CONSONANZE ■ DISSONANZE
Camillo Sbarbaro Padre, se anche tu non fossi il mio
In questa poesia, compresa nella raccolta Pianissimo (1914), Camillo Sbarbaro (1888-1967) ricorda alcuni gesti del padre, trovando in essi le ragioni dell’affetto provato nei suoi confronti. È un ritratto commosso, in cui il poeta – analogamente a quanto fa Saba nella poesia dedicata al padre, anche se con accenti nettamente diversi – sottolinea il carattere spontaneo e fanciullesco del genitore, che emerge da piccoli dettagli, come la capacità di entusiasmarsi per una violetta spuntata su un muro o il repentino cambio di atteggiamento verso la figlia spaventata da un suo scatto d’ira.
“Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso, egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
5 che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
10 Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
15 Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura, ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia e, tutta spaventata,
tu vacillante l’attiravi al petto
20 e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch’era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
25 fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei.”