T14 - Forse un mattino andando in un’aria di vetro

T14

Forse un mattino andando in un’aria di vetro

Il poeta immagina di voltarsi e riconoscere il vuoto alle sue spalle. L’incantesimo che consente di scoprire che la realtà come ci appare è un inganno dura un istante ed è un segreto che non si può comunicare. Il componimento risale all’estate del 1923 ed è contenuto nella sezione Ossi di seppia.


Metro 2 quartine di versi liberi, di misura oscillante tra l’endecasillabo e il doppio settenario, a rime alterne (ipermetra ai vv. 2-4).

Forse un mattino andando in un’aria di vetro,

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco.


5      Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto

alberi case colli per l’inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Come ha notato Italo Calvino, Forse un mattino si distingue dagli altri “ossi brevi” «in quanto priva di oggetti, di emblemi naturali, priva di un paesaggio determinato, è una poesia d’immaginazione e di pensiero astratti, come raramente in Montale», che per una volta rinuncia a situare l’azione nello scenario ligure. Più consueta è invece l’atmosfera di sospensione e silenzio che propizia il miracolo: la trasparenza dell’aria rende le cose tanto nitide da provocare un effetto d’irrealtà.

È, quest’ultimo, un motivo ricorrente nella cultura europea fra Ottocento e Novecento: pensiamo per esempio alle opere di Luigi Pirandello, o alle idee del filosofo Schopenhauer sul mondo fenomenico, precaria illusione equiparata al “velo di Maya” che nasconde l’essenza delle cose. Montale declina il tema in termini originali, che Calvino paragona a quelli di una leggenda dei boscaioli nordamericani riportata da Jorge Luis Borges nella sua Zoologia fantastica: «C’è un animale che si chiama hide-behind e che sta sempre alle tue spalle, ti segue dappertutto, nella foresta, quando vai per legna; ti volti ma per quanto tu sia svelto lo hide-behind è più svelto ancora e si è già spostato dietro di te; non saprai mai com’è fatto ma è sempre lì. […] Potremmo dire che l’uomo di Montale è quello che è riuscito a voltarsi e a vedere com’è fatto lo hide-behind: ed è più spaventoso di qualsiasi animale, è il nulla. […] Capire è tutta questione d’essere veloci, rivolgersi tutt’a un tratto per sorprendere lo hide-behind, è una giravolta su se stessi vertiginosa ed è in quella vertigine la conoscenza».

 >> pagina 229 

L’improvvisa scoperta del vuoto dietro / di me (vv. 3-4), sottolineata dall’enjambement*, in effetti provoca nel poeta un misto di sgomento e meraviglia, un terrore di ubriaco (v. 4) sconcertato e dubbioso della realtà di ciò che scopre. Montale – con una soluzione inconsueta negli Ossi di seppia – proietta la situazione narrativa in un futuro ipotetico, introdotto dal Forse, e la chiude con una rapidissima sequenza di matrice cinematografica: come su uno schermo, tornano in un attimo a disporsi alberi case colli (v. 6), con un’accelerazione esaltata dalla mancanza di punteggiatura. Viene così riallestito l’inganno consueto (v. 6) della realtà apparente.

Il miracolo resta comunque un fatto privato, impossibile da comunicare agli uomini che non si voltano (v. 8), moltiplicazione dell’«uomo che se ne va sicuro» di Non chiederci la parola ( T11, p. 221). Indifferenti, superficiali, paghi delle loro false certezze, non crederebbero al poeta, che preferisce tenere per sé il suo segreto. Dunque, se gli può ancora capitare di scoprire una verità, non c’è modo di condividerla: il suo non è il destino del vate ma piuttosto quello di una moderna Cassandra, alla quale nessuno presta ascolto.

Le scelte stilistiche

Come sempre, Montale lavora con particolare cura sul versante dei suoni, elaborando un intreccio raffinato e complesso. Si noti per esempio il vocalismo della prima quartina: non tanto la paronomasia tra aria e arida (vv. 1 e 2), quanto il Forse dell’incipit, che stabilisce il tema fonico dominante e si ripercuote, invertito, nell’ultima parola del verso, vetro, che a sua volta echeggia poco dopo in rivolgendomi, vedrò, terrore. La combinazione delle vocali e e o si ripresenta nella seconda strofa, in sede di rima: consueto : segreto, in assonanza con la prima accoppiata, vetro : dietro. Ritornano così anche la dentale t e la liquida r, sulle quali poggia la trama consonantica dell’intero componimento, dando luogo a frequenti allitterazioni.

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Sintetizza in massimo 4 righe il contenuto informativo del componimento.


2 Qual è il miracolo (v. 2) a cui il poeta assiste?

Analizzare

3 Con quali espressioni il poeta rende la rapidità e le emozioni che accompagnano la sua visione?


4 In che modo si allude al carattere ipotetico dell’evento a cui fa riferimento il poeta?


5 Quale funzione svolge l’enjambement ai vv. 3 e 4 nell’evocare l’esperienza del poeta?


6 Quale effetto produce la mancanza della punteggiatura nell’elenco del v. 6, alberi case colli?

Interpretare

7 Come puoi interpretare il termine miracolo? In senso positivo o negativo? perché?


8 Che cos’è, secondo te, l’inganno consueto (v. 6)?


9 A quali altri componimenti montaliani puoi associare questa poesia? perché? Esponi le tue riflessioni.

Produrre

10 Scrivere per esporre. Hai mai visto un film o una serie tv in cui la realtà sensibile è un inganno che nasconde la verità dietro le apparenze? Descrivine la trama in un testo espositivo di circa 30 righe.

Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi