inutile, teso solo a dilettare, convinto che il dilettevole sia più utile che l’utile (r. 11). Qual è il tuo punto di vista oggi, rispetto a questo tipo di giornalismo?

Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi
Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi