T2 - Sei la terra e la morte (La terra e la morte)

T2

Sei la terra e la morte

La terra e la morte

È l’ultima lirica della breve raccolta La terra e la morte, che comprende un esiguo gruppo di testi scritti a Roma nel 1945 in concomitanza con la tormentata relazione di Pavese con Bianca Garufi. Nel componimento il poeta si rivolge alla donna.


Metro Settenari sciolti.

Sei la terra e la morte.

La tua stagione è il buio

e il silenzio. Non vive

cosa che più di te

5      sia remota dall’alba.


Quando sembri destarti

sei soltanto dolore,

l’hai negli occhi e nel sangue

ma tu non senti. Vivi

10    come vive una pietra,

come la terra dura.

E ti vestono sogni

movimenti singulti

che tu ignori. Il dolore

15    come l’acqua di un lago

trepida e ti circonda.

Sono cerchi sull’acqua.

Tu li lasci svanire.

Sei la terra e la morte.


3 dicembre ’45

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Se nelle liriche di Lavorare stanca la donna aveva una valenza positiva, capace di richiamare l’uomo alla concretezza della vita, aiutandolo a uscire dalla solitudine cui era altrimenti destinato, qui la figura femminile assume significati diversi e decisamente negativi. Si tratta di una donna implacabile, dalla quale ci si attende addirittura la morte. È un personaggio indifferente, duro, freddo, determinato, che soffoca e uccide il desiderio dell’uomo alla comunione, rimandando al topos letterario della donna insensibile e ostile di Dante “petroso”, di molti componimenti di Petrarca e di numerosi altri autori della tradizione. Emblema inafferrabile, essa trasporta il poeta in una dimensione di buio (v. 2) e di silenzio (v. 3) che sembra essere appunto l’opposto della vita.

Anche quando questa figura femminile, prima addormentata e inarrivabile, sembra destarsi, essa, pur sollecitando nell’uomo una reazione passionale, continua di fatto a rivelarsi fonte di dolore. A poco serve l’attività onirica e immaginativa della controparte maschile, che la riveste di sogni (v. 12), gesti (movimenti, v. 13) ed emozioni (singulti, v. 13), di cui lei non ha alcuna consapevolezza (che tu ignori, v. 14), rimanendo insensibile e impassibile.

 >> pagina 427 

Qui, come in altre poesie della raccolta, Pavese tende a dissolvere la concreta presenza femminile negli elementi della natura (la terra, la pietra, altrove la collina, il sentiero, la vigna ecc.). Forse in tal modo Pavese esprime la propria intima incapacità di instaurare rapporti positivi con le donne. Se questa è la spiegazione, tale atteggiamento del poeta può essere ricondotto alle difficoltà che egli ebbe, durante tutta la vita, nella relazione con l’altro sesso e che lo portarono a una visione pessimistica del sentimento amoroso.

Già in un appunto del 1937 (riportato nel suo diario, Il mestiere di vivere) troviamo alcune considerazioni che indicano come Pavese non credesse nella possibilità di un amore incondizionato: «Essere innamorato è un fatto personale che non riguarda l’oggetto amato – nemmeno se questo riami. Ci si scambia, anche in questo caso, dei gesti e delle parole simboliche in cui ciascuno legge quanto ha dentro sé e per analogia suppone viga nell’altro. Ma non c’è ragione, non c’è bisogno, che i due concetti combacino. […] Nulla può fare l’uno all’altro se non offrire di questi simboli, illudendosi che la corrispondenza sia reale. […] Bisogna essere così scaltri da prestar loro un significato senza scambiarli con la sostanza vera. Che è la solitudine di ciascuno, fredda e immobile».

Le scelte stilistiche

Rispetto all’andamento disteso dei versi di Lavorare stanca, nelle poesie dell’ultima stagione pavesiana cogliamo una maggiore concentrazione di immagini e un tono improntato a un’espressione allusiva dei sentimenti. Non troviamo più, dunque, le strutture epico-narrative della prima raccolta, bensì moduli di tipo più scopertamente lirico, come indica anche l’utilizzo di versi brevi, di misura classica (qui i settenari). In particolare, la tonalità di fondo di questo componimento appare insieme tragica (il lamento sull’insensibilità femminile, che sembra rimandare a certi versi leopardiani del “ciclo di Aspasia”) ed elegiaca (il rimpianto per ciò che appare ormai perduto per sempre).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Descrivi, con cinque aggettivi, la figura femminile presentata nella lirica.


2 In quali immagini possiamo rintracciare i segni del­l’indifferenza della donna?

Analizzare

3 Individua e spiega le similitudini con il mondo naturale.


4 Individua i verbi riferiti alla donna: sono positivi o negativi? Quali significati complessivi veicolano?


5 Il componimento ha una struttura “ad anello” (Ringkomposition): che significato ha questa scelta, secondo te?


6 Descrivi il lessico del componimento, fornendo e­­sempi tratti dal testo.

Interpretare

7 A quale dolore si riferisce il poeta al v. 14?


8 Quale significato puoi attribuire all’immagine dei cerchi nell’acqua?

Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
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