Cronache dal passato - Il viaggio a Roma

CRONACHE dal PASSATO

  Il viaggio a Roma

L'esperienza romana del poeta recanatese tra speranze, innamoramenti e delusioni

A ventitré anni, finalmente, per Giacomo prende corpo l’occasione della vita. Dopo il tentativo di fuga da Recanati fallito all’ultimo momento, ora anche i genitori acconsentono che il figlio si sposti dal «natio borgo selvaggio» ed entri in contatto con il mondo.
Da Roma – la meta tanto agognata – arriva la notizia che la cattedra di Letteratura latina presso la Biblioteca Vaticana è vacante: forte della sua sterminata cultura filologica, Leopardi spera di ottenerla. Lo zio materno Carlo Antici, da tempo a Roma, vince le ultime resistenze del padre Monaldo: «L’esperienza cittadina», scrive, «sarà certo di gran giovamento al vostro primogenito. Ve lo riconsegnerò più uomo». In realtà, bastano pochi giorni di permanenza e Giacomo sperimenta già le prime cocenti delusioni.La possibilità dell’impiego presso la biblioteca pontificia svanisce presto: si dice che le idee del giovane intellettuale siano troppo pericolose e spregiudicate in tema di politica e religione. Per cancellare la sua fama di materialista, gli chiedono di intraprendere la carriera ecclesiastica, ma Leopardi rifiuta recisamente. I rapporti umani non vanno meglio: le donne del popolo – che forse il ragazzo sperava essere più disponibili – sono noncuranti e altezzose. «Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi», scrive al fratello Carlo. Le aristocratiche sono ancora più inavvicinabili e si meritano epiteti disgustati: una tra queste, Marianna Dionigi, regina dei salotti mondani, viene etichettata come «schifosissima, sciocchissima, presuntuosissima donna vecchia».
Ma la delusione maggiore riguarda la vita culturale della città: gli intellettuali gli appaiono fatui e insignificanti, chiusi nel pedante culto dell’antiquaria (scienza che studia l’antichità), eruditi senz’anima. Nei giudizi che formula sul loro conto Leopardi non usa mezze misure, sfoderando un insospettabile turpiloquio: uno di questi, l’abate Francesco Cancellieri, celebrato storico dell’epoca, viene definito «un coglione, un fiume di ciarle». Gli rimane la sola consolazione delle passeggiate solitarie. Una, in particolare, riscatta il suo mortificante soggiorno: «Venerdì 15 febbraio 1823 fui a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l’unico piacere che ho provato in Roma». Meglio dunque tornare il prima possibile nella “prigione” di Recanati: la conoscenza della città sognata sui libri si è rivelata un viaggio dentro un «letamaio di letteratura, di opinioni e di costumi».

Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi
Volti e luoghi della letteratura - Giacomo Leopardi