T4 - Sviluppo e progresso (Scritti corsari)

T4

Sviluppo e progresso

Scritti corsari

In questo testo la moderna società dei consumi e il suo potere persuasivo vengono letti sulla base di due categorie centrali nel pensiero pasoliniano: sviluppo e progresso. I due vocaboli non sono sinonimi, in quanto indicano due realtà solo parzialmente coincidenti.

Ci sono due parole che ritornano frequentemente nei nostri discorsi: anzi, sono le

parole chiave dei nostri discorsi. Queste due parole sono «sviluppo» e «progresso».

Sono due sinonimi? O, se non sono due sinonimi, indicano due momenti diversi

di uno stesso fenomeno? Oppure indicano due fenomeni diversi che però si integrano

5      necessariamente fra di loro? Oppure, ancora, indicano due fenomeni solo

parzialmente analoghi e sincronici? Infine; indicano due fenomeni «opposti» fra di

loro, che solo apparentemente coincidono e si integrano? Bisogna assolutamente

chiarire il senso di queste due parole e il loro rapporto, se vogliamo capirci in una

discussione che riguarda molto da vicino la nostra vita anche quotidiana e fisica.

10    Vediamo: la parola «sviluppo» ha oggi una rete di riferimenti che riguardano un

contesto indubbiamente di «destra».

Chi vuole infatti lo «sviluppo»? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente,

ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico? È evidente: a

volere lo «sviluppo» in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E, poiché

15    lo «sviluppo», in Italia, è questo sviluppo, sono per l’esattezza, nella fattispecie,

gli industriali che producono beni superflui. La tecnologia (l’applicazione della

scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata,

e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni

superflui, sono da parte loro, irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel

20    volere lo «sviluppo» (questo «sviluppo»). Per essi significa promozione sociale e

liberazione, con conseguente abiura1 dei valori culturali che avevano loro fornito i

modelli di «poveri», di «lavoratori», di «risparmiatori», di «soldati», di «credenti».

La «massa» è dunque per lo «sviluppo»: ma vive questa sua ideologia soltanto esistenzialmente,

ed esistenzialmente è portatrice dei nuovi valori del consumo. Ciò

25    non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita.

Chi vuole, invece, il «progresso»? Lo vogliono coloro che non hanno interessi

immediati da soddisfare, appunto, attraverso il «progresso»: lo vogliono gli operai,

i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è dunque sfruttato.

Quando dico «lo vuole» lo dico in senso autentico e totale (ci può essere anche

30    qualche «produttore» che vuole, oltre tutto, e magari sinceramente, il progresso:

ma il suo caso non fa testo). Il «progresso» è dunque una nozione ideale (sociale e

politica): là dove lo «sviluppo» è un fatto pragmatico ed economico.

Ora è questa dissociazione che richiede una «sincronia» tra «sviluppo» e «progresso», 

visto che non è concepibile (a quanto pare) un vero progresso se non si

35    creano le premesse economiche necessarie ad attuarlo.

Qual è stata la parola d’ordine di Lenin appena vinta la rivoluzione? È stata una

parola d’ordine invitante all’immediato e grandioso «sviluppo» di un paese sottosviluppato.

Soviet e industria elettrica... Vinta la grande lotta di classe per il «progresso»2

adesso bisognava vincere una lotta, forse più grigia ma certo non meno grandiosa,

40    per lo «sviluppo». Vorrei aggiungere però – non senza esitazione – che questa non è

una condizione obbligatoria per applicare il marxismo rivoluzionario e attuare una

società comunista. L’industria e l’industrializzazione totale non l’hanno inventata

né Marx né Lenin: l’ha inventata la borghesia. Industrializzare un paese comunista

contadino significa entrare in competitività coi paesi borghesi già industrializzati. È

45    ciò che, nella fattispecie, ha fatto Stalin. E del resto non aveva altra scelta.

Dunque: la Destra vuole lo «sviluppo» (per la semplice ragione che lo fa); la Sinistra

vuole il «progresso». Ma nel caso che la Sinistra vinca la lotta per il potere, ecco

che anch’essa vuole – per poter realmente progredire socialmente e politicamente –

lo «sviluppo». Uno «sviluppo», però, la cui figura si è ormai formata e fissata nel contesto

50    dell'industrializzazione borghese. Tuttavia qui in Italia, il caso è storicamente

diverso. Non è stata vinta nessuna rivoluzione. Qui la Sinistra che vuole il «progresso», 

nel caso che accetti lo «sviluppo», deve accettare proprio questo «sviluppo»: lo

sviluppo dell’espansione economica e tecnologica borghese. È questa una contraddizione?

È una scelta che pone un caso di coscienza? Probabilmente sì. Ma si tratta

55    come minimo di un problema da porsi chiaramente: cioè senza confondere mai,

neanche per un solo istante, l'idea di «progresso» con la realtà di questo «sviluppo».

Per quel che riguarda la base delle Sinistre (diciamo pure la base elettorale, per

parlare nell'ordine dei milioni di cittadini), la situazione è questa: un lavoratore

vive nella coscienza l’ideologia marxista, e di conseguenza, tra gli altri suoi valori,

60    vive nella coscienza l’idea di «progresso»; mentre, contemporaneamente, egli vive,

nell'esistenza, l’ideologia consumistica, e di conseguenza, a fortiori,3 i valori dello

«sviluppo». Il lavoratore è dunque dissociato. Ma non è il solo ad esserlo. Anche il

potere borghese classico è in questo momento completamente dissociato: per noi

italiani tale potere borghese classico (cioè praticamente fascista)4 è la Democrazia

65    cristiana. A questo punto voglio però abbandonare la terminologia che io (artista!)

uso un po’ a braccio e scendere a un’esemplificazione vivace. La dissociazione che

spacca ormai in due il vecchio potere clerico-fascista, può essere rappresentato da

due simboli opposti, e, appunto, inconciliabili: «Jesus» (nella fattispecie il Gesù 

del Vaticano) da una parte, e i «bluejeans Jesus»5 dall’altra. Due forme di potere

70    l’una di fronte all’altra: di qua il grande stuolo dei preti, dei soldati, dei benpensanti

e dei sicari;6 di là gli «industriali» produttori di beni superflui e le grandi masse

del consumo, laiche e, magari idiotamente, irreligiose. Tra l’«Jesus» del Vaticano

e l’«Jesus» dei bluejeans, c’è stata una lotta. Nel Vaticano – all’apparire di questo

prodotto e dei suoi manifesti – si son levati alti lamenti. Alti lamenti a cui per solito

75    seguiva l’azione della mano secolare che provvedeva a eliminare i nemici che

la Chiesa magari non nominava, limitandosi appunto ai lamenti. Ma stavolta ai

lamenti non è seguito niente. La longa manus è rimasta inesplicabilmente inerte.

L’Italia è tappezzata di manifesti rappresentanti sederi con la scritta «chi mi ama mi

segua» e rivestiti per l’appunto dei bluejeans Jesus. Il Gesù del Vaticano ha perso.

80    Ora il potere democristiano clerico-fascista, si trova dilaniato tra questi due

«Jesus»: la vecchia forma di potere e la nuova realtà del potere...

 >> pagina 636 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Pasolini annette ai termini sviluppo e progresso una connotazione apertamente politica. Quello di sviluppo è un concetto che egli considera di «destra» (r. 11), legato agli interessi dei produttori (vale a dire degli industriali, dei grandi imprenditori e dei grossi gruppi di potere economico), mentre quello di progresso è, specularmente, di sinistra: vuole il progresso chi lavora e chi è dunque sfruttato (r. 28).

Sviluppo significa un incremento di tipo meramente quantitativo della produzione, sganciato da una dimensione di tipo culturale e valoriale, mentre nel progresso è insito un aspetto di tipo qualitativo: il «progresso» è dunque una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo «sviluppo» è un fatto pragmatico ed economico (rr. 31-32). Lo sviluppo determina nella massa l’assuefazione a un’ideologia (r. 23) consumistica assunta acriticamente a vantaggio dei profitti di chi produce beni superflui (r. 16), quando in realtà – come abbiamo appena visto – al popolo dovrebbe stare a cuore il progresso: questa è per Pasolini una riprova della manipolazione delle coscienze operata dal potere dei consumi.

 >> pagina 637 

L’ultima parte del brano affronta un’analisi della posizione della politica di fronte ai cambiamenti in atto nell’economia e nella società, e in particolare in quel potere democristiano che Pasolini interpreta, sotto diversi aspetti, come la continuazione del fascismo. In un altro capitolo degli Scritti corsari (17 maggio 1973. Analisi linguistica di uno slogan) lo scrittore vede nello slogan pubblicitario dei jeans Jesus («Non avrai altri jeans all’infuori di me») un palese segno della scristianizzazione della società italiana, pervasa ormai da una “religione dei consumi” che può permettersi di parodiare, in chiave apertamente blasfema, il primo dei dieci comandamenti.

Qui si fa invece riferimento a un’altra campagna pubblicitaria della stessa ditta, analoga negli intenti e nelle modalità comunicative (i manifesti rappresentati sederi con la scritta «chi mi ama mi segua», rr. 78-79). L’autore nota come di fronte alle proteste della Chiesa in passato lo Stato sarebbe prontamente intervenuto facendo rimuovere gli slogan offensivi, mentre questa volta ciò non è avvenuto: ciò testimonia come il potere politico (anche quello democristiano clerico-fascista, r. 80) si dibatta tra questi due «Jesus»: la vecchia forma di potere e la nuova realtà del potere (rr. 80-81), vale a dire il vecchio potere statale ed ecclesiastico da una parte e il nuovo potere della società dei consumi dall’altra.

Facciamo un passo indietro nel testo per un’ultima notazione: Pasolini intuisce e per molti versi anticipa i caratteri di un’economia globale che si sarebbe manifestata in tutte le sue potenzialità soltanto negli anni a venire. Quando scrive che la tecnologia [...] ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali (rr. 16-18), non ha ancora di fronte a sé, ad esempio, tutto il mercato dei prodotti informatici e dei cosiddetti new media (computer, tablet, telefoni cellulari ecc., con tutte le loro varie applicazioni), ma è come se effettivamente ne intravedesse, in lontananza e in prospettiva, la nascita e lo sviluppo.

Verso le COMPETENZE

COMPRENDERE

1 Che rapporto intercorre, per Pasolini, tra i vocaboli sviluppo e progresso?


2 Chi vuole il primo? E chi il secondo?


3 Perché per l’autore è necessaria una «sincronia» tra «sviluppo e progresso» (rr. 33-34)?


4 In che cosa consiste la scissione dei lavoratori tra coscienza ed esistenza?


5 Che cosa rappresentano i due «Jesus» (r. 68) di cui l’autore parla al termine del testo?

ANALIZZARE

6 Elenca le esemplificazioni storiche ricordate da Pasolini: in che modo esse vengono utilizzate ai fini argomentativi?

INTERPRETARE

7 A che cosa tende maggiormente la massa? Allo sviluppo o al progresso?

COMPETENZE LINGUISTICHE

8 Individua nel testo i connettivi testuali distinguendoli fra connettivi gerarchici (ovvero i connettivi che strutturano la coerenza del testo, mostrando la progressione argomentativa e distinguendo tesi, antitesi, argomenti, conclusione…) e connettivi logico-semantici, ovvero connettivi che instaurano relazioni logiche e di significato (causa, conseguenza, finalità…) tra le parti del testo: dove prevalgono i primi e dove i secondi? perché?

Produrre

9 Scrivere per argomentare. Guardando al mondo odierno, quali aspetti della realtà socio-economica ti sembrano espressione di autentico progresso e quali, invece, di mero sviluppo (nell’accezione pasoliniana dei termini)? Argomenta la tua risposta in un testo di circa 40 righe, pensato come articolo di fondo per la pagina dei commenti di un quotidiano.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
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