I testi

I testi

Temi e motivi dei brani antologizzati

T9

I limoni

il paesaggio scabro 

la fugace illusione suggerita dai limoni

il senso di disarmonia 

l’opposizione natura/città

T10

Falsetto

la fusione con la natura incarnata da Esterina

il poeta appartiene alla «razza / di chi rimane a terra»

il superamento del panismo dannunziano

T11

Non chiederci la parola

una poetica in negativo

i poeti non possiedono formule risolutive, bensì parole smozzicate e secche come rami

la concretezza delle immagini rimanda all’aridità esistenziale

T12

Meriggiare pallido e assorto

il monotono scorrere del tempo si traduce nei verbi all’infinito

il paesaggio come metafora dell’esistenza

vivere è come camminare lungo un muro sormontato da vetri appuntiti

T13

Spesso il male di vivere

ho incontrato

le immagini della sofferenza 

la «divina Indifferenza» universale 

la tecnica del correlativo oggettivo

T14

Forse un mattino andando in un’aria di vetro

l’inganno delle apparenze 

gli «uomini che non si voltano»

la rivelazione del nulla

T15

Cigola la carrucola

del pozzo

il tentativo fallito di salvare 

l’evanescenza della memoria un ricordo 

il lavoro distruttore del tempo

T16

Upupa, ilare uccello

calunniato

l’upupa uccello diurno annunciatore della primavera

l’apparizione dell’uccello come piccolo miracolo che sospende il tempo

T17

Arsenio

una poesia di passaggio

il temporale come annuncio di un possibile «varco»

la “paralisi” di Arsenio/Montale

gli echi di Dante nella descrizione di una realtà “infernale”

T9

I limoni

Scritta all’inizio degli anni Venti, la poesia costituisce una fondamentale dichiarazione di poe­tica, sottolineata dalla sua collocazione in apertura della raccolta (dopo la lirica introduttiva In limine). Montale cerca il suo sentiero letterario lungo gli umili fossi della Liguria. Alle piante dai nomi rari predilette dai poeti laureati egli contrappone i domestici limoni, il cui colore acceso di sole e l’odore penetrante sono in grado di suggerire il senso più profondo della realtà.


Metro 4 strofe polimetriche di varia misura, con prevalenza di endecasillabi. Fitto il gioco delle rime e delle assonanze.

 Asset ID: 98397 (let-altvoc-i-limoni-ossi-di-seppi170.mp3

Audiolettura

Ascoltami, i poeti laureati

si muovono soltanto fra le piante

dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.

Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi

5      fossi dove in pozzanghere

mezzo seccate agguantano i ragazzi

qualche sparuta anguilla:

le viuzze che seguono i ciglioni,

discendono tra i ciuffi delle canne

10    e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli

si spengono inghiottite dall’azzurro:

più chiaro si ascolta il susurro

dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,

15    e i sensi di quest’odore

che non sa staccarsi da terra

e piove in petto una dolcezza inquieta.

Qui delle divertite passioni

per miracolo tace la guerra,

20    qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza

ed è l’odore dei limoni.


Vedi, in questi silenzi in cui le cose

s’abbandonano e sembrano vicine

a tradire il loro ultimo segreto,

25    talora ci si aspetta

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità.

30    Lo sguardo fruga d’intorno,

la mente indaga accorda disunisce

nel profumo che dilaga

quando il giorno più languisce.

Sono i silenzi in cui si vede

35    in ogni ombra umana che si allontana

qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo

nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra

soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.

40    La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta

il tedio dell’inverno sulle case,

la luce si fa avara – amara l’anima.

Quando un giorno da un malchiuso portone

tra gli alberi di una corte

45    ci si mostrano i gialli dei limoni;

e il gelo del cuore si sfa,

e in petto ci scrosciano

le loro canzoni

le trombe d’oro della solarità.

 >> pagina 216 

Dentro il TESTO

I contenuti tematici

Nonostante la contiguità geografica, la campagna mediterranea ritratta negli Ossi di seppia è del tutto diversa dal litorale toscano di Alcyone. Poesie come I limoni sostituiscono lo splendido scenario in cui esplode il panismo dannunziano con un luogo umile, privo di suggestioni, fatto di erbosi / fossi (vv. 4-5), pozzanghere / mezzo seccate (vv. 5-6) in cui vive qualche sparuta anguilla (v. 7), viuzze e ciglioni (v. 8), ciuffi delle canne (v. 9) e orti (v. 10). Nel rappresentare un angolo delle Cinque Terre (la zona nei pressi di La Spezia dove trascorse in gioventù le sue estati), Montale avrebbe potuto insistere sulle spiagge, o sulle spettacolari scogliere. Preferisce invece retrocedere dalla costa all’immediato entroterra: è su questi umili paraggi che egli proietta il suo lucido atteggiamento verso l’esistenza, che non ha nulla della rassegnazione incline al patetico propria dei poeti crepuscolari.

Il sentimento di infelicità e disarmonia non induce infatti il poeta a chiudersi in sé stesso né ad abbandonarsi al lamento. Egli sembra invece appagarsi di un momento di sospensione, aiutato dalla natura: tacciono gli uccelli, l’aria è ferma, si diffonde l’odore inconfondibile dei limoni.

Ora è possibile intravedere una via d’uscita dall’inganno consueto del mondo: uno sbaglio di Natura, / il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta / nel mezzo di una verità (vv. 26-29). Montale non pretende di afferrare “la” verità, ma una verità qualsiasi, purché verità: anche quella di una misteriosa presenza, trascendente e divina, nascosta magari nella semplice quotidianità. Anche questa possibilità è però un’illusione provvisoria, ben presto destinata a svanire nella banalità di sempre, che cancella l’attesa di un’epifania. La parentesi si chiude, e – come accade in un altro capolavoro, Arsenio ( T17, p. 234) – la grigia realtà torna in primo piano, nel brusco passaggio dall’estate campestre alle città rumorose (v. 38) dove l’azzurro del cielo fa capolino solo a tratti, fra i cornicioni delle case, e il sole lascia il campo alla pioggia e al soffocante tedio dell’inverno (v. 41). Privata della luce e della calma necessaria alla riflessione, l’anima diventa amara (v. 42). Ma resta ancora uno spiraglio di felicità: un’illusione fugace nuovamente affidata alla visione dei limoni, che occhieggiano da un malchiuso portone (v. 43) e alludono a un «miracolo» ancora possibile.

 >> pagina 217 

Le scelte stilistiche

Sin dall’incipit Montale adotta il tono “confidenziale” che percorre l’intero componimento: l’appello a un “tu” indeterminato, tramite l’imperativo Ascoltami (v. 1), è ripreso dal Vedi che introduce la terza strofa (v. 22), secondo un modulo ricalcato quasi alla lettera sulla Pioggia nel pineto di d’Annunzio. Il poeta rinuncia alle pose impostate care ai mae­stri della generazione precedente; ricorre alla prima persona soltanto in un’occasione, per dichiarare la sua inclinazione verso i contesti umili, rimarcata dalla spiccata colloquialità dell’enunciazione: Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi / fossi (vv. 4-5).

A partire dalla seconda strofa si passa decisamente al collettivo “noi” (noi poveri, ci metta, ci riporta, ci si mostrano, ci scrosciano), alternato a forme impersonali (si ascolta, si vede ecc.): non si tratta più di far cadere dall’alto la parola illuminante di un vate, ma di coinvolgere un lettore-fratello perché acquisisca consapevolezza di una real­tà comune.

La scelta di concentrarsi su elementi di una quotidianità comune è accentuata dalla semplicità della sintassi, che non indulge agli effetti di frammentazione tipici dei poeti di area vociana e non rinuncia, come i Futuristi e come il primo Ungaretti, alla punteggiatura. Le proposizioni sono costruite in maniera lineare; mancano subordinate complesse. L’ordine delle parole, a parte qualche anastrofe*, è regolare e il lessico conosce rare impennate (bossi ligustri o acanti, divertite, s’affolta).

Beninteso, l’intento di «torcere il collo» a modalità letterarie sentite come troppo rigide, rivendicato nell’Intervista immaginaria ( T1, p. 183) del 1946, non è dovuto a trascuratezza o a una mancata padronanza dei mezzi tecnici. Tutt’altro: Montale raggiunge l’obiettivo di un testo semplice e piano con raffinata abilità, facilmente riconoscibile se si guarda all’aspetto retorico, accuratamente studiato, in cui spiccano allitterazioni* e paronomasie*, a volte sin troppo esibite (avara – amara l’anima, v. 42), e la sinestesia* che chiude il componimento, le trombe d’oro della solarità (v. 49).

Verso le COMPETENZE

Comprendere

1 Sintetizza in due o tre righe il contenuto informativo di ciascuna strofa.


2 Assegna un titolo a ogni strofa del componimento.


3 Spiega l’immagine finale delle trombe d’oro della solarità.

Analizzare

4 Individua i punti del testo in cui il poeta insiste sulle percezioni sensoriali e inserisci termini ed espressioni nella tabella. Poi rifletti: prevale uno dei sensi oppure no? perché?


Vista

Udito

Olfatto

     

5 Perché, secondo te, l’odore dei limoni non sa staccarsi da terra (v. 16)?


6 Rileggi i vv. 18-21: quale immagine della vita umana emerge? E qual è, in tale contesto, la funzione dei limoni?

Interpretare

7 Come viene risolto il tradizionale confronto tra città e campagna?


8 In che modo possiamo leggere il messaggio della lirica: in chiave positiva o negativa? perché?


9 Alcuni interpreti leggono, nei vv. 30-31, un’allusione alla funzione della poesia: sei d’accordo con loro? perché?

Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Volti e luoghi della letteratura - volume 3B
Dalla Prima guerra mondiale a oggi